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Conferenza droga
Radio Radicale Roberto - 9 luglio 1997
LA GRANDE GUERRA DEI MILITARI PER CONTROLLARE IL TRAFFICO DI DROGA
di Guido Rampoldi - La Repubblica, 9 luglio 1997

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C'E' DA SCOMMETTERE che nella Phnom Penh di questi giorni tutti i 67 uomini dell'Interpol cambogiana, se non impegnati nei saccheggi, stiano dando la caccia al capo dell'Antinarcotici. Nella ferrea bipartizione dello Stato, l'Antinarcotici spettava al Funcinpec del principe Ranariddh, mentre l'Interpol era stata attribuita al Cpp di Hun Sen. Per quattro anni i due partiti, e le rispettive consorterie militari, non si sono pestate i piedi. Ma da quando conflitti sempre piu' aspri avevano rotto quel patto di non belligeranza, ciascuna delle due fazioni aveva cominciato a sabotare i traffici dei rivali. Cosi' tre mesi fa l'Interpol aveva sequestrato 6 tonnellate di marijuana dirette in Gran Bretagna. E il capo dell'Interpol, il generale Li Roun Skadavy, aveva gridato ai quattro venti che quello era un commercio d'area Funcinpec. Di piu'. Come lo stesso Skadavy ci ripeteva dieci giorni fa a Phnom Penh, erano coinvolti ben due generali del Funcinpec, uno dei quali e' il capo dell'Anti-narcotici: "Per sei giorni d

i seguito l'abbiamo visto mentre s'infilava nella casa dove tenevano la droga. Quello adesso si dichiara vittima d'una manovra politica, il solito trucco dei generali del Funcinpec per evitare l'arresto". Se la battaglia di Phnom Penh fosse andata in tutt'altra maniera, oggi Skadavy fuggirebbe sulla sua piccola Toyota di rappresentanza inseguito dalle macchine dell'Anti-narcotici. Ma poiche' ha vinto il Cpp, il generale puo' esaudire la propria sete di giustizia, beninteso nei limiti della situazione. Mai e poi mai, per esempio, Skadavy potrebbe indagare sugli affari di Bun. Ma, il trafficante che finanzia il Cpp e mette a disposizione di Hun Sen una flotta di elicotteri bianchi. Non e' disperante, avevamo chiesto a Skadavy, rappresentare la legge e l'ordine in questo caos piu' o meno organizzato che e' la Cambogia? Skadavy era rimasto zitto, temendo di compromettersi; infine aveva sospirato: "Ci vuole pazienza".

Ovunque nel mondo quando un settore delle Forze armate attacca di sorpresa i reggimenti fedeli al primo ministro, li sbaraglia, ne arresta i generali, e avvia la caccia agli alti dignitari del partito nemico, quello e' un golpe. "La Cambogia sull'orlo di un colpo di Stato", titola appunto Le Monde. Eppure perche' ci sia un colpo di Stato deve esistere uno Stato, ed e' molto dubbio che questo sia il caso della Cambogia. Sulle rovine della nazione rasa al suolo vent'anni fa dai khmer rossi, l'Onu e' riuscita a costruire unicamente una tortuosa forma di coabitazione coatta tra le due fazioni che si contendono il potere, ovvero il diritto di trafficare e taglieggiare la popolazione. Al prezzo dei tre miliardi di dollari investiti dalle Nazioni Unite e' nato cosi' (nel '93) un mostro a due teste, con due primi ministri (Ranariddh e Hun Sen), due governi sovrapposti, due Forze armate in una, due magistrature. Due Cambogie parallele che inevitabilmente avrebbero tentato di sopraffarsi. Cosi' e' stato.

Come conferma anche l'epilogo (il saccheggio dell'aeroporto di Phnom Penh ad opera delle truppe vittoriose e ubriache, i motociclisti rapinati in strada della moto, i negozi svuotati), si combatteva unicamente per il potere e per il bottino. Una faida interna alla casta militare, duemila generali (al comando di 120 mila uomini), per tre quarti schierati con Hun Sen e per un quarto con Ranariddh. I due leader non hanno programmi politici differenti, e anzi, non hanno programmi politici. Cio' che maggiormente li distingue e' il quoziente d'intelligenza. Modesto quello di Ranariddh. Perfino flemmatici analisti non possono fare a meno di notare che il principino "ha problemi a mantenere la concentrazione" (cosi' un recentissimo saggio pubblicato dal Carnegie Endowment). Nei suoi comizi, nelle interviste, spesso smarrisce il filo del discorso, inciampa, si smentisce, laddove Hun Sen procede come un carrarmato, bombardando i nemici con una retorica caustica, violenta, minacciosa, cui spesso seguono i fatti. Agli u

omini di Hun Sen viene attribuito tra l'altro l'attentato di giugno, una bomba a mano lanciata contro la folla che partecipava ad un comizio di un alleato di Ranariddh (16 morti e un centinaio di feriti). Gli scherani di Ranariddh mai sono arrivati a tanto; ma da mesi corteggiavano potenziali alleati, i Khmer rossi, che provengono da una tradizione di crudelta' spaventose.

Peraltro anche la storia di Hun Sen interseca quella dei khmer rossi. Egli fu un loro comandante fino al 1977, anno in cui fuggi' in Vietnam, probabilmente per sottrarsi alla purga lanciata da Pol Pot contro la fazione filo-vietnamita. All'epoca aveva 25 anni, troppo pochi per avere responsabilita' di primo piano, ma gia' abbastanza, probabilmente, per sporcarsi le mani nello sterminio dei "nemici di classe" del Pc cambogiano. Comunque sia, Hun Sen non aveva opposto alcun veto, l'anno scorso, all'amnistia concessa ad uno dei maggiori responsabili del genocidio, Ieng Sary. L'unica condizione che gli premeva e' che i khmer rossi stessero dalla sua parte, o almeno restassero neutrali.

Alla fine della primavera era ormai chiaro che si andava verso lo scontro finale. Truppe dell'uno e dell'altro si erano scontrate nella seconda citta' della Cambogia, lasciando sul terreno un centinaio di morti. Il re, che non e' un cuor di leone, era scappato in Cina, dai suoi protettori di sempre.

Poi ha preso il largo anche Ranariddh, ora in Francia.

Queste fughe hanno seminato confusione nei ranghi del Funcinpec e facilitato il successo dell'attacco improvviso sferrato dalle truppe di Hun Sen. Diversi dignitari del Funcinpec sono apparsi in tv nelle ultime ore, un chiaro segno della loro defezione. Altri sono riparati in Tailandia, da cui ora cercano sponsor internazionali (la Cina?) per rilanciare la vecchia alleanza guerrigliera degli Anni Ottanta, tra monarchici e Khmer rossi.

 
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