CORA - Coordinamento Radicale AntiproibizionistaOSSERVAZIONI CRITICHE SULLE TENDENZE RECENTI DELLE POLITICHE EUROPEE IN MATERIA DI DROGHE
di Nicola Giovannini
1. Sotto il segno della riduzione "dei danni".
Secondo l'ultima relazione annuale (1999) dell'Osservatorio europeo sulle droghe e le tossicodipendenze (OEDT), "l'Europa si sta gradatamente allontanando da risposte repressive, concentrandosi invece maggiormente sulla prevenzione, sul trattamento e sulla necessità di ridurre i rischi provocati dal consumo di stupefacenti".
Quindi, dopo anni di scarsa considerazione in molti Paesi, la riduzione del danno verrebbe sempre più riconosciuta quale importante strumento nelle politiche nazionali e locali sugli stupefacenti. E si sarebbe avviata in Europa una fase di riconoscimento legale, professionale e politico di una serie di attività - distribuzione delle siringhe, locali per iniettarsi gli stupefacenti, trattamenti con sostanze sostitutive - che tentano di ridurre i danni sanitari, sociali ed economici provocati dalla tossicodipendenza.
Tra i segni più salienti di questa volontà di concentrare gli sforzi su una strategia di prevenzione e di aiuto ai tossicodipendenti, si può includere, oltre alla diffusione dei trattamenti di sostituzione, il lancio in parecchi Stati, e su scala più o meno ampia, di programmi di somministrazione medicalmente controllata di eroina per i tossicodipendenti gravi che rifiutano trattamenti di sostituzione. Malgrado i solidi pregiudizi che ostacolano la presa in considerazione di questa opzione, certi Paesi hanno finalmente capito che questa misura è la più idonea per strappare i tossicodipendenti dal contesto deleterio della clandestinità e della criminalità. L'esperienza svizzera ha indubbiamente consentito di dare alla distribuzione controllata di eroina una validità scientifica appurata. Infatti, quest'esperienza - avviata nel 1994, valutata positivamente in un rapporto ufficiale del 1997 e approvata dal 54,5 % dei cittadini svizzeri il 15 giugno 1999 (con un consenso massiccio nelle città più colpite dal fe
nomeno) - ha dimostrato i suoi vantaggi incontestabili sul piano sanitario, sociale e penale.
Questo successo ha convinto parecchi Paesi a seguire l'esempio svizzero. Oltre l'Olanda, ad esempio, la Germania ha formalizzato, il primo ottobre 1999, un programma di distribuzione controllata di eroina che coinvolge sette città, per un totale di 700 eroinomani. Questa decisione è stata agevolata da un consenso sempre più diffuso sulla necessità di questa misura tra gli attori principali della politica tedesca sulla droga. Basta ricordare l'appello di giugno 1998 - sottoscritto, tra gli altri, da 12 capi di polizia tedeschi (tra i quali il prefetto di polizia di Bonn, Dierk Schitzler, e il capo di polizia di Hannover, Hans Dieter Klosa) insieme a esperti medici e personalità politiche - che chiedeva di porre un termine alla guerra alle droghe e di introdurre la distribuzione controllata di eroina.
Nella stessa prospettiva di riduzione dei danni provocati dall'uso problematico di stupefacenti, i medesimi Paesi hanno deciso di aprire delle narcosale. Il 25 febbraio 2000, il Parlamento tedesco ha legalizzato le narcosale per i consumatori di droga nelle città che ricevono l'approvazione del loro Stato. Queste strutture devono offrire un accompagnamento psicosociale, siringhe sterilizzate e altri servizi di riduzione dei danni. L'esempio di Francoforte, prima città a istituire narcosale in Germania, aveva dimostrato il successo di queste strutture nel ridurre rischi di overdose e di diffusione di malattie infettive tra i consumatori di droga. Pure nella Spagna di Aznar, le narcosale hanno ricevuto un riconoscimento legale nell'ultimo Piano nazionale sulla droga, adottato all'inizio di quest'anno.
