("Sole 24ore" del 27/5/98)"E' tesi ormai comune che, in Sicilia, Cosa nostra, incalzata e decimata nei suoi vertici da un'efficace strategia investigativa basata sul pentitismo, abbia rinunciato oramai a inserirsi in grandi "affari", oltre che allentato i suoi rapporti istituzionali e ridimensionato un precedente disegno terroristico.
Diversificando e territorializzando invece la sua attività economica con un maggior peso, a questo punto, del ramo "estorsioni". Ramo in cui, come segnalano i magistrati inquirenti (<>, 17 aprile 1998), sono state introdotte alcune innovazioni organizzative e di servizio che vale la pena riprendere: il "pizzo" preventivo, il "pizzo" deducibile e il "pizzo" selettivo. Proviamo ad aggiornare appunto, andando per ordine, il manuale dell'economia delle estorsioni.Nel caso del pizzo preventivo c'è una sua richiesta già ai primi segnali dell'inizio di una nuova attività commerciale; all'allestimento della vetrina inaugurale, insomma. Il titolare dell'esercizio preso di mira viene subito invitato a mettersi in regola. Il che consiste nel contattare il boss del quartiere pronto a "concertare" e determinare la "tassa per la protezione" con un amichevole e accattivante ridimensionamento rispetto alla domanda d'esordio. Una tassa che oscilla tra le 500mila e i due milioni al mese, raddoppiata da supplementi specifici per le festività pasquali e natalizie.
Come ogni tassa che si conosce anche questa può essere recuperata attraverso forme di deducibilità: ai commercianti infatti viene offerta la possibilità di scaricare la rata del pizzo con delle false fatturazioni oppure con pagamenti di forniture inesistenti o gonfiate. Un meccanismo, quest'ultimo, che provoca un allargamento del cerchio dell'illegalità. Una volta in possesso di documentazione fiscale falsa, l'estorto diviene ricattabile. Da vittima, è come se paradossalmente divenisse complice, e si vengono a creare forme di collusione con gli estortori che annullano ogni incentivo alla denuncia, dando luogo a quella vischiosità che è tipica del fenomeno estorsivo e ancor più dell'usura. Questo contribuisce anche a spiegare il basso numero delle denunce "ufficiali".
In alcune aree,la tassa è capillare e in qualche modo "calmierata", così da poter essere più facilmente sopportata; in altre è stata selettiva in passato, per evitare soffiate su episodi di latitanza,mentre ora ha assunto carattere pervasivo. In altre aree ancora si paga sulla base di un indice di gradimento e di compiacenza stabilito dalla "famiglia"locale.
Profili di discrezionalità assenti a quanto pare nella politica delle estorsioni orientate alle imprese edili: qui, per appalti e sub-appalti, si paga a tassa fissa: il 3% sull'importo netto dei lavori.
Alla base del fenomeno, seguendo le analisi piùrecenti, intanto una grande necessità di capitali liquidi, per finanziare difese nei processi, famiglie con membri in carcere, esili più o meno dorati. Con un'enorme facilità di arruolamento e coinvolgimento: il disagio sociale nei quartieri degradati - denunciano i magistrati - sotto questo profilo costituisce infatti uno straordinario incentivo a entrare nel mercato del lavoro criminale.
Di fronte alla conferma di razionalità e di intelligenza del modello estortivo, indenne finora, in gran parte, dalla penalizzazione del pentitismo, resta da riproporre una domanda di vecchia data: all'azione organizzata della criminalità sull'economia del territorio si contrappone oggi una lotta altrettanto organizzata? (Mario Centorrino)".