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Conferenza droga
Manfredi Giulio - 27 ottobre 1998
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("Sole24ore" del 23 ottobre)

"Roma - Arriva dalla Corte di cassazione una rivincita per il cittadino nella lotta contro le ottusità della pubblica amministrazione. Per burocrazia, spiegano i giudici di legittimità, non si può rischiare la vita di un cittadino. E l'eccesso di zelo del dipendente che si trincera dietro gli ordini di servizio impartiti dal capo non può diventare mero formalismo ostruzionistico. Soprattutto nel caso in cui il cittadino che chiede una prestazione ai dipendenti pubblici soffre.

La Corte di Cassazione, sesta sezione penale, con la sentenza 10987/98, depositata il 21 ottobre, ha infatti confermato la condanna che era stata inflitta, in primo grado nel '96 e in appello un anno dopo, al dipendente di una Usl calabrese: il quale, responsabile della distribuzione dei bollini per l'assistenza sanitaria, aveva rifiutato di consegnare quelli che gli erano richiesti da un utente per conto della propria madre, gravemente malata di cuore. Secondo i giudici di legittimità il comportamento del dipendente integra gli estremi del reato di omissione di atti d'ufficio, previsto dall'articolo 328 del Codice penale.

La condotta dell'imputato, che aveva sostenuto l'assenza di dolo per il fatto di aver agito in ossequio a un ordine di servizio, era stata stigmatizzata dalla Corte d'appello di Catanzaro che, confermando la pena già decisa dal Tribunale di Paola, aveva sostenuto che il comportamento del dipendente si è sostanzialmente rivelato <>. I giudici di Catanzaro,nell'arrivare a queste conclusioni, avevano tenuto conto della situazione di fatto. Al momento della domanda non vi era pubblico in ufficio; la cardiopatia della paziente, a cui servivano i bollini, inoltre, rappresentava in se stessa la necessità di provvedere e <>.

Per la Cassazione i magistrati catanzaresi hanno fornito una motivazione chiara e sufficiente alla loro decisione. <> il comportamento del dipendente come improntato <> fa diventare <> il richiamo alla direttiva di lavoro, <> durante l'ordinaria amministrazione. <>. A questa si sarebbe potuto provvedere <>, invece di nascondersi dietro le direttive di servizio, <> a esaudire la richiesta. E soprattutto per l'urgenza

di garantire assistenza sanitaria a una malata ad <> in caso di ritardo di adeguate cure.

Un comportamento, concludono i giudici della Corte, che vale a integrare in tutti i suoi elementi il reato di omissioni di atti d'ufficio. Fornendo ai cittadini lo scudo di una norma del Codice penale quando lo zelo ingiustificato compromette i diritti fondamentali.".

"LA RIFORMA CHE NON C'E' - La sentenza 10987/98 della Corte di Cassazione rende giustizia a due categorie di cittadini. Da un lato a quelli che si affannano agli sportelli oppressi dai labirinti di regole e direttive e che si imbattono, troppo spesso, in impiegati e funzionari che nascondono dietro lo zelo l'incuria verso il cittadino. Dall'altro a quei dipendenti pubblici che si prodigano, per orgoglio del prioprio ruolo, a turare con il lavoro quotidiano le falle aperte nella "nave pubblica" dai colleghi meno disponibili.

La Corte dimostra che la legge offre uno scudo contro la maleducazione e i rifiuti pretestuosi. Il fatto di cronaca che sta dietro la decisione dei giudici di legittimità ricorda,invece, un'altra cosa. Al di là delle grandi riforme messe in campo negli ultimi anni, che stanno facendo il loro lento corso, serve un'altra riforma, quella del costume dell'impiego pubblico. Che, sola, può dare sostanza, con l'espulsione dagli uffici della mancanza di collaborazione e del formalismo inutile, alla riscrittura delle regole".

 
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