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Conferenza droga
Radio Radicale Roberto - 10 luglio 1998
LA ROTTA DELL'EROINA: IN ITALIA VIA SAMARCANDA
Una Maginot iraniana antidroga di 1000 chilometri spinge i traffici verso nuove strade

di Costantino Muscau - Corriere della Sera, 10-7-1998 (www.rcs.it/corriere/)

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TEHERAN, DAL NOSTRO INVIATO - La raccolta di oppio e' stata abbondantissima, tra marzo e aprile, nella confinante zona afghana di Kandahar. I satelliti dell'Onu in grado di localizzare i papaveri uno per uno, hanno rilevato che sono state superate le 2804 tonnellate del '97. Fatto riposare a maggio, il nuovo oppio ha preso la strada di casa nostra in giugno. Ma quest'anno piu' che in passato deve compiere una lunga deviazione, a causa della linea Maginot antidroga sempre meno perforabile. E' quella che si estende per oltre mille chilometri lungo i 1920 di confine che l'Iran ha in comune con Pakistan e Afghanistan. La linea comprende 210 fortini, 22 posti di blocco anticamion, 165 chilometri di canali, 630 di barriere in cemento armato, 78 di filo spinato. Una trincea contro cui sono finiti dal 97 a oggi 7000 trafficanti (arrestati).

Il rogo del 2 luglio scorso di 51mila chili di eroina, morfina e oppio non e' stato, cioe', un fuoco fatuo. E' stata la conferma che il "ponte del diavolo", ovvero l'Iran, "gettato tra i maggiori produttori e i maggiori consumatori di oppio e' sempre piu' duro da attraversare", afferma il responsabile antidroga iraniano Mohammad Fallah. "E di conseguenza il traffico e' costretto a imboccare nuove "autostrade", gia' sotto sorveglianza", commenta Pino Arlacchi, l'italiano responsabile da un anno dell'ufficio dell'Onu a Vienna per il controllo e la prevenzione della droga e che in giugno ha visto approvare da tutti i Paesi delle Nazioni unite il suo piano di sradicare le piantagioni illecite in 10 anni. "Un progetto non repressivo - spiega - che punta alla riduzione della domanda in Occidente, aiutando i tossicodipendenti, e della produzione, all'origine, aiutando i contadini a uscire dalla poverta' e ignoranza".

Intanto il nuovo raccolto, sia quello afghano sia quello birmano (1676 tonnellate nel 1997) e' in viaggio, sulle nuove rotte. L'autostrada piu' trafficata e' ora quella degli Stati dell'Asia centrale, lo snodo e' un punto ignoto, Rabat, in Afghanistan. Da li' le file di camion, Toyota e cammelli si dirigono verso il Kirghizistan e l'Uzbekistan, dove la mitica Samarcanda di Tamerlano e' diventata il nuovo crocevia mondiale dell'eroina. Oppure verso il Tourkmenistan, lungo il fiume Amudarya, o il mar Caspio per finire tra le accoglienti braccia delle mafie caucasiche. La maggior quantita' di morfina base approda, comunque, nella raffineria del mondo, la Turchia, che grazie anche alla divisione in due di Cipro consente ai piu' potenti mercanti di morte di fare i pascia' intoccabili.

Dalla sconosciuta citta' di Osh, nel Kirghizistan, una parte del carico prende invece la via per Mosca, pare su compiacenti velivoli militari. Anche l'ex Urss, infatti, deve affrontare il problema dei tossici. "Se e' per questo - aggiunge Pino Arlacchi - buona parte degli 8 milioni di eroinomani nel mondo non e' in Occidente. Da noi sono un milione "appena", fra cui 160 mila italiani che non cambiano di numero da 10 anni, cosi' come i 600 mila statunitensi o i 100 mila canadesi. Il flagello e' esploso in Asia: il solo Pakistan annovera un milione e mezzo di fumatori di eroina. Ma il vero business resta da noi". Una volta in Anatolia, il passo verso l'Europea e' breve: non seguendo piu' la rotta balcanica, la droga atterra, da un lato, in Spagna (Marbella), dall'altro, in Romania e Bulgaria.

Il filone birmano invece rifornisce gli Usa e l'Australia tramite i terminali di Chiang Mai in Thailandia e di Hong Kong, gestito per lo piu' dalla mafia nigeriana che usa anche la propria capitale, Lagos, come transit point fra 4 continenti: America, Africa, Asia e Europa. Una parte piu' piccola prende la storica Via della seta e serve il mercato cinese (un milione di consumatori). L'altro flusso mondiale di stupefacenti costretto a modificare il percorso e' la cocaina. La "neve" che viene dal Sudamerica (Colombia, Peru' e Bolivia, ma in questi due Paesi le coltivazioni sono calate del 40 e 10%) non attraversa piu' il Centro America (Panama soprattutto), la cocaina ora si ammassa a Caracas e si infila per le isole dei Caraibi (Aruba, Curacao, Portorico...) prima di sbarcare a Miami e Los Angeles e diffondersi negli Usa, dove il consumo e' caduto del 70%.

"La conferma che il panorama mondiale e' molto meno fosco di quanto si dipinga - chiosa Arlacchi -. Molti sono i successi ottenuti grazie agli sforzi di riconversione agricola dell'Onu e della comunita' internazionale. Abbiamo dimostrato che la mafia italiana, i cartelli colombiani e i signori del Triangolo d'oro non sono invincibili. Il Pakistan, poi, 15 anni fa immetteva sul mercato 800 tonnellate di oppio, ora 20. E prima hanno sradicato il papavero la Thailandia, l'Iran e la Turchia. Certo, restano le due grandi "fabbriche", l'Afghanistan e il Myanmar (ex Birmania), ma sono in corso contatti per la riconversione graduale delle loro colture. In fondo - conclude con ottimismo Arlacchi - tutto il loro oppio cresce in un'area piu' piccola della Repubblica di San Marino. E fa guadagnare ai due Paesi 200 milioni di dollari, circa 360 miliardi, quanto rende coltivare patate o produrre vino in qualche regione d'Italia".

 
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