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Conferenza droga
Radio Radicale Andrea - 3 marzo 2000
Conclusioni

Nel corso di questo lavoro ho presentato gli aspetti essenziali della politica sanitaria in materia di droga proposta dagli antiproibizionisti.

L'analisi del movimento antiproibizionista ci ha portato ad osservarne anche i caratteri ideologici.

Secondo alcuni rappresentanti del movimento, Marco Pannella, Massimo Teodori, Marco Taradash, Fabrizio Storace ed altri, il proibizionismo è considerato la causa principale dello sviluppo della criminalità organizzata e in genere dei reati connessi alla tossicomania.

Il proibizionismo sviluppa un'economia sommersa illecita che sottrae risorse a quella legale e legittima.

Abbiamo anche visto che il movimento antiproibizionista nasce all'interno del più ampio movimento per i diritti civili: infatti, esso è considerato come un modo per difendere le libertà personali.

Usare droghe non è di per sé un reato, in quanto è assente la parte lesa: perciò lo Stato non può imporre i suoi metodi, che sono considerati come lesivi della privacy e degli elementari diritti costituzionali. Per questo, non si possono colpire i tossicomani: la scelta di usare sostanze psicotrope illegali non costituisce un fenomeno patologico, ma una scelta personale su cui lo Stato non ha il diritto di interferire.

Abbiamo anche accennato alle varie ipotesi di legalizzazione, presentando i modelli su cui si è maggiormente discusso nel corso degli ultimi anni, in particolare il modello medico, quello che meno si discosta dal regime attuale. Al di là dei diversi modi di accostarsi all'antiproibizionismo, vale in ogni caso la pena sottolineare che essi mirano ad un obiettivo di fondo: separare il problema della droga dalla repressione prevista dalla legge, come premessa alla legalizzazione della produzione, del traffico e del consumo.

Abbiamo riferito anche a quali potrebbero essere, secondo gli antiproibizionisti, i vantaggi della legalizzazione, vale a dire: riduzione delle spese governative destinate alla repressione del fenomeno; nuove entrate per lo Stato grazie alle tasse sulla produzione e sulla vendita di droga; miglioramento della qualità della vita nelle città; diminuzione del numero di omicidi, di rapine e di furti e miglioramento della qualità della vita per molti consumatori di droga e per i tossicodipendenti.

Analizzando nel concreto le iniziative degli antiproibizionisti, ci siamo soffermati sui risultati del referendum del 18 aprile 1993, che aveva parzialmente modificato la legge 162 del 1990.

Il referendum ha indicato che il carattere punitivo della legge doveva lasciare il campo ad un'impostazione più pragmatica dei problemi collegati al consumo degli stupefacenti, limitando gli effetti penali della stessa legge 162.

Abbiamo anche visto come gli effetti del referendum sono stati in parte disattesi dalla giurisprudenza prevalente, che si è orientata nel senso di escludere la destinazione ad uso personale in tutti i casi di detenzione di sostanze in "quantità non modiche".

In questo modo, si è favorita la criminalizzazione di decine di migliaia di cittadini e il sovraffollamento delle carceri, processi entrambi favoriti, se non esplicitamente sostenuti, da quel mondo politico e legislativo nel quale esiste una fortissima opposizione all'apertura di brecce nel regime proibizionista.

Ma le politiche di "riduzione del danno" si sono diffuse in tutti gli Stati europei, influenzandone fortemente le politiche sulla droga.

Abbiamo esaminato il "manifesto" più rappresentativo di tale politica, che è costituito dalla "Risoluzione di Francoforte" che è una dichiarazione sottoscritta, a partire del 1990, dai rappresentanti delle municipalità di numerose città europee, proprio a Francoforte.

Sebbene queste proposte non rappresentino la politica di nessuna nazione in particolare, alla "Risoluzione di Francoforte" hanno aderito moltissime città che cercano di attuare le politiche di riduzione del danno nelle forme possibili date dal loro ambiente sociale, culturale e politico.

La costituzione dell'agenzia comunale di Torino sulle tossicodipendenze, rappresenta uno dei primi esempi di come anche in Italia si sia cercato di dare attuazione alle politiche sulla riduzione del danno.

Ma sono il "modello olandese" e l'esperienza svizzera i due esempi più significativi, in Europa, di applicazione di modelli di riduzione del danno.

Abbiamo visto che in Olanda, la depenalizzazione del consumo e della vendita al dettaglio di hashish e marijuana, iniziata sin dai primi anni '70, si è rivelata corretta per realizzare la politica di separazione dei mercati delle droghe leggere da quelle pesanti.

L'Opium Act, approvato nel 1976, e le sue successive modifiche che distinguono il traffico internazionale da quello nazionale, e tra droghe pesanti (oppiacei, cocaina, eroina) e droghe leggere (cannabis), costituiscono un esempio originale di tolleranza del fenomeno del consumo delle droghe leggere, che non ha costituito grandi problemi a livello sociale.

Anche la messa in pratica del concetto di normalizzazione, secondo il quale la droga non si può eliminare, ma bisogna convivere con essa per riuscire a contenerla il più possibile, ha consentito all'Olanda di realizzare una rete terapeutica e d'assistenza sociale per i tossicodipendenti come in pochi altri paesi europei.

Secondo le autorità mediche e politiche olandesi, è più serio e responsabile perseguire un sano pragmatismo che insegni a convivere con il problema della droga e una normalizzazione del rapporto tra la società e i tossicodipendenti, rispetto ad una "guerra alla droga" che si è rivelata irrealistica e inefficace.

La stessa impostazione è stata seguita in Svizzera, soprattutto per quanto riguarda i risultati dell'esperimento di somministrazione controllata di eroina.

Le condizioni di salute dei tossicodipendenti inseriti nei programmi sono decisamente migliorate: l'eroina di per sé non è stata causa di gravi danni alla salute se usata in condizioni igieniche ed ambientali accettabili.

In Svizzera, si è compreso che l'eroina "pulita" tutela la salute del consumatore e lo tiene lontano dalla "strada".

Per la società è meglio prendersi cura della salute dei tossicodipendenti e adoperarsi per tenerli nel contesto della società, evitandone l'emarginazione sociale piuttosto che aggravare la situazione dell'ordine pubblico e provocare maggiori oneri sociali per i cittadini.

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