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Conferenza droga
Radio Radicale Roberto - 27 novembre 1997
DROGA: IL CORA SUL CASO DI GIORGIO INZANI, MEDICO E "QUINDI" SPACCIATORE DI DROGA

Il caso di Giorgio Inzani, medico ed ex consigliere regionale della Lombardia, dimostra in modo esemplare come - quando c'e' di mezzo la "droga" (proibita) - la rigorosa osservanza della deontologia medica e la scrupolosa applicazione delle leggi (e perfino delle circolari ministeriali) possa essere sottoposta ad una incredibile persecuzione giudiziaria.

Da almeno 6 anni Inzani ha in cura decine di tossicodipendenti; nel 1991 e' ricorso con successo in sede amministrativa perche' gli fosse riconosciuta quella potesta' terapeutica, sequestrata ed abolita dal DM 445/90 che "vietava" la prescrizione dei farmaci sostitutivi nei programmi di mantenimento e ne riservava l'utilizzo ai soli medici "pubblici" dei Sert; nel 1993 e' stato, come militante radicale e antiproibizionista, fra i promotori del referendum che, fra l'altro, aboli' le disposizioni "proibizioniste sulle cure" che costituivano uno degli aspetti piu' squalificanti e pericolosi della legge Jervolino-Vassalli.

Nel 1994, le "Linee guida per il trattamento con farmaci sostitutivi" emanata dal Governo hanno confermato l'importanza di quei trattamenti "proibiti" fino al referendum del 1993, di cui Inzani rivendicava - come medico - la titolarita' e - come esponente politico ed amministratore pubblico - l'utilita' sociale e sanitaria. Inoltre, come membro del comitato scientifico del CORA, Inzani era stato ascoltato dal ministero della Sanita' nella fase preparatoria delle linee guida.

Oggi per Giorgio Inzani la Procura di Milano ha richiesto il rinvio a giudizio per "spaccio di droga" (art.73, comma 1 del DPR 309/90); la "prova" consisterebbe nella sistematica prescrizione a tossicodipendenti di farmaci sostitutivi "a mantenimento"; il "reato" sarebbe costituito dalla violazione di un decreto ministeriale (il succitato 445/90) abolito per via referendaria da piu' di quattro anni. La Procura di Milano ha rigettato gli atti prodotti da Inzani, che attestano la piena congruenza dei trattamenti praticati non solo con le indicazioni "terapeutiche" dei farmaci utilizzati, ma anche con quelle "burocratiche" del ministero della Sanita'.

Oggi, numerosi consiglieri (di diversi gruppi politici) della Regione Lombardia sono giustamente insorti di fronte ad una cosi' palese persecuzione ed hanno lanciato un appello in cui denunciano la natura infamante e non solo ingiusta di questa imputazione. A questo appello volentieri ci associamo, ma chiedendo - a tutti - che se ne traggano le conseguenze. Il proibizionismo e' il "regime dell'ignoranza": dei diritti e dei doveri, della scienza e delle responsabilita' politiche; di una ignoranza imposta e praticata a tutti i livelli, innanzitutto da quanti sono chiamati ad applicarne le disposizioni ed i "divieti". Il proibizionismo finisce inevitabilmente per vietare tutto: le droghe, le cure, i diritti fondamentali del cittadino, e oggi - come apprendiamo dalla Procura di Milano - perfino la giustizia, le leggi e la volonta' popolare. Di tutto cio', grazie al caso di Giorgio Inzani, abbiamo una ulteriore, allarmante e - francamente - ridicola dimostrazione.

CORA - Coordinamento radicale antiproibizionista

 
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