I boss di Mosca, Tirana e Pechino sono ormai saldamente insediati nelle citta' italiane. "E' un'emergenza"di Attilio Bolzoni - La Repubblica, 19 marzo 1999
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MILANO - Forse ce ne siamo accorti un po' in ritardo perche' avevamo le nostre. E forse non abbiamo capito in tempo che quelle nostre - Mafia, Camorra, ' Ndrangheta e poi Sacra Corona Unita - gia' da anni erano legate alle altre. Sta di fatto che ultimamente ce li siamo trovati nel cortile di casa, i boss di Mosca e i trafficanti di Tirana, i cinesi che organizzano "il traffico degli umani" e i nigeriani delle schiave da marciapiede. Comunque, meglio tardi che mai. Ieri, a Milano, per la prima volta in Italia, si e' parlato a livello istituzionale delle mafie straniere che hanno invaso il nostro Paese.
E a Milano e' stato lanciato un vero e proprio allarme. Dal presidente del Senato Nicola Mancino. Dal procuratore nazionale Piero Luigi Vigna. Dal neoprocuratore generale di Milano Francesco Saverio Borrelli. Dal capo della polizia e dai comandanti di Arma dei carabinieri e Finanza. Dal presidente di Confindustria e da quello della Consob. Il convegno di Milano (organizzato dalla commissione parlamentare d'inchiesta sul fenomeno mafioso, dopo quello di Napoli sugli appalti e quello di Palermo sul riciclaggio) ci ha chiarito come stanno al momento le cose. Le altre mafie sono forti. Ma cio' che di loro piu' preoccupa, e' altro. Spiega Vigna: "E' la transnazionalita' del fenomeno che inquieta...". E aggiunge Borrelli: "I clan albanesi sono ormai gli eredi della ' ndrangheta calabrese".
Per un verso o per l'altro le criminalita' organizzate trapiantate in Italia si sono rivelate tutte pericolose, ma ce ne sono due in cima alla classifica dei rischi imminenti: quella albanese e quella kosovara. Ancora il procuratore Vigna: "Controllano tutte le fasi del traffico di droga... la mafia albanese si e' affiancata, in modo non conflittuale, ai gruppi mafiosi autoctoni con i quali interagisce a livello paritario". E ancora il procuratore Borrelli: "I gruppi criminali albanesi presentano caratteristiche che, se gli apparati repressivi non si muoveranno con prontezza, evolveranno inevitabilmente verso un assetto di dominio sul territorio... e' un'emergenza... La civile e cristiana disponibilita' italiana ad ospitare i poveri nel mondo ha aperto le porte, fatalmente, ai gruppi criminali di talune regioni flagellate da guerre e carestie". Un dato sui mafiosi di Tirana l'ha fornito alla fine il procuratore Vigna: dal 1992 ad oggi sono ben 1307 gli albanesi arrestati o denunciati per reati associativi.
Ma a Milano e' venuto fuori un altro numero molto interessante. E' quello che rivela l'altra faccia delle mafie, la meno violenta e quindi la meno visibile: la faccia dei soldi. Quanto riciclano i clan nel mondo? Un miliardo di dollari al giorno. Come individuare tutto quel denaro? Come rendere difficile la vita ai boss delle cosche siciliane che portano i loro soldi a Mosca e a quelli delle "brigate" russe che li portano in Italia e negli Stati Uniti? Le risposte degli addetti ai lavori. Piu' collaborazione tra gli organismi investigativi dei vari Paesi (Masone, capo della Polizia), misure immediate contro l' immigrazione clandestina che renderebbe tra i 5 e i 7 miliardi di dollari l'anno ai trafficanti (Giorgio Fossa, presidente della Confindustria), leggi piu' efficaci in tema di antiriciclaggio(Luigi Spaventa, presidente della Consob). Della necessita' di una legislazione europea, ha parlato Nicola Mancino, presidente del Senato. E ha detto: "Avremo una polizia europea e questo portera' anche alla presen
za di una magistratura europea. Nella lotta contro la criminalita' organizzata noi abbiamo una legge molto avanzata e molto apprezzata all'estero, il problema vero e' che non tutti i Paesi hanno la stessa legislazione". E poi: nuove regole per la confisca dei beni, maggiore attenzione ai rapporti che si intrecceranno tra la Banca centrale europea e i vari istituti di credito, legislazioni comuni anche per il fenomeno dell'immigrazione.
A proposito ancora di antiriciclaggio, il generale Lucio Macchia - comandante dello Scico della Finanza - ha ricordato a Milano la storia di un decreto mai emanato dopo la legge sulla trasparenza bancaria approvata 8 anni fa: "Quando l'attuale ministro del Tesoro, dodici mesi fa, annuncio' finalmente la promulgazione del decreto, le reazioni sono state per lo piu' levate di scudi: qualcuno ha parlato di violazione della privacy economica delle famiglie italiane, chi ha ritenuto che fosse inquietante, chi inopportuno, chi inutile. Nessuno pero' ha interpellato coloro che si occupano di queste cose".