Napoli, 13-15 marzo 1997Sabato 15 marzo
Intervento del ministro della Sanita' ROSY BINDI
(trascrizione letterale della registrazione di Radio Radicale)
Non pretendero' in questi venti minuti di svolgere un intervento che esaurisca la numerose conclusioni, ma anche i numerosi interrogativi, che si sono aperti in questi giorni e che interessano piu' direttamente il ministero della Sanita'. Rinvio, per questo, ad un documento che e' stato preparato con una collaborazione molto efficace dei vari operatori e con un coordinamento da parte dei dirigenti del ministero, che colgo l'occasione per ringraziare per il lavoro prezioso che fanno, un documento nel quale credo che siano contenuti moltissimi dei problemi e anche risposte ai problemi sui quali in questi giorni ci siamo interessati.
D'altra parte mi disciplinero' perche' il tentativo, il desiderio di poter intervenire su tutti i problemi, anche quelli che no riguardano direttamente il ministero della Sanita', sarebbe forte, ma non a caso in questo pomeriggio siamo rigorosamente richiamati a dare un contributo sulle rispettive competenze. Per questo siamo qui a rappresentare il Governo un numero maggiore di ministri rispetto ai giorni precedenti.
Alcune sottolineature, pero', su quegli aspetti che mi sembrano, come dire, piu' importanti, piu' necessari di lavoro e di approfondimento nel futuro.
Il primo credo sia di carattere generale. Non posso non riprenderlo, e non posso non riprenderlo dalla relazione di Livia Turco che ringrazio per il preziosissimo lavoro che ha svolto e per queste giornate che ci ha regalato. [applausi]
C'e' stato un passaggio nella sua relazione che riguardava la concezione dello stato sociale. Io credo che dobbiamo, anche in conclusione di queste giornate, non dimenticare una riflessione piu' generale, perche' in questi giorni qui noi non abbiamo rappresentato un settore marginale della societa'. Noi non siamo i ministri ai quali e' affidato il recupero della parte debole: ci sono le istituzioni, la riforma dell'economia e poi come si fa? Bisogna prendersi carico delle parti piu' deboli e allora, guarda caso, in particolare ci sono due donne... [applausi] Anzi, tre questa sera.
No, qui non c'e' una parte del Paese che rappresenta il peso rispetto al suo sviluppo e rispetto al suo percorso, grazie a Dio, galoppante verso l'Europa. No, qui c'e' una risorsa rappresentata da ciascuno di voi, ma c'e' una risorsa per cio' che voi rappresentate, cioe' i tossicodipendenti.
Io credo che questa sia la prima sfida che esce da questa conferenza: arrivare ad una riforma dello stato sociale che non ghettizzi, che non circoscriva l'area dei deboli, che quindi non assuma un semplice atteggiamento di assistenza nei confronti delle parti piu' deboli e degli emarginati, ma che, invece, scommetta sulla loro promozione, sul loro pieno reinserimento. Quindi, io credo che qua noi, in questi giorni, abbiamo rappresentato una risposta importante anche a quella domanda sulla riforma dello stato sociale. E anche il modo con il quale abbiamo affrontato e affronteremo il tema della tossicodipendenza e' un modo per collocarci nel dibattito tutto culturale e tutto politico che il Paese sta facendo.
Per noi non e' un aspetto residuale: lo stato sociale e' la cifra della civilta' e della democrazia di un Paese. [applausi] E la nostra scommessa e' quella di riuscire a saldare l'impegno, gli interventi, le risorse, le esperienze nei confronti delle parti piu' deboli con un patto sociale piu' ampio che coinvolga tutte le componenti del Paese, perche' noi abbiamo imparato in questi anni che lo stato sociale e' la capacita' di tenere insieme le parti piu' deboli e le parti piu' forti. E se oggi ci sono dei rischi per una emarginazione delle parti piu' deboli questo e' perche' c'e' il rischio che coloro che in proprio possono dare risposta ai propri problemi si sentano chiamati fuori e si possano permettere di uscire dal sistema e di non partecipare per un'opera di solidarieta' nazionale.
