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Conferenza droga
Poretti Donatella - 29 dicembre 1997
I TRE GURU DELLA DESTRA USA "LA DROGA VA LIBERALIZZATA"

CORRIERE DELLA SERA

lunedi', 29 dicembre 1997

di ENNIO CARETTO,

WASHINGTON - Dennis Peron e' il fondatore del "Cannabis buyer's club", il famoso club dei compratori di marijuana di San Francisco, e l'altro ieri si e' candidato a correre per il posto di governatore della California alle primarie del Partito repubblicano contro il procuratore generale dello Stato Dan Lungren che vorrebbe incarcerarlo come narcotrafficante, una provocazione.

Ethan Nadelmann e' un ex professore di scienze politiche della Universita' di Princeton, il teorico della dottrina della "open society", la societa' aperta, cioe' tollerante e democratica, predicata dal finanziere George Soros, e oggi pubblica un saggio, sull'autorevole rivista Foreign Affairs, spietatamente critico nei confronti della interminabile "guerra alle droghe" americana. Milton Friedman e' il padre del monetarismo, un premio Nobel dell'economia, la musa della "reaganomics", la politica economica dell'ex presidente Reagan, e ha di nuovo chiesto la decriminalizzazione degli stupefacenti, sull'esempio della Svizzera.

I tre uomini non potrebbero essere piu' diversi. Appartengono a tre generazioni successive, dai 45 anni di Nadelmann ai 75 di Friedman; si sono formati in mondi quasi opposti, Peron nell'inferno del Vietnam e gli altri due nei templi della cultura made in Usa; hanno vissuto esperienze personali lontane tra di loro (Peron e' un gay, un crociato della lotta contro l'Aids, male che gli ha portato via il compagno).

Ma tutti combattono la stessa battaglia, seppur in modo diverso.

SEGUE DALLA PRIMA

DILEMMA AMERICANO / Dennis Peron, Ethan Nadelmann e il Premio Nobel Milton Friedman sostengono che il "divieto costa troppo: crea solo malati e criminali"

"Clinton combatti la droga: liberalizzala"

Il politico, il finanziere, l'economista: appello-choc da tre guru della destra americana "E' come ai tempi del Proibizionismo per l'alcol" "Non vogliamo favorire l'uso degli stupefacenti. Ma dobbiamo sottrarli alle gang e limitarne i danni"

Peron e' stato uno dei promotori della "Proposition 215", il referendum che nel '96 legalizzo' l'impiego medico della marijuana in California, referendum non a caso finanziato da Soros; Nadelmann e' il propagandista del finanziere, la sua punta di lancia per la riforma delle leggi antidroga al Congresso; e Friedman conduce una graffiante campagna dalle pagine del Wall Street Journal. Ma sono accomunati dalla convinzione che, dove ne sia impossibile la prevenzione, alla repressione dei tossicodipendenti debbano presto subentrare la cura e l'assistenza. I tre "opinion makers", influenti intellettuali, sono insospettabili. Non appartengono all'ala radicale del partito democratico, provengono semmai dalla destra libertaria, nel cui nome Peron sollecita altresi' l'abbattimento del "muro" in costruzione ai confini con il Messico.

Ma i tre sono tra i leader di un incipiente movimento antiproibizionista moderato che sta prendendo piede negli Stati Uniti. All'apice di un'ondata di neopuritanesimo, che dopo avere demonizzato i narcotici condanna non soltanto il fumo e l'alcol, ma anche il divorzio e la liberta' sessuale, il movimento propone sia la legalizzazione delle droghe leggere sia la regolamentazione di quelle pesanti. Ne fanno pubblicamente parte medici, insegnanti, giudici, e genitori di tossicodipendenti; e nascostamente persino qualche agente della Dea, l'antidroga. Una minoranza "contro" che non puo' piu' essere ignorata.

I suoi interventi incominciano a lasciare il segno. Ad esempio, su Foreign Affairs oggi Nadelmann invita Clinton a focalizzare la sua azione "sulle vittime dell'abuso degli stupefacenti prima che sulla caccia agli spacciatori". Come per l'alcol, sottolinea, cosi' per i narcotici il proibizionismo si e' rivelato controproducente: "A esso vanno imputate, tra l'altro, la crescita dei crimini, le periodiche epidemie quali il "crack", la cocaina di cristallo, e la diffusione dell'Aids tramite siringhe infette", scrive lo studioso. Conclude Nedelmann: "L'ultima tesi di Clinton che la marijuana induce alla violenza e' infondata... E' necessario elaborare una strategia che dia per scontata la presenza della droga e che ne prevenga o elimini i danni piu' tremendi".

