Roma, 29 dicembre 1997
Sull'Unità Arlacchi ha ribadito le "buone" ragioni del cospicuo finanziamento (250 milioni di dollari in dieci anni) che l'ONU riverserà nelle casse del regime talebano, in cambio dell'impegno ad una riduzione cospicua della produzione di oppio in Afganistan.
Arlacchi, con tutta evidenza, dà mostra di credere in quello che dice: è cioè convinto che una armata che ha costruito il proprio successo politico e militare grazie ai proventi della produzione di oppio possa rinunciarvi; che programmi di sostituzione e riconversione di colture agricole tanto tradizionali quanto remunerative possano essere realizzate in un paese in cui l'amministrazione pubblica è inesistente e l'economia è letteralmente devastata da 20 anni di guerra civile; che contributi a pioggia di qualche decina di milioni di dollari possano essere "concorrenziali" con una merce, che, al dettaglio sui mercati internazionali vale (secondo l'UNDCP- cioè l'ufficio ONU che Arlacchi dirige) 100 volte il costo alla produzione.
Pensiamo che non occorra essere un sociologo di chiara fama per comprendere che queste ragioni "materiali", e l'importanza geopolitica che la produzione di droghe riveste in vaste aree del mondo non possono essere compensate da generiche dichiarazioni di disponibilità: a maggiore ragione se ad essere disponibili sono un gruppo di assassini (sia pure elevati, da Aralcchi, al rango di "giovani" che "esprimono i sentimenti del popolo").
Arlacchi è un apprendista stregone, ma purtroppo non sarà lui a pagare i prezzi del proprio apprendistato.