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Conferenza droga
Segreteria Segr.Pannella - 30 aprile 1997
ANTIPROIBIZIONISTI, COLPO IN CANNA

A colloquio con Carmelo Palma, segretario del CORA e Consigliere comunale a Torino

di Peppe Grillo

(NET, GennaioFebbraio 1997)

DOMANDA: Le iniziative del fronte antiproibizionista non sono mancate. A che punto è la battaglia per la legalizzazione delle droghe leggere?

RISPOSTA: E' al punto in cui l'hanno portata anni di lotte militanti e non violente e referendarie, quali quelle che abbiamo tentato di assicurare al Paese, ma anche al punto in cui l'hanno "fermata" quanti ritengono che la "legalizzazione" sia un interessante tema di dibattito e di polemica, ma non in tema di decisione politica.

Dicendo questo, penso soprattutto ad una sinistra che per è ormai ufficialmente antiproibizionista, ma che sul piano della politica di Governo ha atteggiamenti di assoluta continuità con le politiche precedenti e tradizionali, precedentemente fallite, e tradizionalmente fallimentari.

Sfido chiunque a dimostrare in che cosa il ministro Turco sia stata "diversa" dal ministro Rosa Russo Jervolino, o Guidi. Sul piano concreto, cioè della riforma delle leggi e delle politiche, la normativa è rimasta tale e quale era nel 1990 (fatte salve le modifiche che noi conquistammo con il referendum del 1993). Questa maggioranza di antiproibizionisti, semiantiproibizionisti e solidaristi non è neanche riuscita ad abolire le sanzioni amministrative per il consumo di droghe proibite, altro che legalizzazione

D: Cannabis ed altre sostanze stupefacenti fuorilegge: il problema è unico o vi sono strategie differenziate?

R: Oggi, inevitabilmente, i problemi si confondono, e la gente stessa si confonde: ciò che connota in materia determinante e unificante le sostanze illegali è la loro natura criminale. Legalizzare significa dunque anche distinguere, discernere, giuridicamente e politicamente, problemi che sono diversi.

La cannabis, in se, non è un problema. Bisogna avere il coraggio di dire che in un Paese in cui 30.000 persone all'anno muoiono di alcool, 80.000 di fumo e altre centinaia di migliaia di abusi alimentari, presentare la cannabis come emergenza sociale e sanitaria è inganno, impostura.

Per le droghe pesanti, il problema è ben diverso, e ben diverse sono le strategie che proponiamo: infatti, per la cannabis pensiamo ad una regolamentazione del tipo "commerciale", con un sistema di autorizzazioni alla produzione e alla vendita molto rigido, ma con un sistema di distribuzione molto capillare e concorrenziale con l'eventuale o residua offerta illegale; per le droghe pesanti pensiamo invece ad un modello di prescrizione sanitaria, da effettuarsi verso soggetti di cui si sia accertato lo stato di tossicodipendenza.

Né vogliamo nasconderci dietro un dito sul problema delle droghe chimiche. Su questo bisogna fare chiarezza, e dire che rispetto un consumo di massa, diffuso, pervasivo di sostanze di sintesi (come si annuncia e si va realizzando) pensare a forme di legalizzazione dell'offerta di "prodotti controllati" non è scontato, ma doveroso. Su questo punto, ovviamente, non è ancora chiarissimo il "sistema" di legalizzazione. Ma è chiarissimo che bisogna al più presto legalizzare (anche per impedire una evoluzione tumultuosa e pericolosa del mercato delle droghe chimiche).

D: Prima Torino e poi anche Napoli. Le amministrazioni comunali, seppur timidamente, cercano almeno di esprimere una posizione.

Lei ritiene che quella locale sia una strada percorribile?

R: Quella "locale" è e sarà una strada percorribile se il Parlamento riformerà le leggi sulla droga (e le leggi sulle cure).

