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Conferenza droga
Radio Radicale Andrea - 3 marzo 2000
Capitolo I

L'antiproibizionismo in Italia. Momenti importanti della sua storia, livelli organizzativi, rapporto con i partiti.

Nei primi anni '70, l'antiproibizionismo incomincia ad essere oggetto di discussione politica tra l'opinione pubblica, come tema di dibattito sollevato dal movimento per i diritti civili che si sviluppa in quegli anni in Italia.

Con una lettera al "Messaggero" nel gennaio 1973, Pannella apre la campagna per la depenalizzazione e liberalizzazione delle droghe leggere, campagna che segue una stagione di penalizzazione dei giovani che fumano "spinelli".

La parola d'ordine era: "contro la droga di stato e per la liberalizzazione delle droghe leggere", per sottrarre migliaia di giovani al "fermo di droga" (cfr. Teodori, 1980, p. 23).

La campagna per la liberalizzazione delle droghe leggere trova il suo momento culminante il 2 luglio 1975 con l'arresto di Marco Pannella, che deliberatamente fuma in pubblico marijuana.

In carcere, Pannella rifiuta di chiedere la libertà provvisoria fino a che non riceve, dai Presidenti della Camera e del Senato, l'impegno e la garanzia a discutere ed a porre in votazione, entro 4 mesi, la legge di riforma. Di lì a qualche mese la legge viene approvata [cfr., Prova Antiproibizionista, 1997, p. 8].

Azioni di disobbedienza civile sulla droga vengono svolte periodicamente dai radicali, come momento di discussione e di iniziativa politica. Scrive Teodori: "Non c'è stato congresso radicale durante gli anni settanta che non abbia dedicato alla battaglia un gruppo di lavoro, con la partecipazione dei diretti interessati, e che non abbia portato ad una qualche risoluzione" [Teodori, 1980, p. 23].

Al XVII congresso del Partito Radicale, svoltosi nel 1976 a Napoli, una mozione approvata fa esplicito riferimento alla questione: "Il Congresso, poi, considerata la progressiva diffusione dei derivati della canapa indiana, il dilagare del fenomeno dell'eroina con conseguenze anche mortali, la recrudescenza della repressione nei riguardi di consumatori di canapa indiana (in particolare i coltivatori di erba per uso personale, che con la legge attuale vengono puniti al pari dei grandi produttori), ripropone con urgenza la necessità dell'analisi del fenomeno. Impegna altresì il partito a promuovere forme di lotta radicali non violente e di disobbedienza civile (autodenuncia, detenzione e coltivazione di canapa indiana, occupazione simbolica di manifatture di tabacchi dello Stato), allo scopo di sollecitare in sede legislativa la proposta e l'approvazione degli emendamenti alla legge 685. Il Congresso raccomanda inoltre alle associazioni radicali di promuovere la costituzione di consultori di informazione e di

assistenza legale" [Partito Radicale, 1985, pp. 57-58].

Vale la pena ricordare che la disobbedienza civile attuata dai radicali è praticata per rivolgersi al senso di giustizia della comunità, stimolando quest'ultima a prendere coscienza di una situazione che viene giudicata ingiusta, grave e manifesta.

Essenziale per la disobbedienza civile è la pubblicità delle azioni per la sua natura squisitamente politica. Si spiega così il motivo per cui alle numerose azioni di disobbedienza civile i radicali hanno sempre cercato di dare il massimo risalto [cfr. Pannella, 1997].

La nuova legge sulle droghe (L.685/1975), analizzata più avanti, giunta al termine di un travagliato itinerario parlamentare, grazie anche all'azione nel paese svolta dai radicali, pur rappresentando un passo avanti in senso liberale rispetto alla normativa precedente, non rispondeva certo ai criteri e ai princìpi propugnati dagli antiproibizionisti, per cui iniziò subito la battaglia per la revisione. La fine degli anni '70 coincide però con l'aggravarsi della "questione droga". La situazione è infatti ben diversa da quella di una decina di anni prima. Allora l'eroina non esisteva, o quasi, in Italia e la diffusione di sostanze proibite riguardava soltanto i derivati della cannabis: le iniziative antiproibizioniste erano perciò concentrate soprattutto per denunciare l'uso repressivo delle leggi nei confronti di comportamenti generazionali e contro-culturali.

All'inizio di settembre del 1979 il ministro della sanità, il liberale Renato Altissimo, in un'intervista all' "Europeo", parla della somministrazione controllata dell'eroina ai tossicodipendenti. L'intervista è al centro di un intenso dibattito per un paio di mesi.

Durante il suo mandato da ministro, Altissimo produce per la prima volta un "rapporto droga" sulla situazione italiana a partire dai pochi e frammentari dati a conoscenza delle autorità sanitarie e di pubblica sicurezza ed appronta una serie di dossier a partire dall'analisi dei dati e dai suggerimenti di gruppi di studio inviati in Gran Bretagna e negli Stati Uniti.

"Il 10 marzo 1980, rispondendo alla Camera alle nostre interrogazioni, Altissimo annunciava un programma di interventi individuati nel dettaglio operativo che sarebbero forse stati messi in atto se non fosse subito dopo caduto il governo" [Teodori, 1980, p.26].

Nel dicembre 1979 viene presentata da deputati radicali e socialisti, primo firmatario Massimo Teodori, una proposta organica di revisione della legislazione incentrata sulla liberalizzazione delle "droghe leggere" e sulla distribuzione controllata ai tossicodipendenti delle sostanze da cui dipendono. Negli stessi giorni si fanno arrestare il segretario del Pr, Jean Fabre, ed Angiolo Bandinelli, consigliere comunale a Roma, per una pubblica "fumata" di marijuana.

