SULLE ROTTE DELLA DROGA
L'ONU OFFRE UN PATTO AI CAMPESINOS POVERI: NON COLTIVATE LA DROGA, VI AIUTEREMO LA BOLIVIA PERSUADE I CONTADINI. IL PERU' COLPISCE I VOLI CARICHI DI "MERCE"
Venerdi', 27 Febbraio 1998 - CORRIERE DELLA SERA - ESTERI
DAL NOSTRO INVIATO Ettore Mo,
LA PAZ - Se si vuole salvare il mondo dall'inferno della droga, sono
milioni gli ettari di terra che dalla Colombia al Peru', alla Bolivia,
devono essere bonificati con altre colture: ma sono molti (troppi) a
nutrire scetticismo verso la realizzazione di questo progetto.
L'ex senatore Pino Arlacchi - sottosegretario generale dell'Onu e
direttore esecutivo generale del Programma per il controllo
internazionale delle droghe (Unidcp) - s'e' incaponito in questo sogno,
che credo possa avere possibilita' di riuscita in tempi remoti se
funzioneranno le strutture concrete che le Nazioni Unite gli hanno messo
a disposizione.
"Lo so che c'e' un muro di cinismo da superare, ma ho piu' di una speranza
per credere che l'intervento dell'Onu avra', questa volta, risultati
concreti", dice sbarcando a Bogota' da Vienna e poi girovagando per
questo incantevole paesaggio sudamericano, tra montagne e foreste
verdeazzurre che hanno fatto la fortuna dei narcotrafficanti.
Ho qualche motivo per credergli essendo andato con lui, la fine dello
scorso novembre, in Afghanistan, a Kandahar, dove riusci' a convincere i
Talebani che era il momento di intervenire subito per bloccare le
colture di oppio lungo i confini col Pakistan. Ci furono tante
smorfiette di sufficienza nel nostro Paese e anche qualche moto di
politica indignazione perche' Arlacchi, trattando con quel governo di
sciagurati, avrebbe in qualche modo legittimato la loro autorita' e il
ruolo di usurpatori di un governo democraticamente eletto dalla
Resistenza islamica.
Il suo intervento tempestivo (donchisciottesco, ha scritto qualcuno) era
motivato, allora, dalla necessita' di bloccare un traffico di
stupefacenti (oppio, eroina) che dilagava sul mercato europeo nella
misura dell'80 per cento. Quello odierno, in Sudamerica, muove dalla
stessa ragione: perche' la quantita' di coca che Colombia, Peru' e Bolivia
producono insieme si sta abbattendo sull'umanita' intera come un ciclone:
piu' grave, tremendo e catastrofico del Niño che sta flagellando questi
Paesi.
L'approdo di Arlacchi e del suo seguito in Sudamerica ha gia' prodotto
risultati concreti. Qui a La Paz ha firmato un accordo con il governo
boliviano per il piano di sviluppo alternativo dell'agricoltura che
dovrebbe condurre, entro cinque anni, all'eliminazione quasi totale dei
campi di coca: "Ne ho parlato col vicepresidente Quiroga, che si e'
dimostrato entusiasta - dice -: abbiamo stabilito di investire 120
milioni di dollari annui, oltre 200 miliardi di lire, per i prossimi 5
anni e la Bolivia, che e' notoriamente un Paese molto povero e con un
debito estero spaventoso, dovra' versare solo il 15 per cento della
cifra. Nel pacchetto, ci saranno poi dei prestiti agevolati, sconti
fiscali e finanziamenti diretti da parte della comunita' internazionale
che ha aderito attraverso l'Onu. Un risultato auspicabile e possibile
potrebbe essere la riduzione dei terreni coltivati a coca al 20 per
cento".
Contrariamente a quanto sta facendo il presidente Alberto Fujimori in
Peru', che fa abbattere aerei ed elicotteri con carichi di droga
destinati per la maggior parte agli Stati Uniti (Miami, California
eccetera), il governo boliviano ha adottato il sistema del
"convincimento", offrendo sovvenzioni e aiuti ai campesinos che lavorano
nelle piantagioni di coca perche' i loro campi producano in futuro
tonnellate di caffe', cacao, frumento. Non tutti s'illudono che i
contadini, sofferenti e malandati nelle loro misere capanne dopo secoli
di poverta' e schiavitu' economica, s'impegnino in un lavoro piu' duro e
meno proficuo.
Ma il senatore Arlacchi, dotato di una cocciutaggine sviluppata nei
tempi (lontani) della guerra alla mafia, non sembra voler rinunciare
all'entusiasmo per il risultato finale: "Non ti ricordi - insiste,
rievocando gli anni di esperienze comuni in Asia Centrale - del
Pakistan? Bene, adagio adagio abbiamo ridotto la produzione di oppio da
ottocento tonnellate a venti. Trent'anni fa si produceva oppio in tutta
l'Asia... Poi comincio' l'India negli anni Cinquanta a bloccarne la
coltivazione, quindi la Turchia, quindi l'Iran che in soli tre anni ne
annullo' completamente la produzione. Con l'Afghanistan siamo a buon
punto, credo, pero' c'e' la Birmania che produce la meta' dell'oppio del
mondo. Per risolvere questo problema abbiamo bisogno di cinquanta
milioni di dollari l'anno, per dieci anni".