In questi giorni noi abbiamo detto di no a questo. Ecco perche' ha fatto bene il ministro Turco a dire che vuole un fondo sociale, che vuole che, accanto al fondo sanitario nazionale ci sia un fondo per le politiche sociali vincolato, [applausi] trasferito alle Regioni. Ripeto: dico questo perche' non vorrei che Valter Veltroni non avesse letto la relazione di Livia e allora glielo ricordo perche' lui non c'era... [applausi sparsi] No ma c'era... C'era... Ma vale la pena sottolinearlo. Pero', mi pare evidente che dal suo ragionamento volesse dirci che il fondo sociale per le politiche sociali va assolutamente ricercato all'interno di quel riequilibrio delle risorse dello stato sociale.
E' inutile nasconderci che, in questi anni, essendo la tossicodipendenza un servizio ad alta integrazione sociosanitaria, e' stato il fondo sanitario nazionale che si e' fatto carico in larga parte del finanziamento dei servizi per il recupero della tossicodipendenza. Io credo che sia arrivato il momento che si stabilisca che cosa e' sanitario, e quindi debba essere attribuito al bilancio della Sanita', e che cosa e' spesa sociale e come tale deve essere attribuita al fondo sociale, che dovra' essere, credo, costituito non togliendo dei fondi alla Sanita', ma ridistribuendo all'interno piu' complessivo della spesa sociale, in maniera particolare interrogandosi sulla riforma vera dell'unica cifra non "europea" nella ridistribuzione della spesa sociale, che e' rappresentata dalla spesa previdenziale. Questo mi sembra un messaggio che non puo' non arrivare. Allora, noi qui diciamo: forte integrazione dei servizi, ma netta separazione dei bilanci. Questa e' una garanzia perche' interventi come quelli sulla tossi
codipendenza ed altri settori ad alta integrazione sociosanitaria non finiscano per fare, all'interno dei bilanci della Sanita', di fatto, la Cenerentola, come hanno fatto con un percorso in questi anni. [applausi]
E' evidente che, nel momento in cui il fondo sanitario e' andato progressivamente diminuendo, gli assessori da una parte, i direttori generali dall'altra e anche il sistema delle autonomie locali hanno dovuto far fronte a quei servizi piu' propriamente sanitari e di qualita', finendo per penalizzare in maniera forte tutti quei servizi a forte integrazione sociosanitaria. Io credo che questo non debba piu' succedere e non succedera' se ci sara' un fondo nazionale, se ci saranno quote di bilancio esplicite dentro i bilanci delle Regioni, se costringeremo i direttori generali delle Aziende sanitarie che dovranno realizzare l'integrazione sociosanitaria, in questo come in altri settori, a prevedere quote di bilancio vincolate a questo fine. [applausi sparsi]
Scusate se sono partita di qua, ma mi sembrava necessario porre questo primo elemento che non e' di poco conto per i molti problemi che voi avete evidenziato in questi giorni.
Volendo fare la mia parte, io ripeto qui per l'ennesima volta che e' mia profonda convinzione che il problema della tossicodipendenza non si risolve sanitarizzandolo perche', piu' di altri, e' un settore a forte integrazione sociosanitaria. E' un settore nel quale il rapporto con le politiche scolastiche e con le politiche del lavoro e' di un'importanza fondamentale. E' un settore ad alta integrazione, pero' e' anche un settore nel quale, se la parola e' "integrazione e coordinamento", d'altra parte la sanita' attraversa tutti gli aspetti che in questi giorni sono stati toccati: le nuove droghe, la prevenzione, la riduzione del danno, la rete dei servizi, la prevenzione, il carcere, le patologie correlate, il rapporto pubblico/privato, sono di fatto... E' un indice nel quale c'e' comunque, non puo' non esserci, una risposta tipicamente sanitaria o comunque legata al servizio sanitario nazionale.