Non si può chiedere agli enti locali ciò che non possono fare, meno che mai di surrogare i compiti di Governo e Parlamento. Se si modificasse la normativa, in un primo momento, "legalizzando" la possibilità di sperimentare alternative (penso alla somministrazione controllata di eroina), allora le istituzioni politiche e sanitarie locali avrebbero nuove libertà o responsabilità. Fino ad allora non potranno che continuare a denunciare il fallimento di questa politica, non realizzarne un'altra.

D: Guido Vergani su "Panorama" ha di recente sostenuto che occorre "almeno un po' di cautela nell'orgia di pressappochismo che sembra euforizzare consigli comunali avvocati di Rifondazione, pannelliani, i Verdi e il loro portavoce Luigi Manconi ". E conclude " non sarebbe più logico e più serio che su una materia così pericolosa il dibattito desse soprattutto diritto di parola ai medici, agli psichiatri, ai farmacologi?". Come giudica queste affermazioni?

R: Perché non dare la "patria" dei diritti in mano ai professionisti? Perché non desumere, su ogni tema, la "posizione" giusta dal combinato disposto del parere degli esperti? Per alcune ragioni.

La prima è che la democrazia, e la politica (cioè la polis che si interroga sul governo da dare alle cose e ai problemi) si sono alla lunga, su ogni tema, dimostrati migliori di ogni illusione tecnocratica. Ai tecnici si può chiedere cosa sia la droga, non quale sia la migliore politica sulla droga. Se li si vuole rendere esperti in politica, fanno disastri. Quella di Vergani è una illusione ricorrente, ma sempre disastrosa. Ma questo non vale solo per la politica sulle droghe, vale per le politiche nel loro complesso.

La seconda ragione è che gli esperti non dicono la stessa cosa: Vergani, per esempio invoca il parere dell'autorità scientifica, ma omette di dire che la più prestigiosa rivista medica del mondo, "The Lancet", in un editoriale del 1995, ha detto a chiare lettere che bisogna legalizzare i derivati della cannabis. I pareri scientifici sono sempre pareri. "Gli esperti non sono sacerdoti della verità".

La terza ragione, e la più importante, è che il proibizionismo è "scientificamente", un sistema che non ha funzionato. Anch'io come Vergani vorrei sapere il parere della "Scienza", per capire come possa essere scientificamente sostenuto e difeso un sistema che ha ottenuto risultati opposti rispetto a quelli che si prefiggeva: un sistema che ha diffuso morte e malattie in nome della difesa della salute, e che ha rafforzato i poteri criminali, in nome della garanzia della legalità. Questo per Vergani, è scientificamente rilevante?

D: Pur di far valere le ragioni antiproibizioniste, sarebbe disposto a sostituire le sigarette che quotidianamente fuma con un altrettanto congruo numero di spinelli?

R: Per far valere le ragioni antiproibizioniste, bisogna lottare politicamente. Mettere privatamente in concorrenza "virtuosa" sostanze psicoattive, sostituire le una con le altre, non è fare lotta politica. A sostituire le Marlboro con le "canne", non so se ci si guadagna la salute, certo non ci guadagna la politica.

LE TAPPE DELLA BATTAGLIA

26 maggio 1994 Il Coordinamento radicale antiproibizionista deposita due leggi di iniziativa popolare per la legalizzazione della marijuana, la distribuzione controllata di eroina e l'assistenza ai malati di Aids.

26 gennaio 1995 Sesto congresso del Coordinamento radicale antiproibizionista, nella comunità di San Patrignano.

27 agosto 1995 Disobbedienza civile a Porta Portese per la legalizzazione della marijuana.

28 dicembre 1995 Marco Pannella, ospite della trasmissione "Italia in diretta", regala alla conduttrice Alda D'Eusanio un pacchetto con 200 grammi di hashish.

30 gennaio 1997 La Corte Costituzionale giudica inammissibile i quesito referendario sulla legalizzazione delle droghe leggere.

 
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