Le argomentazioni di Nadelmann sono condivise sia da Peron, che nel suo club, rimasto aperto nonostante i ripetuti "blitz" del procuratore Lungren, regala la marijuana agli ammalati terminali per alleviarne le sofferenze; sia da Friedman, che deplora soprattutto la detenzione dei drogati, "un tremendo e inutile onere sui nostri sistemi giudiziario e carcerario" (i drogati ammontano a un quarto dei carcerati americani). I tre ammoniscono che gli Stati Uniti sono il paradiso della droga: vi s'importerebbe il 55 per cento della cocaina mondiale, e la "guerra di Clinton" costerebbe 25 miliardi di dollari ogni anno, quanto costo' la conquista della Luna. Sostengono che la tendenza e' reversibile. Con polemico sarcasmo precisano che "legalizzare i narcotici non significa rendere anche la cocaina e l'eroina reperibili facilmente come il tabacco e l'alcol: al contrario - ha spiegato Friedman - bisogna controllarle".

Per ora, i "tre moschettieri della droga", come li chiamano i nemici, sono riusciti soltanto a riaprire un dibattito che da oltre un secolo lacera periodicamente gli Stati Uniti. "La nostra memoria storica e' corta - ha rilevato Friedman - ma ancora a cavallo del Novecento, la droga era legale". E' noto che la cocaina fu un ingrediente della Coca Cola e addirittura di molti sciroppi per bambini, tra cui il diffusissimo "Mrs. Wilson Syrup", ma non che fu anche alla base di un celebre tonico, il "Vin Mariani'", francese, reclamizzato come una delle bevande preferite di Papa Pio IX e dello scrittore Jules Vernes. Il narcotico allora piu' diffuso era l'oppio, e per combattere la sonnolenza negli operai che ne abusavano, alcuni datori di lavoro facevano loro bere "te' di coca" o eccitanti equivalenti. La morfina veniva considerata un farmaco miracoloso. "Coi criteri di oggi - ha concluso il Nobel - potremmo sostenere che milioni di americani fossero tossicodipendenti".

In una inquietante disamina, Nadelmann ha affermato che le matrici delle leggi antidroga appaiono razziste e autoritarie. Nadelmann ha ricordato che la California, oggi all'avanguardia verso la liberalizzazione, fu il primo Stato Usa a vietare la droga: intorno al 1875 pose al bando l'oppio "nel timore che i cinesi se ne servissero per sedurre le ragazze bianche". Che alla fine dell'Ottocento, il Sud mise fuorilegge la cocaina "perche' i neri l'avrebbero usata per poi stuprare le sue donne". E che nel 1930 la proibizione della marijuana "fu diretta in buona parte contro gli immigrati latinoamericani". Il guru di Soros attribuisce la legge Harrison del 1914 e quelle successive, che sbarrarono la porta alle droghe pesanti in tutti gli Stati Uniti, "alla paura della sovversione interna e al trauma del trionfo di Lenin in Russia".

L'asso nella manica del movimento potrebbe essere il paragone col proibizionismo, il divieto dell'alcol introdotto appunto nel '19 e revocato nel '33. "Come per gli alcolici, cosi' per le droghe - dichiara Nadelmann - occorre distinguere tra i danni causati dai prodotti in se', e quelli causati dalla loro criminalizzazione". Secondo Nadelmann, il Proibizionismo porto' all'aumento dei crimini, della corruzione, e dei detenuti; a un costume irrispettoso delle leggi e insieme a uno Stato di polizia; a bevande via via piu' tossiche, talvolta letali, e a spese di bilancio insostenibili. "Gli americani oggi consumano meno superalcolici, piu' vino e birra, e fumano sigarette con meno nicotina. Dovremmo trarne il debito insegnamento".

Da ex politologo, Nadelmann fa un'altra considerazione. La societa', dice, ha bisogno di un colpevole per i suoi mali. Durante la guerra fredda fu l'Urss, oggi sono le droghe leggere e pesanti. Ma i sondaggi d'opinione indicano che in maggioranza gli americani non le userebbero se fossero legalizzate. E comunque non e' una prova che Clinton e il Congresso siano disposti a compiere. La loro risposta e' che, per adesso, gli americani vogliono che le droghe rimangano vietate.

Didascalie:

MILIARDARIO "CONTRO" George Soros, ricchissimo finanziere-filantropo, e' titolare di una fondazione nella quale lavora Ethan Nadelmann, leader dei teorici della liberalizzazione della droga

CONSERVATORE RIBELLE L'anziano economista americano Milton Friedman, 75 anni, vincitore del Nobel e ideologo conservatore della "Reaganomics", e' un sostenitore della legalizzazione della droga

ASPIRAZIONI POLITICHE Dennis Peron, 48 anni, gay dichiarato, e' fautore di tagli alle tasse e della liberalizzazione della marijuana negli Usa. Vuole diventare governatore della California

"IO NON ASPIRAI" Bill Clinton dichiaro' durante le presidenziali del '92: "All'universita' provai uno spinello, ma senza aspirare il fumo"

ESPERIMENTO IN SVIZZERA

La svolta: eroina di Stato, morti in calo

La risposta svizzera al problema droga ha avuto un percorso tortuoso, di fughe in avanti e ripensamenti. Tutto e' cominciato nel parco di Platzpitz a Zurigo, negli anni '80 ritrovo di tossicodipendenti di tutta Europa. La polizia tollerava e il parco divenne un inferno a cielo aperto dominato da spacciatori sempre piu' aggressivi. Divenuto un problema di ordine pubblico e di immagine, nel '92 il parco venne chiuso e l'inferno cambio' indirizzo: divenne quello di una stazione abbandonata. Zurigo comincio' a pensare alla distribuzione controllata di eroina: circa mille tossicodipendenti per due anni. Quindi il primo bilancio positivo con il crollo della microcriminalita', delle morti, dei contagi di Aids.

