("Corriere della Sera del 27 aprile)Il seminario in questione si è svolto in Francia, a Metz. Scrive l'autore dell'articolo, Alberto Oliverio, tra l'altro:
"...Ai centri e ai servizi per tossicodipendenti dei Paesi industrializzati si presentano, in media, giovani di 26 anni, con alle spalle circa cinque anni di tossicomania. Ebbene, il maggior problema di questi giovani è proprio quello di uscire da uno stato di dipendenza generalizzata, di percorrere la strada dell'individualizzazione e dell'autonomia, di non far parte del <> dei drogati, di smantellare una <>. Questo è spesso l'esatto contrario di quanto accade nelle comunità teraputiche dove esiste un punto di riferimento <>, un padre spirituale (laico o religioso che esso sia) che continua a favorire lo stato di dipendenza e a continuare quel processo di spersonalizzazione e di <> di gruppo che fa sì che i <> si sentano tali, dei numeri o degli appartenenti a una condizione, piuttosto che degli individui.In Italia, come è stato sottolineato più volte a Metz, l'anomalia della comunità è particolarmente evidente: mancano le strutture pubbliche che aiutino gli individui a sentirsi tali e a soddisfare la loro <>, anzichè a sentirsi eterni ragazzi, viziati da un eccesso di dipendenza materna e cullati dall'artificialità della vita di comunità.Questa anomali italiana, di cui forse non ci rendiamo ben conto, non deriva soltanto da una cultura centrata sulla famiglia, ma anche da una cultura un po' troppo buonista e, occorre ricordarlo, dagli enormi interessi economici in gioco nelle comunità. I successi terapeutici ottenuti nelle comunità, se mai vengono resi pubblici, sono spesso prossimi a quel trenta per cento di remissioni spontanee che si verificano comunque. So che queste riflessioni non saranno ben accette, ma eras necessario ricordare che nei convegni internazionali le politiche italiane sulla droga, tutte centrate sull'abdicazione dei servizi pubblici, appaiono sempre più strane e distorte.>>.