Storia a puntate su come Arlacchi Pino combatte la droga e la criminalitàLA REPRESSIONE APPALTATA AI CRIMINALI
di Marco Cappato e Carmelo Palma - L'Opinione, 20/12/1997
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L'Afganistan è davvero il piu' "ricco produttore di oppio del mondo" (come ha detto Ettore Mo, riportando le stime dell'UNDCP-United Nations Drugs Control Program, sul Corriere della Sera del 27 novembre scorso) e i talebani hanno davvero un interesse "politico" a rinunciare alla produzione di oppio? Il Dipartimento di Stato degli Stati Uniti (che presumibilmente dispone di strumenti di intelligence superiori a quelli dell'ufficio Onu di Vienna retto da Arlacchi) ha stimato la produzione di oppio afgana del 1995 e 1996 rispettivamente in 1250 e 1230 tonnellate, a fronte di una stima dell' UNDCP quasi doppia (di 2300 tonnellate annue per il biennio 95-96). Allo stesso modo, la stima degli ettari coltivati a papavero sono di molto divergenti: circa 38 mila ettari per il Dipartimento di Stato americano; oltre 56.000 ettari per l'UNDCP. Stando ai dati americani, la produzione afgana sarebbe inferiore alla metà di quella della Birmania (che, ad esempio, nel 1996, ha prodotto 2560 tonnellate di oppio sulle 4285 to
nnellate prodotte in tutto il mondo). Su questa base dunque l'Afganistan, - pur avendo assorbito negli ultimi anni buona parte della produzione precedentemente realizzata in Pakistan - produrrebbe meno del 30% dell'oppio disponibile sul mercato criminale.
Ma passiamo alla seconda, e piu' interessante questione: davvero il regime talebano puo' ritenere politicamente convenienti le contropartite offerte dalla comunità internazionale? Lo stesso UNDCP stima che la produzione di oppio in Afganistan sia cresciuta nel 1997 - dunque sotto il dominio talebano - di piu' del 20 per cento rispetto all'anno precedente, passando da 2300 a 2800 tonnellate, a fronte di un incremento modesto (2%) delle superfici coltivate. E' infatti comprensibile che un regime che resta legato ad un modello del tutto particolare di "economia di guerra", e che per anni è sopravvissuto ed ha finanziato le proprie campagne militari con la produzione di oppio, non possa facilmente rinunciare a questi profitti. Del resto, in Afganistan, il modello sociale e civile imposto dal regime talebano, la negazione delle libertà civili, l'assenza di rapporti commerciali e politici stabili con la comunità internazionale (che, pressochè unanimemente riconosce ancora come legittimo il governo deposto dalle a
rmate talebane) concorrono a determinare un isolamento economico che rende la produzione di oppio - rigidamente controllata dalle organizzazioni criminali - un fattore di stabilità e consolidamento politico del regime. Inoltre, anche se si volesse (in termini di pura ed astrattissima ipotesi) accettare l'assunto di Arlacchi - cioè l'esigenza del regime talebano di "ripulire" la propria immagine internazionale - davvero si potrebbe barattare una qualche modesta riduzione della produzione mondiale di oppio con una apertura di credito politico ad uno dei regimi piu' efferati della terra? E' possibile accettare che le operazioni di polizia e repressione internazionale siano delegate od appaltate - a suon di dollari - ad una armata sanguinaria, che, come tutti i regimi del mondo che controllano direttamente il traffico della droga, userà dell'ideologia della war on drugs come giustificazione della propria violenza?
E' diabolica la perseveranza con cui l'UNDCP opera - suo malgrado - da agenzia di finanziamento diretto ed indiretto delle narcomafie internazionali. E risibili, con ogni probabilità, saranno i successi che verranno sbandierati dinanzi agli occhi ignari dell'opinione pubblica. Come già si è segnalato (a pensare male si fa peccato, ma a volte ci si azzecca...), le stime dell' UNDCP sull'oppio di provenienza afgana sono incredibilmente e inspiegabilmente piu' alte di quelle del Dipartimento di Stato americano. Non vorremmo che, a partire dal prossimo anno, si riequilibrassero improvvisamente, e che la riduzione della produzione di oppio stimata in Afganistan dall' Ufficio ONU di Vienna fossero ascritte al merito dell' "operazione talebani".
Peraltro è sempre piu' difficile negare che le politiche sino ad oggi adottate dalle Nazioni Unite (finanziate solo in parte dal bilancio ONU e per la cospicua parte restante con contributi aggiuntivi dei singoli governi) sono state un clamoroso fallimento. Ai progetti di eradicazione e sostituzione delle culture di droghe, ha infatti corrisposto un aumento esponenziale della produzione e diffusione nel mondo di sostanze proibite.
(continua)
CARMELO PALMA
MARCO CAPPATO