Allora, a me pare che se questo e', allora noi dobbiamo andare alla ricerca di un nuovo modello organizzativo che sappia, al tempo stesso, realizzare la forte integrazione e il forte coordinamento a livello istituzionale tra ministeri, tra Stato e Regioni, e tra Regioni e autonomie locali, ma che sappia realizzare anche, attraverso quella che e' stata definita l'"unita' dipartimentale", una unita' funzionale, una forte integrazione di tutti i servizi sociali e sanitari, una forte integrazione tra ospedale e territorio, una forte integrazione tra pubblico e privato. Ed e' su questo che io voglio fare un ulteriore sottolineatura. Mi pare che in questi giorni noi abbiamo riconosciuto che, piu' che in altri settori dello stato sociale, il rapporto tra pubblico, privato sociale e volontariato e' stata una risposta efficace. Forse non c'e' altro settore d'intervento, non c'e' altro capitolo dei servizi pubblici nei quali noi possiamo riscontrare una forte integrazione e un'integrazione cosi' efficace come quella d
el rapporto nel farsi carico delle tossicodipendenze. Questo e' un aspetto importante: dopo tre anni dalla prima conferenza noi oggi constatiamo che sono cresciute le comunita', che sono cresciuti i servizi pubblici, ma soprattutto constatiamo che insieme siamo consapevoli di rendere un servizio pubblico. Io vorrei che questo fosse l'aspetto caratterizzante che ci aiuta a superare eventuali problemi e ci aiuta a ricercare un'integrazione piu' forte. Sia le comunita', sia i Sert, sia la struttura pubblica, sia la struttura del volontariato e del privato sociale erogano un servizio pubblico. [applausi] Questo e' un elemento che non possiamo dimenticare nella ricerca della soluzione di alcuni problemi che si sono aperti.
Allora, io credo che dobbiamo uscire di qui con una consapevolezza di un forte rilancio del servizio pubblico. Sono da riformare i Sert? Sono prima di tutto da realizzare in ogni parte del territorio? [applausi] Dobbiamo mettere ordine nel personale dei Sert? [applausi] Dobbiamo essere piu' espliciti nelle linee-guida del servizio che devono rendere? [applausi sparsi] Bene, se questi sono punti acquisiti, ci dice questa conferenza che noi dobbiamo rilanciare il servizio pubblico per il recupero della tossicodipendenza. [forti applausi] E io credo che su questo dobbiamo, come dire, individuare una via maestra che non esclude l'altra via maestra, perche', parimenti, usciamo da questa conferenza con la consapevolezza della insostituibilita' del volontariato, del privato sociale e delle comunita' terapeutiche [applausi]. Allora, a noi sta ricercare nei giorni che ci attendono un piu' forte coordinamento, una piu' forte integrazione, una piu' forte programmazione ed una maggiore capacita' di verifica dell'efficac
ia dei servizi che vengono resi sia dai Sert, e da cio' che i Sert potranno diventare, sia dalle strutture rappresentate dalle comunita'. Credo che questa sia la sfida e, in questo senso, l'unita' dipartimentale puo' essere il luogo per questa unificazione e per la ricerca di questa integrazione.
