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Conferenza droga
Radio Radicale Roberto - 23 gennaio 1998
PROGETTI DI VITA CONTRO LA DROGA
di Alessandro Maggiolini - Il Sole 24 Ore del 22/1/1998 Commenti e dibattiti

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Siamo alle solite. Un magistrato ha messo sul tappeto delle discussioni nazionali, alcuni giorni fa, il problema della liberalizzazione, della legalizzazione o della terapia dalla droga, e subito tale problema e' stato risolto - o anche solo impostato - in base a schieramenti ideologici. I cattolici sosterrebbero che no. Alcuni laici affermerebbero che si'. I marxisti avrebbero un parere attento alla socialita'. I padani vorrebbero la liberalizzazione per gli estranei. Eccetera.

Vogliamo guardare in faccia non alla droga che ha forma di sigaretta o di polverina, ma ai drogati che hanno occhi spenti, viso scarnito, sudore diffuso, respiro ansimante, paura paura paura del domani e di tutto cio' che sta intorno?

Sembra logico che gli spacciatori debbano essere perseguiti e puniti a dovere, senza soverchia misericordia. Fanno un mestiere di morte: e' come se vendessero rivoltelle cariche con la sicura gia' tolta, o bombe a mano con la linguetta gia' sfilata.

Sembra altrettanto chiaro che coloro i quali si decidono per una terapia spesso assai dolorosa e lunga, specialmente in comunita' terapeutiche, siano da incoraggiare. Si tratta di persone che ammettono di avere sbagliato e vogliono ricostruire una vita.

Ma riguardo a coloro che vogliono continuare l'assunzione di sostanze stupefacenti e, d'altra parte, non intendono entrare in una struttura di recupero, che cosa fare?

Qui i pareri divergono. Eppure va sottolineato con forza, in gioco non e' una fede religiosa, innanzitutto, o una concezione del mondo di tipo statalistico, liberalistico o quant'altro. Il nocciolo della questione e' di ordine a un tempo medico, giuridico e morale. Morale, non moralistico. Detto in modo piu' esplicito: ne va della salute fisica e psichica o della stessa vita di persone concretissime.

Non si sogna che lo Stato debba assumersi pienamente il compito di una formazione spirituale e di una proposta compiuta di ideali esistenziali a dei cittadini: ideali che facciano superare la tentazione dei paradisi artificiali. E, tuttavia, pare si sia di fronte a una concezione abbastanza strana, quando si disegna uno Stato che diventi spacciatore di droga.

Nessuno, probabilmente, ha in tasca la soluzione perfetta di tutte le questioni legate alla distribuzione e al consumo della droga. Si tratta, pero', di decidere una volta per tutte se chi chiede la "roba" - leggera o pesante che sia - debba essere fatalmente abbandonato al suo destino, o possa essere messo di fronte all'esigenza di una revisione della mentalita' e del comportamento usuali.

Puo' essere che, in certi casi, sia utile, almeno per qualche tempo, somministrare sostanze stupefacenti per evitare mali maggiori. E' il modo con cui gia' agiscono associazioni che distribuiscono almeno il metadone. E, pero', occorre precisare se tale distribuzione e' fatta con la disinvoltura e la rassegnazione di chi ha ormai deposto ogni fiducia di recupero nei confronti di chi riceve la droga, oppure se tale distribuzione viene compiuta da persone umanamente molto motivate ed esigenti che, in pratica, impostano un itinerario terapeutico. La prima ipotesi, e cioe' la consegna di sostanze stupefacenti quasi fossero aspirine o caramelle, porta inevitabilmente a un abbassamento costante della soglia di legittimita'. Cio' che e' permesso non basta piu'. Si ricorre sempre a qualcosa di piu' eccitante e di piu' avventuroso. Questo non e' un teorema. E' la costatazione amara di persone che da lungo tempo lavorano in questo campo. E, forse, e' anche un'intuizione abbastanza elementare, se appena si riflette sull

a tendenza autodistruttiva che c'e' in ogni persona che non si accetta e che non fa piu' presa, secondo una sorta di "principio della realta'", sulle persone e sulle cose con cui viene a contatto. E si sostenga che tale procedimento "guarisca" i malati.

V'e' da comprendere il fastidio di magistrati che si trovano tra i piedi continue cause di microcriminalita' attuata da tossicodipendenti. Ma - insisto - il discrimine e' tra la deriva a cui si abbandonano i drogati, o la speranza di chi almeno tenta di toglierli dal tunnel del vizio.

Poiche' non vi sono soltanto magistrati a valutare la complessita' del problema, occorrera' pure impostare tutto un lavoro di prevenzione il quale e' niente di meno che un impegno educativo a delle ragioni valide per vivere e per vivere in pienezza. Qui i cattolici hanno una loro parola da pronunciare e un loro sforzo da attuare. Ma rispettano pienamente anche tentativi laici di prevenzione. Ammesso che questi tentativi si reggano, e si reggano a lungo nel tempo.

 
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