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Conferenza droga
Radio Radicale Roberto - 10 luglio 1997
L'ONU E LA "QUESTIONE-PROIBIZIONE"
di Carmelo Palma (Direzione CORA-Coordinamento radicale antiproibizionista)

L'Opinione, 10 luglio 1997

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Il mercato delle droghe proibite ed il fatturato del narcotraffico ammonta ogni anno ad una cifra pari all'8% del commercio mondiale. A riconoscerlo ed a denunciarlo e' lo stesso Rapporto Mondiale sulle droghe, recentemente pubblicato nell'ambito del programma del UNDCP delle Nazioni Unite. In questa cifra si riassume, anche simbolicamente, la "bancarotta politica fraudolenta" del proibizionismo.

Il proibizionismo e' come il socialismo reale: un insieme di illusioni e fallimenti, la cui responsabilita' viene puntualmente addebitata alle inadempienze, agli errori od ai limiti soggettivi di quanti dovrebbero garantirne il trionfo, ed invece finiscono per verificarne gli insuccessi. Come il socialismo reale, anche il proibizionismo ha i suoi politburo' - i suoi consessi di professionisti della "rivoluzione", e di esperti di "piani quinquennali"- ed i suoi kulaki - milioni di contadini che (in tutto il mondo: dal sud America, al sud est asiatico) sono costretti a vivere, fino a rimanerne schiacciati, fra l'incudine della proibizione di colture secolari, ed il martello delle narcomafie internazionali.

La linea della "war on drugs", della cosiddetta "tolleranza zero" e' divenuta un incentivo formidabile per la creazione di nuovi mercati, e per la produzione di nuove sostanze. Ovunque nel mondo, le legislazioni "proibizioniste" sono costrette ad inseguire un fenomeno troppo veloce per le loro gambe; l'unico proibizionismo che funziona, e che viene in quasi tutto il mondo applicato con irragionevole ferocia e' quello sulle cure e sulla salute dei consumatori di droghe (tossicodipendenti e no), che vengono quotidianamente esposti ai rischi di un mercato tumultuoso ed incontrollato.

La stessa Relazione Annuale al Parlamento della Ministra Livia Turco (pubblicata nel mese di giugno) ammette che il fenomeno "droga" si diversifica e parcellizza, divenendo sempre meno visibile. I consumatori- soprattutto occasionali- aumentano proporzionalmente all'aumento del numero e della disponibilita' delle sostanze; le droghe sintetiche, meno costose, creano mercati che si affiancano ma non si sostituiscono a quelli tradizionali; le morti correlate all'uso di droga (per overdose, incidenti, epatiti, suicidi) aumentano esponenzialmente (sono 1394 nel 1996, rispettivamente del 15 ed del 20% superiori a quelle registrate nel 95 e nel 94).

In Italia, il dibattito su questi temi di fondo e'- salvo rare eccezioni- di pura accademia; il Parlamento (a ridosso della Conferenza sulla Droga tenutasi a Napoli nel mese di marzo) ha approvato una mozione, che ha rilanciato le "virtu'" del proibizionismo, eludendo completamente il problema dei suoi risultati. Il Governo (se si eccettua la disponibilita' della Ministra Turco, che ha convenuto sull'esigenza di mettere mano alla legge sulla droga, per riformarne pesantemente gli assetti e l'impostazione) continua semplicemente ad "amministrare" il disastro.

Ma sul piano internazionale cosa sta avvenendo? A Vienna si e' tenuta all'inizio di questa settimana la prima sessione del Comitato Preparatorio della "Conferenza sulla Droga ed i Traffici Illeciti" delle Nazioni Unite, che dovrebbe essere organizzata per il 1998. Ai lavori di questo Comitato e' stato invitato anche il Partito Radicale (quale ONG riconosciuta dall'Onu con status consultivo di primo livello), che vi ha partecipato tentando di inserire fra le priorita' della prossima conferenza - che altrimenti si tradurrebbe in un rendiconto rituale di buone intenzioni e di cattive coscienze - un'analisi del rapporto costi-benefici delle politiche attualmente in vigore, per procedere su questa base ad una riforma delle Convenzioni Internazionali sulle Droghe improntate ad un modello rigidamente e burocraticamente proibizionista.

Il PR ha avanzato una serie di proposte, che potrebbero integrare le iniziative che gli Stati, e le stesse Nazioni Unite, conducono, sul piano politico e giuridico-legislativo, per arginare il "fenomeno-droga", e che sarebbero compatibili con l'assetto delle attuali Convenzioni Internazionali. In particolare, ha proposto:

a) che si affronti il problema del proibizionismo sull'alcool applicato in alcuni paesi di religione islamica;

b) che si escluda tassativamente, nell'ambito delle stesse Convenzioni, la pena di morte per qualsiasi reato inerente la violazione delle leggi sulle droghe proibite;

c) che si proceda alla revisione del sistema di classificazione delle sostanze- che attualmente mette sullo stesso piano cannabis ed eroina- sulla base di un criterio, scientificamente misurabile, di pericolosita';

d) che si garantisca in tutto il mondo un effettivo diritto alle cure per i cittadini tossicodipendenti ed una corrispondente liberta' terapeutica per i medici.

Il PR ha dunque insistito perche' la comunita' internazionale si misuri con la valutazione (che potra' pure, come spesso avviene, essere ideologicamente rigettata per, diciamo cosi', "indegnita'", ma che non puo' essere altrettanto facilmente smentita, ne' destituita di fondamento) per cui ovunque nel mondo i problemi di "droga" sono innanzitutto legati alla proibizione delle droghe.

Cosa succederebbe se il prossimo anno l'ONU- anziche' celebrare retoricamente l'ennesimo rito pubblico contro la droga- potesse discutere di "droga" senza eludere la "questione - proibizione"?

 
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