Pero', consentitemi, e qui faccio davvero il ministro della Sanita': e' mai possibile che, nell'anno in cui vengono approvati i requisiti per l'autorizzazione e l'accreditamento delle strutture sanitarie pubbliche e private, nel momento i cui si riconosce che si presta un servizio tipicamente sanitario all'interno sia delle comunita' che dei Sert, si possa prescindere, si possa consentire una zona franca nella quale non viene applicato il regime dell'autorizzazione e dell'accreditamento delle strutture? [applausi] Io credo che questo non sia possibile. [applausi]
Allora, a me sembra di aver capito, in questi giorni, che si chiede un coordinamento affidato ad una parola magica nella pubblica amministrazione che si chiama "authority". Ci metteremo d'accordo su quello che dovra' essere questa struttura. Io penso che vi debba provvedere la Regione su linee-guida offerte dal livello nazionale. Credo che vi debba provvedere la Regione, ma io credo che, una volta che l'abbia istituita, spetta a questa authority verificare se ci sono i requisiti minimi per autorizzare una struttura pubblica o privata. [applausi] Stabiliremo insieme quali sono i requisiti, perche' il messaggio "Non vogliamo essere sottoposti alla burocrazia" ci ha raggiunto, in questi giorni. Ci ha raggiunto e non crediamo che questo sia un criterio con il quale sui verifica la qualita' di un servizio, ma non e' possibile pensare che vi siano delle zone franche nelle quali una persona viene presa in carico e sottoposta a trattamenti, sottoposta a recupero, e questo lo si ritiene un servizio pubblico di grande
importanza, e non si dettano i requisiti per poterlo autorizzare. [applausi] Prima... E' quindi stabilire la possibilita' di una verifica sulla qualita' di quel servizio fino ad arrivare all'accreditamento e, di conseguenza, alla rimunerazione delle prestazioni che li' si danno con il fondo sanitario nazionale e con il fondo sociale nazionale. [applausi]
Che cosa si intende in questo (e io qui vorrei, una volta per tutte dare un chiarimento su...)? Io credo che, in questi anni, le strade per la lotta alla tossicodipendenza siano state aperte da chi, senza essere stato sottoposto ad autorizzazione o accreditamento, di fatto ha dato risposta alla domanda di vita di tanti giovani. Come tutti sanno io sono di formazione cattolica: mi hanno insegnato che lo Spirito Santo viene incontro alle nostre debolezze, ma non alla nostra impreparazione. [forti applausi]. Allora, io credo, e vorrei qui spiegarmi, che noi dobbiamo trovare il modo per riconoscere che Don Benzi, Muccioli, Don Picchi, Don Albanesi, Don Mazzi e tutti i molteplici preti e laici cattolici e non che agiscono in questo settore attraverso il privato sociale ed il volontariato, rappresentano un qualcosa di piu', una qualita' ulteriore, che pero' non li dispensa dal garantire alcuni standard di servizi che consentono autorizzazione ed accreditamento. [applausi prolungati]
INTERRUZIONE PER GIRO CASSETTA
[proseguono applausi]
Badate bene... [proseguono applausi] Dicendo questo, pero', io dico qualcosa che posso permettermi di dire perche' non c'e' il ministro del Tesoro, che secondo me dobbiamo trovare il modo perche' questo abbia anche una adeguata traduzione in termini di costi. [applausi sparsi] Perche' se riconosciamo che quel servizio e' un qualcosa in piu', quel qualcosa in piu' ha un prezzo per la comunita' e faremo quadrare i bilanci, credo, perche' questa e' la nostra sfida di oggi. Vedete, in questi giorni, in questi mesi, ci costringono sempre a fare i conti con i soldi: arrivera' il momento in cui ci costringeranno a fare i conti con la qualita' dei servizi. [applausi] Sara' il futuro.
Allora, io spero, io mi auguro che in questo ci siamo capiti e che siamo tutti, da questo punto di vista, concordi che, dopo questa conferenza, si apriranno i tavoli nei quali trovare una traduzione per tutto questo.
Ci sono altri due o tre problemi sui quali vorrei soffermarmi.
Se, allora, l'unita' dipartimentale, autonoma, con un proprio bilancio, luogo di integrazione tra sociosanitario, territorio, ospedale e pubblico/privato e' la risposta, noi dobbiamo anche chiederci quali sono i servizi, qual e' il contenuto delle prestazioni. Non mi soffermo su tutto, devo pero' dire una parola e lo faccio per onesta' perche' credo che, anche su questo, tra noi si debbano registrare le varie sensibilita' e le varie sottolineature: io devo dire una parola sulla riduzione del danno. La devo dire perche', come dire, non sarei corretta fino in fondo con il lavoro che abbiamo fatto in questi giorni. Io voglio capire se ho capito e se, quindi, avendo capito, posso trarre delle conseguenze per quello che puo' essere l'impegno del ministro della Sanita'.