Nel 1980 il Partito Radicale raccoglie oltre 500.000 firme su di un referendum per la legalizzazione delle droghe leggere; il referendum avrebbe dovuto tenersi nella primavera del 1981, ma nel gennaio di quell'anno la Corte costituzionale lo giudica inammissibile.

Veniva quindi individuato nel referendum uno strumento alternativo al presunto immobilismo legislativo, in grado di proporre temi di grande rilievo civile e sociale, chiamando i cittadini a decidere direttamente anche in contrapposizione alla politica dei partiti. Queste azioni politiche, pur non conducendo a nuovi esiti legislativi, raggiunsero l'obiettivo di diffondere una sensibilizzazione nei confronti delle posizioni di tipo liberale [cfr., Prova Antiproibizionista, 1997, pp.8-9]. Fu solo alla fine degli anni '80 che il dibattito sulla legalizzazione e sull'antiproibizionismo riprese vigore, nel momento in cui si fece acceso il dibattito sull'inasprimento delle pene per i consumatori e per gli spacciatori.

Nel 1988 nasce il Coordinamento Radicale Antiproibizionista, l'Associazione del Partito Radicale che da allora si occupa delle iniziative per la riforma delle politiche sulla droga.

Nel 1989 si costituisce a Roma la Lega Internazionale Antiproibizionista.

Caratteristica di queste due associazioni è quella di essere aperte ai non radicali e a quanti mostrano sensibilità ai temi antiproibizionisti.

Esse agiscono come delle lobbies di tipo democratico, con l'obiettivo di organizzare mobilitazioni in Italia e a livello internazionale, soprattutto nelle istituzioni.

In questo senso, ma al di fuori di queste due associazioni, molti antiproibizionisti danno vita nel 1989 e nel 1990 alla presentazione di liste "Antiproibizionisti sulla droga contro la criminalità politica e comune", che eleggono nel 1989 un parlamentare europeo e nel 1990 sei consiglieri regionali in Piemonte, Lombardia, Liguria, Veneto, Lazio ed Abruzzo, quattro consiglieri provinciali e sei comunali a Milano, Torino, Genova, Bologna, Trento e Roma, con l'obiettivo dichiarato di porre al centro delle istituzioni il tema della riduzione del danno e delle iniziative contro i grandi traffici internazionali e il mercato nero.

Nello stesso periodo, aumentano i consensi sulle proposte antiproibizioniste da parte di altri esponenti politici. Non solo singole personalità del mondo politico, di destra o di sinistra, ma anche singoli partiti fanno di questa battaglia un punto di riferimento: i Verdi e Rifondazione Comunista sono schierati per la legalizzazione delle droghe leggere e i Centri Sociali hanno posizioni marcatamente antiproibizioniste, anche se è ancora l'area radicale che si rende protagonista di iniziative dirompenti.

Alla fine del 1991, il Cora promuove un referendum per l'abolizione delle sanzioni penali per il consumo di droga e per il riconoscimento della libertà terapeutica nella cura delle dipendenze: nel 1990 la legge sulla droga era stata infatti modificata.

Il semplice consumo di droga era divenuto nuovamente illecito penale ed erano stati di fatto proibiti i trattamenti delle dipendenze con farmaci sostitutivi [cfr. Cora, 1994].

Rimandando ai capitoli successivi l'analisi più dettagliata della legge, del quesito referendario e delle successive modifiche legislative, qui ricordiamo solamente che il referendum svoltosi nel 1993 viene vinto con il 52% circa dei voti a favore.

A conferma del carattere lobbistico del Cora, vale la pena ricordare che durante la campagna elettorale per le elezioni politiche del 1992 il Cora dichiara il proprio sostegno ai candidati antiproibizionisti presenti in diverse liste (Rifondazione Comunista, Verdi, Lista Pannella, Pds) e che per iniziativa dei parlamentari iscritti al Cora presenti nel Parlamento italiano si costituisce l'intergruppo antiproibizionista.

Lo stesso metodo fu usato durante le elezioni amministrative del 1993, svoltesi con un nuovo e diverso sistema elettorale. Il Cora propone ai candidati sindaci il proprio progetto per la creazione di una "Agenzia comunale sulle tossicodipendenze".

Adriano Sansa, candidato a Genova (poi eletto sindaco) si dichiara favorevole alla distribuzione controllata di eroina [cfr. Cora, 1994].

Altro strumento di pressione fu la raccolta di firme iniziata a novembre del 1993 su due proposte di legge di iniziativa popolare: per una nuova politica sulla droga, per la legalizzazione della cannabis e dei suoi derivati e per una nuova politica e cura dell'Aids.

Le firme necessarie (50.000) furono raccolte e superate, ma le due proposte di legge non furono mai inserite all'ordine del giorno della discussione in nessuna delle due Camere.

Nel 1995, il rilancio della campagna per la legalizzazione delle droghe leggere viene di nuovo affidata ad iniziative di disobbedienza civile, durante le quali viene distribuito gratuitamente e pubblicamente haschish.

Nel gennaio 1996, vengono depositate oltre 500.000 firme in calce ad un referendum per la legalizzazione delle droghe leggere ed un anno dopo la Corte Costituzionale lo dichiara inammissibile, motivando la sentenza con il vincolo costituito dalle convenzioni internazionali, che vieterebbero l'adozione di queste politiche di legalizzazione.

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