In Colombia, la situazione non e' migliore. Terra di estrema violenza e
di narcotraffico vorticoso. Anche qui l'Onu, se vuole attuare il suo
piano di sviluppo alternativo, necessita di almeno 600 milioni di
dollari (oltre mille miliardi di lire), in cinque anni: "A Bogota' - dice
il capo dell'Unidcp - il risultato positivo e' stato quello di mettere
d'accordo il capo della polizia, generale Gallego, e i dirigenti della
Plante, l'agenzia di Stato che si occupa delle colture alternative. Che
hanno deciso di collaborare. Perche' il progetto vada in porto, occorrono
novantacinque milioni di dollari l'anno (oltre centosessanta miliardi di
lire), per dieci anni. La Colombia, che e' un Paese affluente rispetto
agli altri due, ha acconsentito di versare meta' della cifra. Pero' qui ci
vuole anche la mano pesante: la meta' dei terreni coltivati a coca e'
controllata dai narcotrafficanti. E noi saremo inflessibili. Tutte
quelle zone saranno inondate e sterilizzate dalle sostanze chimiche
versate sulla campagna da stormi di aerei".
La polizia colombiana ha messo a segno, giorni fa, un altro successo
arrestando l'ultimo capo del "cartello di Calí", Jose' Nelson Urrego, 44
anni, collaboratore e braccio destro del jefe di Medellín, Pablo
Escobar, fatto secco dalla polizia nel dicembre del '93. Jose' Nelson
stava rintanato in una fattoria di campagna, La Estrellia, con due
quindicenni, stregate dal suo fascino di uomo maturo, prestante e (senza
dubbio) facoltoso.
Qualche ora prima, ero passato per il quartiere piu' miserabile di
Bogota', el Cartucho (se non sbaglio), dove stava in mostra tutta
l'umanita' che Urrego e i suoi compañeros avevano contribuito a
distruggere, con la marijuana, la coca, l'eroina. Era una bella sera,
dolce, la temperatura s'era abbassata e sulle catapecchie del barrio si
stendeva una luce viola.
C'erano vecchi, giovani, donne e anche bambini: tutti volti senza eta',
di gente che la morte ha gia' agganciato e tiene per mano. Non usciamo
dalla macchina, per prudenza. Ma un ragazzino non resiste alla
tentazione di gridarmi la parola piu' bella che conosce della nostra
lingua: vaff... Un tale ci offre una bustina di coca di un grammo per 3
mila pesos, poco piu' di due dollari e un cartoccio di marijuana mille
pesos. A Roma, Londra o Parigi quel grammo di felicita' verrebbe a
costare - mi dicono - anche 100 dollari.
In Peru', il senatore Arlacchi si avventura in un piccolo villaggio della
valle di Apurimac, nel sud. Dal '95 e' in corso un progetto (dell'Onu)
per il cambio della coltura. Gli fanno una gran festa. I contadini sono
nei loro abiti tradizionali e agitano bandierine di carta, italiane e
tedesche. C'e' il sindaco, c'e' il ministro della salute e presidente
della Associazione antidroga, Marino Costa Baur.
Visibilmente emozionato dall'accoglienza, il nostro senatore fa anche un
discorso nel dialetto locale, il quechua. E' la lingua degli andini di
Ayacucho e dei ribelli di Sendero Luminoso, che sono in via di
estinzione, ma ce n'e' ancora qualcuno, laggiu' nella selva a sud del
fiume, che piange il suo capo, il comandante Guzman Gonzalo, condannato
alla cadena perpetua, l'ergastolo, che deve contentarsi di vedere il
cielo da un buco del muro e dentro e' gia' tutto marcio per una vecchia
malattia alla pelle e gia' tutto morto.
Didascalie:òEttore Mo òGUERRA A TAPPETO Un aereo impegnato nella
distruzione di coltivazioni clandestine di coca in Colombia. Gli Stati
Uniti hanno revocato ieri le sanzioni economiche come riconoscimento per
i progressi nella lotta ai "narcos" òPOTERI E CONTROPOTERI A fianco,
contadini in armi sorvegliano le piantagioni di coca in Colombia. Gli
interessi dei cartelli della droga nel Paese latinoamericano sfiorano la
politica: proprio ieri e' stato chiesto l'arresto di David Turbay,
presidente della "corte dei conti" colombiana. Turbay avrebbe ricevuto
circa 150 milioni di lire di mazzette da presunti prestanome dell'ormai
disarticolato Cartello di Calí. Qui sopra, Pino Arlacchi, direttore del
programma Onu per il controllo delle droghe