Io ho capito questo. Ho capito che non possiamo prestarci ad alcuna strumentalizzazione e fare confusione tra riduzione del danno e legalizzazione della droga. [applausi] Allora, se questo e', come dire, se questa e' l'affermazione che ci consente di uscire da quell'incertezza sulla riduzione del danno che Livia Turco auspicava nella sua relazione, questo significa che noi saremo vigilanti sul fatto che in nessun momento la riduzione del danno diventera' legalizzazione della droga. [applausi] Questo significa non fare comunque confusione fra i due problemi, e' un'altra cosa, e' un altro dibattito, ma come tale, allora, non puo' essere surrettiziamente usato uno strumento per dare una risposta che invece va data in altra sede. Primo.
Secondo: la riduzione del danno puo' uscire dalla sua fase sporadica e sperimentale se per noi rappresenta davvero il prendersi carico di ogni persona e non lasciare per strada nessuna possibilita'. Significa, allora, che forse dovremmo cominciare a parlare di riduzione "dei danni", perche' i danni sono molteplici e le strategie di risposta dovranno altrettanto essere molteplici e personalizzate. Pero', questo significa anche, e credo di aver capito cosi', che, come non possiamo lasciare per strada nessuno, al tempo stesso nessuna strategia della riduzione dei danni parte se non all'interno di un processo e di un progetto di recupero completo della persona. [applausi] Io lo devo dire questo perche' la penso cosi' e perche' adesso mi domando un'altra cosa.
Riduzione dei danni e strategie conseguenti, io credo che abbiamo trovato tra di noi punti d'incontro su molte cose. Mi pare che c'e' un aspetto sul quale vale la pena di dire che dobbiamo approfondirlo ulteriormente che sono le cosiddette pratiche di disintossicazione e utilizzazione di sostanze, esempio vedi metadone. Io vi devo fare un esempio. Qualche volta gli organi consultivi del ministero funzionano meglio di altre volte. Alcune volte passano pareri come quelli sull'elettroshock, [applausi] e allora si e' costretti a richiamare gli organi per farceli ripensare sopra, qualche volta danno dei pareri che forse non hanno bisogno di essere ripresi in considerazione come quello che ha dato la Cuf quando ha dichiarato inefficace l'Urod. [applausi]
Il metodo Urod: io non ho avuto un momento di esitazione a interrompere i trattamenti di metodo Urod quando il gruppo di esperti ha detto "Non va bene perche' e' un modo di sanitarizzare al cento per cento il problema e perche' non chiama in causa in nessun momento la volonta' piena della persona". [applausi] Allora, se cosi' e', noi dobbiamo altrettanto essere fermi nel vigilare che tutta la strategia di riduzione dei danni e le pratiche di disintossicazione costringano in qualche modo la persona a scegliere, a mettere in gioco la sua liberta' e a mettere in gioco la sua volonta'. Questo spetta, io credo, alla capacita' che ha un operatore di accompagnare in ogni momento la persona.
Io ho capito questo. Allora mi dico: e' arrivato il momento di fare delle linee-guida? Siamo d'accordo su questo? Perche' a me pare che cosi' com'e' non si sa che cosa e'. Allora tanto vale che, oltre al principio sul quale abbiamo trovato un consenso, ci sia la possibilita' di tradurre questo in percorsi dei quali possiamo poi valutare l'efficacia e il rispetto delle finalita' che ci siamo posti: linee-guida per la riduzione dei danni, linee-guida per l'utilizzazione delle sostanze disintossicanti.
Due ulteriori battute e termino.
