LE COLTIVAZIONI DI COCA ED EROINA CONTINUANO A CRESCERE. ECCO LA MAPPAdi Sara Gandolfi - Corriere Economia suppl. al Corriere della Sera del 10.1.2000 ( http://www.corriere.it )
E' un business da 400 miliardi di dollari l'anno gestito da poche centinaia di famiglie sparse tra Colombia, Messico, Pakistan, Birmania, Afghanistan e Russia. Una multinazionale dell'illegalità che dà lavoro a milioni di persone, dal piccolo contadino sulle Ande al pusher delle metropoli occidentali. E il fatturato è in continua crescita. »E' tempo di ammettere, dopo due decenni, che la guerra degli Usa alla droga ha fallito . L'epitaffio, scritto in margine alla conferenza americana anti-narcotici svoltasi ai primi di novembre a Washington (presenti 34 Paesi dell'area), è stato in parte confermato dallo zar anti-droga statunitense Barry Mc Caffrey: »Le guerre hanno una fine, la droga è piuttosto un cancro, che attacca le nostre comunità, una malattia la cui cura richiede un investimento a lungo termine . Qualche cifra per valutarne l'impatto: nei soli Stati Uniti il costo delle droghe illegali per la società è di 110 miliardi di dollari l'anno; i profitti dei narcotrafficanti toccano i 57 miliardi; il gove
rno spende 18 miliardi in operazioni anti-narcotici.
Risultato della politica della »terra bruciata - repressione, fumigazione dei campi, sanzioni ai Paesi della lista nera - voluta da Ronald Reagan e proseguita da George Bush? Le coltivazioni di coca e di papavero da oppio si estendono sempre più nei Paesi in via di sviluppo, l'Occidente continua a comprare cocaina raffinata ed eroina sul mercato nero oscillando fra l'una e l'altra sostanza.
E ancora in impasse sembra l'approccio, più articolato, sostenuto dal Programma anti-droga dell'Onu diretto da Pino Arlacchi: riduzione della domanda nei Paesi consumatori e riduzione dell'offerta nei Paesi produttori, affiancando alla tradizionale repressione militare (centrata sulla fumigazione e lo sradicamento delle colture) nuovi progetti di sviluppo alternativo (caffè, cacao, riso, palma africana o pascoli al posto delle coltivazioni illegali).
AMERICA LATINA
In Bolivia la produzione di coca è crollata lo scorso anno del 46 per cento e il governo punta all'eliminazione totale entro il 2002. In Perù è scesa del 50 per cento rispetto al 1995, grazie a una rigida politica governativa e alle forti fluttuazioni del prezzo della foglia di coca che hanno spinto molti contadini ad accettare la riconversione delle colture. Ma a fare ombra a questi successi restano molti dubbi sulla competitività, a lungo termine, delle alternative proposte ai campesinos:
»Un agricoltore che produce duemila chili di caffè su cinque ettari può ricavare al massimo 2.600 dollari all'anno - spiega la rivista Narcomafie - mentre un solo ettaro di coca gli può fruttare 3.500 dollari .
Se comunque il raccolto è crollato nelle aree più tradizionali, esso è raddoppiato in Colombia che con 250 tonnnellate l'anno è diventata il principale Paese produttore di coca. La foglia è coltivata su circa 120 mila ettari, in particolare nelle zone controllate dalla guerriglia che dietro il pagamento di una »tassa di produzione offre la sua protezione sia ai cocaleros che ai trafficanti (incassando, secondo le stime del Congresso Usa, 600 milioni di dollari l'anno).
Ed è in costante crescita anche la coltivazione dell'amapola, il papavero da oppio, estesa ormai su 5.600 ettari per un totale di sei tonnellate di eroina.
I massicci aiuti americani alla Colombia (pari quest'anno a 289 milioni di dollari) non paiono porre alcun freno ai narcos che hanno imparato a gestire i propri affari via posta elettronica, internet e telefoni satellitari criptati.
Smantellati i famigerati cartelli di Medellin e di Cali, si sono fatti largo almeno 250 piccoli gruppi, autonomi e sofisticati, che a differenza degli ex »padrini non posseggono eserciti privati né ambizioni politiche: sono, semplicemente, commercianti di droga che, preso atto delle crescenti difficoltà a importare la »merce dai Paesi confinanti, hanno iniziato a finanziare direttamente i contadini colombiani.
Il piano dell'Undcp - che per ora ha in corso solo un progetto pilota di riconversione nell'area di Meta Caqueta - si è così arenato su due ostacoli importanti: il blocco del negoziato di pace fra governo e guerriglia e il fatto che almeno l'80 per cento delle coltivazioni di coca - come denuncia il capo della polizia anti-narcotici José Leonardo Gallego - è ormai su base agro-industriale (piantagioni di 100-150 ettari), con contadini alle dirette dipendenze dei narco-capitalisti .
ASIA
Oltre il 90 per cento dell'oppio usato per fabbricare l'eroina - per il 1999 si stima una produzione globale di seimila tonnellate, con un incremento del 60 per cento rispetto allo scorso anno - proviene da Afghanistan e Birmania. I progetti di sviluppo alternativo dell'Undcp - che prevedevano una spesa in ognuno dei due Paesi di 25 milioni di dollari l'anno, per dieci anni - sono naufragati di fronte all'inaffidabilità dei talebani a Kabul e della riluttanza dei Paesi donatori a finanziare programmi in Paesi retti da regimi fortemente anti-democratici. Grazie alle buone condizioni meteorologiche e agli alti prezzi (tra i 40 e i 60 dollari al chilo), il raccolto in Afghanistan ha toccato le 4.600 tonnellate nel '99, il doppio rispetto al '98.
Con 10 tonnellate di oppio si fa una tonnellata di eroina: i talebani, che controllano oltre i nove decimi del territorio nazionale e usano la droga anche come arma di ricatto per ottenere il riconoscimento internazionale, esportano in Europa, con la collaborazione della potente mafia pachistana, l'80 per cento di eroina. L'Undcp continua comunque a portare avanti, direttamente con i contadini, i suoi progetti di sviluppo alternativo nei distretti di Maiwand, Ghorak e Khakrez, dove 400 ettari di oppio sono stati sradicati in giugno.
In Birmania la produzione del 1999 è approssimativamente di 1.200 tonnellate, con un calo lievissimo rispetto al 1998. Un rapporto pubblicato nel febbraio 1999 dal dipartimento di Stato americano accusa il governo di Rangoon di firmare accordi con gruppi etnici ribelli che di fatto implicano una vasta tolleranza per il loro business nella droga e denuncia una forte presenza di elementi corrotti delle forze armate coinvolti nel traffico di droga.