L'esperimento - che in aree limitate e' stato avviato anche da alcuni Länder tedeschi - venne allargato, creando pero' scandalo. La questione e' stata affidata a un referendum. E in settembre il voto popolare ha deciso che lo Stato deve distribuire droga pesante a chi si affida alle strutture sanitarie pubbliche: cio' garantisce piu' sicurezza per i cittadini e piu' protezione dei tossicodipendenti dagli spacciatori. Risultati? Crollo del 30 per cento dei decessi.

MODELLO OLANDESE

Doppia sfida: spinello libero e metadone

Un caffe' e un po' di marijuana. In Olanda e' normale. Ad Amsterdam si puo' cambiare "bar" tutti i giorni e continuare a fumare "erba". Legalmente: di "coffee-shop" con la licenza per vendere droghe leggere ce ne sono 365. In tutto il Paese circa 1.200. La dose e' al massimo di 5 grammi. L'esperimento di "liberalizzazione" (non legalizzazione) olandese dura dal 1976 e coinvolge anche le droghe pesanti. In questo caso lo Stato ha scelto una politica di tolleranza che punta alla "riduzione del danno". E' depenalizzato il possesso di un grammo di eroina o cocaina. Lo Stato ha avviato programmi di distribuzione del metadone che permettono alle autorita' sanitarie di "monitorare" i casi gravi di tossicodipendenti.

Risultati? Secondo i critici, l'Olanda si e' trasformato in un "narcostato" (Jacques Chirac): il problema e' costitituito dai traffici ai confini e dall'alta produzione di droghe sintetiche, "ecstasy" in testa. Dal punto di vista interno, l'esperimento e' un successo: i tossicodipendenti sono l'1,6 per mille (3 in Italia), la loro eta' media e' salita a 35 anni, il primo "spinello" si fuma a 20 anni, l'incidenza della sieropositivita' e' bassissima: 8% contro il 70 % in Italia.

SCANDALO A LONDRA

Un figlio spacciatore divide il governo

Tra le rivoluzioni annunciate dal premier britannico Tony Blair non c'e' mai stata quella per la liberalizzazione delle droghe leggere. Buon per lui, visto che gli spinelli rischiano di diventare un tormentone per il suo governo come gli scandali sessuali lo sono stati per il gabinetto del suo predecessore John Major.

Tutto e' cominciato con la telefonata del direttore del quotidiano popolare The Mirror a un sottosegretario del governo laburista: "Suo figlio spaccia marijuana alle feste". Il colpo che avrebbe afflitto qualunque padre e' stato amplificato dalle possibili conseguenze politiche sull'intero governo. Per il momento, pero', i laburisti sono riusciti ad assorbire bene l'attacco. Il tabloid ha potuto pubblicare il suo scoop senza temere denunce per diffamazione o accuse per la violazione dell'autoregolamentazione appena varata dalla stampa britannica sulla privacy, ma ha concesso allo sfortunato genitore e al governo Blair due giorni di tempo. Ore preziose per tamponare l'emergenza.

Il sottosegretario si e' presentato spontaneamente in questura con lo sciagurato figlio e ha assistito alla sua autodenuncia. Il ragazzo ha soltanto 17 anni e quindi il suo nome (e quello del famoso padre) per la legge inglese non si possono pubblicare. Scoop e riservatezza sono stati salvati.

Il caso "spinelli al governo" pero' non e' concluso. Cogliendo al balzo l'episodio del "figlio spacciatore", alcuni attivisti del movimento per la liberalizzazione delle droghe leggere (appoggiato da una campagna dell'"Independent", nella foto) hanno minacciato di rendere pubblici i nomi dei componenti del governo Blair che fumano "erba". Un "ricatto" per denunciare l'ipocrisia di un esecutivo che in pubblico si professa "proibizionista" per poi violare in privato le regole che impone agli altri sudditi.

Per paura o volonta' di trasparenza, la minaccia ha gia' portato allo scoperto il primo laburista "drogato". E' Il deputato Charles Clarke, capo dello staff di Neil Kinnock alle elezioni del 1992. "In passato ho assunto delle droghe" ha ammesso Clarke. Molto piu' esplicito dell'allora candidato alla presidenza degli Usa Bill Clinton che confesso': "Si', ho fumato spinelli in gioventu', ma non ho mai aspirato".

Secondo alcune statistiche il 40 per cento degli studenti delle scuole superiori inglesi hanno provato almeno una volta hashish o marijuana. Una percentuale comunque superiore a quella dei loro coetanei americani.

 
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