Mi pare altrettanto chiaro che usciamo da questa conferenza con un forte impegno per la formazione, che questo deve essere un forte investimento perche' non ci sara' rilancio ne' di servizio pubblico, ne' di volontariato, ne' di integrazione fra i due se non attraverso una forte formazione universitaria, post-universitaria e un aggiornamento del personale, di quello che opera direttamente in questo settore, ma di tutto quello che opera nel servizio sanitario nazionale. [applausi sparsi]
Allora, io credo che ci sono. Se tutte queste premesse fatte possono trovare fra di noi possibilita' di lavoro, a questo punto credo che ci possiamo sedere attorno a un tavolo e rivedere l'intesa Stato-Regioni, perche' e' un modo per qualificare quell'intesa, e' un modo per dare una risposta di qualita' a quell'intesa, secondo quanto in questi giorni ci siamo detti.
Ultima battuta. Carcere.
Io aspetto, evidentemente, anche quello che dira' il ministro Flick, ma gia' adesso io vi dico che secondo me noi dobbiamo aprire un tavolo per ridiscutere complessivamente il rapporto tra sanita' e carcere. [applausi] E dentro questa riflessione piu' complessiva, che ci portera' sicuramente a chiudere gli ospedali psichiatrici in carcere e i cosiddetti "opg", ma che comportera' anche a trovare strade perche' i tossicodipendenti possano avere un'assistenza sistematica con un rapporto tra l'interno e l'esterno attraverso l'unita' dipartimentale, e perche' soprattutto i malati di Aids si possa verificare se e' il carcere il luogo nel quale possono essere sottoposti a trattamento e comunque qual e' l'e'quipe che non puo' non essere che quella accreditata i trattamenti delle terapie controvirali in altri presidi ospedalieri. Anche questa non puo' essere, se posso dirlo, una zona franca.
Aids e patologie correlate: io credo che dobbiamo fare un vero e proprio pacchetto delle patologie correlate perche', come in questi giorni e' stato detto, Aids, epatite C, tubercolosi, malattie psichiatriche e molte altre non conosciute. Ricerca, assistenza di base, riconversione dei fondi verso l'assistenza domiciliare e i circuiti alternativi, l'assistenza ai malati terminali. La nuova commissione Aids appena rinnovata e' praticamente tuta nuova nei suoi componenti perche' vorrebbe, tra l'altro, separare rigidamente e rigorosamente quanti fanno ricerca da chi sceglie i finanziamenti sulla ricerca [applausi] ed avere la possibilita' di riconvertire anche i fondi e anche di recuperarli in pieno. Forse e' anche la sede giusta per dire che e' arrivato anche il momento per rivedere la normativa sulle regole per la sepoltura dei malati di Aids. [applausi]
Un ultima battuta riguarda l'alcol e l'alcoldipendenza sulla quale questa mattina abbiamo ascoltato un gruppo. Io mi sento di sottoscrivere quanto li' e' stato detto, in particolare rispetto alle linee dell'Oms e della Comunita'. Sento di accogliere quanto piu' volte e' stato ripetuto: "Siamo rigorosi nei confronti di tutte le dipendenze e diamo nuove regole alla pubblicita', alle linee educative e a tutto il resto". In questo senso si potrebbe dire che la nuova unita' dipartimentale potrebbe essere una unita' dipartimentale contro le dipendenze da droga, da alcol e anche da nuove droghe, sulle quali credo si debba aprire una stagione di grande ricerca.
Ecco, mi sembrano tutte queste le cose piu' importanti sulle quali era necessario, credo, tra di noi un chiarimento ed una sottolineatura. Io credo che ci siamo ascoltati, in questi giorni, che abbiamo ascoltato tutti, che abbiamo tenuto presente la complessita' di questo problema. Credo che ci sono le condizioni per metterci al lavoro. Credo che ciascuno di noi esce da qui piu' ricco perche' ciascuno di noi e' stato sollecitato, costretto a porsi interrogativi sempre piu' profondi e sara' dalla nostra capacita' di dare risposte a questi interrogativi profondi che incontreremo la vita di quei giovani che forse stanno vivendo questo dramma proprio perche' noi non eravamo stati capaci di dare a loro per tempo le risposte alle loro domande profonde. [forti e prolungati applausi]