Il sottosegretario dell'Onu ha firmato a Bogota' un piano da 200 miliardi per la riconversione delle coltivazioni di cocadi Sara Gandolfi - Corriere della Sera, 26 ottobre 1998
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BOGOTA' - "Un mondo libero dalla droga entro il 2008". Pino Arlacchi, sottosegretario dell'Onu e direttore esecutivo del Programma per il controllo internazionale delle droghe, rilancia con ottimismo la sua sfida a una delle grandi piaghe planetarie, "problema grave, si', ma risolvibile tenuto conto che se concentrassimo tutte le coltivazioni di coca e di oppio nel mondo otterremo un territorio grande appena quanto la Repubblica di San Marino". Novello Davide, con un budget di soli 65 milioni di dollari, contro il Golia del narcotraffico che gestisce un business stimato in 400 miliardi di dollari, Arlacchi riparte dalla Colombia dove giovedi' ha firmato un accordo col neopresidente Andres Pastrana per dare il colpo di grazia ai narcos.
Come?
"L'accordo prevede un forte sviluppo alternativo nelle zone di produzione della coca e una mappatura più precisa delle coltivazioni. E' la prima volta che Bogota' accetta il coinvolgimento diretto e su vasta scala dell'Onu. Il secondo obiettivo e' discutere con il presidente il legame tra il processo di pace avviato con la guerriglia e lo sviluppo alternativo del Paese".
Pastrana sta muovendo i primi passi per trattare con la guerriglia che da piu' di quarant'anni opera nel Paese. Sono interlocutori affidabili?
"Alcuni capi guerriglieri si sono dichiarati disponibili, in cambio di un'amnistia e di un loro reinserimento nella societa' civile e politica, a lavorare assieme al governo e al programma antidroga dell'Onu. E a rinunciare a quei 100-200 milioni di dollari che ogni anno prendono dai narcos per proteggerli dall'azione di polizia ed esercito".
I grandi cartelli della coca sono sconfitti?
"Si'. Un po' come e' avvenuto in Italia con la mafia, la Colombia e' riuscita a distruggere il mito dell'invincibilità dei cartelli criminali piu' potenti del mondo. I narcos non sono stati distrutti, il posto dei cartelli e' stato preso da tanti gruppi criminali di piccole e medie dimensioni che sono anche piu' pericolosi perche' meno visibili. Ma e' stato distrutto per sempre il mito della loro impunibilita'".
Pero' la narcomafia qui mantiene un forte potere di corruzione...
"I profitti del narcotraffico in Colombia sono di 2 miliardi e mezzo di dollari, pari ad appena il 2,6% del Prodotto nazionale lordo. Nessuno mi puo' dire che sono un nemico invincibile. I narcos forse comprano qualche deputato, ma non comprano il governo. Qui non esistono piu' narcodemocrazie. La situazione e' simile a quella dell'Italia tra gli anni '80 e l'inizio dei '90, quando esisteva una quota di parlamentari e di ministri collegati con la mafia che pero', per quanto forte, non ha mai condizionato da cima a fondo lo Stato".
Il suo programma mira all'eliminazione di tutte le coltivazioni di droga nel mondo entro 10 anni. Come e con che soldi?
"Prendiamo ad esempio l'America latina. Ai tre principali Paesi produttori - Colombia, Bolivia e Peru' - occorrono 356,8 milioni di dollari l'anno nei prossimi cinque anni per arrivare all'eliminazione delle coltivazioni illecite. E la meta' di questi fondi sono gia' stati stanziati da questi governi oppure vengono da aiuti allo sviluppo gia' operativi. L'obiettivo, piu' che realistico, non e' nato dalla testa di Pino Arlacchi per eccesso di protagonismo o di utopia, ma rientra in un piano di sviluppo alternativo che questi tre Paesi hanno elaborato fin dal 1995. Basti pensare che il Peru' nel corso degli ultimi tre anni ha ridotto del 55% le coltivazioni illegali. Se la comunita' internazionale farà la sua parte in termini di sostegno finanziario l'obiettivo sara' centrato in pieno: 110-120 milioni di dollari l'anno, la cifra che deve arrivare a questi Paesi, in fondo e' pari al costo di una ventina di chilometri di autostrada in un Paese come l'Italia".
Quanti contadini sarebbero coinvolti in questo piano?
"In tutta l'America latina sono appena 500 mila le persone che direttamente beneficiano della coltivazione della coca, il cui valore economico e' quello della coltivazione di patate in una regione grande quanto il Veneto".
Quali Paesi a parte l'America latina sono da tenere sotto più stretto controllo?
"Myanmar (la Birmania) e l'Afghanistan che producono da soli il 90% dell'oppio mondiale. L'Afghanistan in particolare rifornisce il 70-80% dei mercati dell'Europa occidentale. E c'e' il rischio che le coltivazioni si spostino nei Paesi confinanti come il Tagikistan o il Kazakistan".
Il suo accordo con i talebani in Afghanistan ha prodotto molte polemiche e pochi risultati. Rifarebbe cio' che ha fatto?
"Continuo e continuero' a farlo. Siamo delusi dei risultati ottenuti finora, le coltivazioni si sono ridotte ma solo a causa del cattivo tempo. L'unico atto concreto che abbiamo visto e' stata la distruzione di due tonnellate di oppio pari a 200 chilogrammi di eroina. Ma ho un mandato dell'assemblea dell'Onu e del segretario generale Kofi Annan che mi hanno ribadito l'invito a continuare".
Quindi e' giusto trattare con regime autoritari?
"E' doveroso. Noi dobbiamo intervenire e sviluppare relazioni, usando la tattica del bastone e della carota, perche' dobbiamo proteggere le popolazioni dai loro stessi governi. Se l'Onu restringesse il suo operato non sarebbe più l'Onu".