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Conferenza droga
Segreteria Segr.Pannella - 30 aprile 1997
JOINT IDEOLOGICO

editoriale di Giorgio Graffer

(NET, GennaioFebbraio 1997)

La Corte Costituzionale ha bocciato la richiesta di referendum sulla legalizzazione delle droghe leggere presentata dai Club Pannella. La severità dei membri della Consulta, discutibile nei confronti di altre proposte di consultazione popolare, in questa circostanza appare appropriata: forse mai come in questo caso, infatti, le idee degli italiani - o, almeno, della grande maggioranza di essi - sembrano alquanto confuse.

Si ha la sensazione, leggendo il minisondaggio preparato per i lettori di "Net", che la scelta su uno dei problemi più scottanti della nostra era, sia banalmente ideologica. Chi si ispira a un ideale liberale - o ritiene di ispirarsi ad esso - dichiara che ognuno ha diritto di fare della propria vita quello che vuole.

Lo stesso presidente della provincia di Napoli, Amato Lamberti, afferma: "Se ti vuoi ammazzare, con la pistola o con le anfetamine, sono fatti tuoi". Una considerazione che sarebbe giusta se l'uso della droga non sostituisse una questione che coinvolge l'intera società. Un problema del quale fanno le spese tutti i cittadini, assumano o meno sostanze stupefacenti.

Sull'altro versante il cardinale Alfonso Lopez Trujillo, presidente del pontificio Consiglio per la famiglia, contesta l'iniziativa attraverso slogan del tipo "La droga non si vince con la droga", e trova l'entusiastica approvazione di Maurizio Gasparri, autorevole dirigente di Alleanza Nazionale. Il porporato sottolinea inoltre "l'inopportunità di politicizzare una questione che è profondamente umana ed etica".

Una riflessione, quest'ultima, che lascia perplessi, in quanto non si vede che cosa ci sia di più politico di una vicenda che interessa direttamente molte migliaia di persone in Italia. E, indirettamente, l'intera popolazione.

Una tesi che stranamente accomuna al proibizionista Trujillo, il vice presidente del Consiglio dei ministri, Walter Veltroni, tendenzialmente antiproibizionista, che, nel corso di una trasmissione, ha sostenuto che, in materia di droga, "la via migliore e quella di sottrarre la questione alla politica e seguire la propria coscienza".

Una valutazione complessivamente qualunquistica, assai pericolosa perché tende a liberare l'uomo politico dall'onere di assumere una precisa posizione nei confronti di un tema di drammatica attualità. E ancor di più perché sembra un ripiego su posizioni attendiste. Ed è questo il vero rischio della via politica: che quelli che governano si guardino attorno in attesa di comprendere quale sia la scelta elettoralmente più produttiva. Per schierarsi, poi, con la maggioranza.

Ma cedere alle lusinghe della maggioranza sarebbe un errore disastroso. Come è stato certamente sbagliato proporre che fosse un referendum a decidere del libero spinello in tabaccheria. Il professor Felice Ippolito, contestando il referendum sul nucleare, ricordava che, se all'epoca dell'elettrificazione in Italia, si fosse indetta una consultazione sull'argomento, la gran parte della popolazione si sarebbe opposta. Con le conseguenze che si possono immaginare.

Non è quindi il caso che siano le campagne di stampa, le suggestioni televisive o le mode del momento ad orientare la massa della popolazione. Sarà il caso, invece, che si incarichi un gruppo di scienziati competenti e al di sopra di ogni sospetto di studiare il problema. E sarà bene che le loro conclusioni vengano filtrate attraverso la sensibilità di uomini politici consci che le loro scelte ricadranno inesorabilmente sull'esistenza di milioni di individui. Ed anche se si verificheranno tali condizioni le possibilità di sbagliare saranno elevatissime.

Intanto si potrebbero acquisire dati sicuri da quei paesi dove le droghe leggere sono state liberalizzate, quali siano i danni reali che l'assunzione di tali sostanze comporta e, principalmente, se il tragitto che porta alla cocaina o all'eroina sia più breve passando per lo spinello.

In questo caso è probabile che la liberalizzazione rappresenti un rischio che non conviene correre.

In ogni caso le argomentazioni degli antiproibizionisti non sembrano troppo convincenti. La libertà di scelta non può fare aggio sull'interesse della comunità. La possibilità di assestare un duro colpo alla malavita organizzata, che dal contrabbando di stupefacenti trae i suoi maggiori guadagni, viene ridimensionata drasticamente dal fatto che gli introiti maggiori vengono dal commercio di droghe pesanti.

Liberalizzare lo spinello danneggerebbe la microcriminalità, ma sbarrando la strada di un facile guadagno a un esercito di piccoli delinquenti si potrebbe correre il rischio di creare uno stuolo di entusiasti propagandisti delle droghe pesanti. E' però vero che una legislazione repressiva non ha raggiunto lo scopo di frenare o anche solo rallentare il preoccupante fenomeno, ma forse lo Stato non ha profuso in questa battaglia tutte le potenzialità delle quali dispone. Inoltre ha forse ragione Trujillo quando afferma: "Attraverso la liberalizzazione della droga non è il prodotto che si trova liberalizzato, ma sono le ragioni che conducono a consumare tale prodotto ad essere convalidate".

Insomma qualora la Corte Costituzionale avesse dato il placet al referendum, avrei represso il mio istinto libertario, mi sarei turato il naso e avrei votato contro la liberalizzazione. Per fortuna, invece, il quesito è stato dichiarato inammissibile, e, per essere sincero, sono stato molto lieto di non essere costretto a fare questa scelta.

 
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