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Conferenza droga
Radio Radicale Roberto - 27 marzo 1998
GENERAZIONE CHIMICA
di Roberto D'agostino - Il Messaggero, 27-3-1998 (www.ilmessaggero.it)

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Li si incontra sempre piu' spesso il sabato sera, sulle piste delle discoteche, nei punti bui delle periferie, ai piedi di un cavalcavia, con lo sguardo ebete, fissi sul nulla, chinati a osservare un'ossessione che li fa sentire tanto liberi quanto lontani dal mondo e da se stessi. Il lunedi', pero', si rientra, si "torna dentro" alla vita normale. Sono i giovani della Generazione Chimica che vanno in Ecstasy. La droga piu' infame di tutte. Si compra con poco. Non fa paura come l'eroina. Si trova ovunque. Proprio per questo l'Ecstasy e' una "scimmia" insidiosa: la storditaggine giovanile, infatti, non la considera una tossicodipendenza e tende a minimizzare la pericolosita' della sostanza. Secondo i consumatori-tipo e' una droga "pulita", perche' non si inietta e non da' dipendenza fisica. A loro non interessa sapere i danni che fa, che ogni pasticca ingoiata agisce sul sistema nervoso centrale, bruciando per sempre i terminali di alcuni neuroni; che, come l'Lsd, anche l'Ecstasy puo' provocare stati di ansia

e crisi di panico; che quel senso di apatia, di depressione e di vuoto che sentono quando l'effetto finisce ha un nome preciso: dipendenza psicologica. E poi, se le assunzioni sono molto frequenti, ti si frigge a fuoco lento il cervello: una volta svegli, si e' sicuri di essere veramente desti? Difficile distinguere il sonno dalla veglia. Difficile distinguere l'allucinazione dalla realta'. E la frittata e' fatta.

Poi arrivano le campagne anti-droga, che hanno questo di pessimo: che avvengono sempre in un contesto rumoroso, vittimista o socio-catastrofico, sempre affrontato nei talk-show con tetra compunzione. Intendiamoci subito: bei discorsi, tutti "intensi e accorati", nessuno di noi saprebbe fare (e dire) di meglio. Ovvio che tutti gli interessati vogliano salvare le giovani generazioni dall'ago e dallo sniffo. Pero', si puo' sperare di vincere il "piacere" della droga affidandosi alla polizia e ai carabinieri? Non c'e' nessun discorso pubblico, legge ufficiale, che puo' resistere al fatto che sono dovuti finire li', a impasticcarsi di Ecstasy, per trovare un senso e una collocazione alla loro vita. Ecco le generazioni che hanno avuto piu' proteine e vitamine e soldi in tasca e scuole facili e famiglie disposte a tutto e vacanze senza precedenti nell'intera storia d'Italia, e sono cosi' infelici e autodistruttive. Quindi, agitare il cartello "Dire no alla droga" non significa niente perche' attizza l'attenzione so

lo sulle conseguenze (la microcriminalita' metropolitana, le cure dei servizi pubblici, le comunita' terapeutiche, il rientro nella societa'). Se guardiamo le cose dal punto di vista dei tossici, allora la droga appare subito per quello che e': non una "malattia" ma un "sintomo", se non addirittura un tentativo disperato di "rimedio" a un disagio che pare impossibile sopportare. Lo scrittore portoghese Jose' Saramago ha dichiarato in un'intervista (Il Messaggero, 13 giugno 1996) quanto segue: "La nostra paura numero uno e' naturalmente quella della morte, ma con questa abbiamo imparato a convivere e ci angoscia meno di un'altra: la paura di non vivere". Di non vivere davvero, di non vivere in modo significativo, di non vivere in modo abbastanza intenso. Di qui la ricerca di sensazioni forti. Che l'Ecstasy abbondantemente fornisce, aprendo una finestra su abissi di solitudine, frustrazione, disperazione. Il tormento e l'Ecstasy. Si tratta, infatti, di una gioventu' angosciata dalla fine. La fine della natura,

la fine delle speranze, la fine (probabilmente) della famiglia. Che reagisce cosi'. Precedendo e anticipando. Decretando e ingoiando un'estasi fa-da-te. Se stanno cosi' le cose e i dati ci dicono che in larga misura stanno cosi' la risposta alla domanda (perche' si drogano?) e' terribilmente determinata: si drogano per carenza di affetto, di comunicazione, di contatto, di un progetto sociale che li coinvolga, di una famiglia che richieda una loro presenza attiva.

Vanno in Ecstasy perche' hanno percepito drammaticamente l'inutilita' della loro esistenza, il suo precario tran-tran, il suo anonimo scorrere verso uno squallido finale che tanto vale affrettare se nel viaggio lo si puo' punteggiare di "estasi" inebrianti e a poco prezzo. Vanno in discoteca a impasticcarsi per la convinzione antica che nella vita quando se ne va la Poesia rimane la Farmacia cioe', quando si estingue la passione e l'anima tutt'al piu' sopravvive la chimica.

 
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