Occorre sottolineare che queste decisioni sono state prese malgrado le critiche molto severe dell'Organo Internazionale di Controllo degli Stupefacenti (OICS). Nella sua ultima relazione annuale, pubblicata il 23 febbraio 2000, l'OICS ha pure condannato le autorità nazionali, regionali o locali che hanno permesso l'apertura di narcosale. Secondo L'OICS, esse costituiscono un'infrazione alle convenzioni internazionali sul controllo delle droghe, perché incentivano la commissione di reati come il possesso, il consumo e il traffico illeciti di droghe. L'OICS ribadisce che, ai sensi della Convenzione del 1988, gli Stati firmatari sono tenuti a lottare contro il traffico di droghe e a conferire il carattere di reato penale all'acquisto e alla detenzione di droghe destinate al consumo personale (non a scopo medico).
2. Verso il regno arbitrario della tolleranza de facto?
Se la strategia di riduzione dei danni si è maggiormente diffusa in questi ultimi anni, il principio generale seguito da tutti i Paesi dell'Unione europeo rimane però quello del divieto di possedere e/o consumare droghe. Secondo l'ultimo rapporto dell'OEDT, "in nessuno Stato membro la legalizzazione è considerata una via percorribile, nonostante la consapevolezza che i procedimenti giudiziari e la carcerazione per gli individui con problemi di droga provochino problemi ancora maggiori". Ma quasi tutti gli Stati rifiutano di adottare la soluzione estrema della dura repressione nei confronti dei semplici consumatori di droghe. Si osserva quindi una tendenza generale alla depenalizzazione di determinati comportamenti legati al consumo e al possesso di droga per uso personale. Tuttavia, si tratta di una depenalizzazione o tolleranza de facto e non de jure. Questa tolleranza si esplica, in realtà, attraverso l'applicazione del principio dell'opportunità dell'azione penale, il quale consente al giudice di rinunci
are o no, secondo il caso, a perseguire penalmente il semplice consumo o il possesso per uso personale. Certi Paesi hanno introdotto delle direttive ministeriali che permettono al sistema giudiziario di rispondere, in maniera detta 'flessibile', a questi due comportamenti che rimangono illeciti. La Francia, per esempio, ha recentemente preconizzato di sostituire le sanzioni penali con delle sanzioni amministrative. Per quanto riguarda il Belgio, il principio vigente è quello di dare la più bassa delle priorità in materia di procedimento giudiziario nei confronti dei reati per consumo non "problematico" o possesso per uso personale di cannabis. Ma siccome la legge sugli stupefacenti non è stata modificata, parecchi ministeri pubblici continuano a promuovere azioni penali nei confronti dell'uso anche "ricreativo" di droghe. Questa situazione di tolleranza pragmatica, o de facto - che rischia anche di diffondersi nei vari Paesi europei - contraddice, quindi, il principio dell'uguaglianza di tutti davanti alla l
egge, perché il principio di "depenalizzazione" è applicato arbitrariamente, a seconda del luogo dove quello che rimane un reato ai termini di legge è stato perpetrato. Di conseguenza, sebbene in molti Stati membri si tenda a ridurre l'enfasi su procedimenti giudiziari e incarcerazioni di tossicodipendenti, gli arresti effettuati dalle forze dell'ordine e gli indicatori del consumo di droga in carcere evidenziano una certa contraddittorietà tra teoria e pratica in alcuni settori del sistema giudiziario.
Nell'ambito di questo quadro complessivo, certe voci ufficiali si esprimono a favore di un cambiamento radicale della politica attuata finora in materia di droghe. Come esempi più recenti, si può rilevare il Rapporto d'attività '98/'99 del servizio di polizia criminale belga, ossia un organo dipendente del Ministero della Giustizia, e il rapporto realizzato dal capo della polizia di Cleveland nel Regno Unito. Questi rapporti mettono in rilievo gli effetti perversi della strategia proibizionista e ritengono che non si può trascurare l'opzione della legalizzazione controllata delle droghe, a patto che sia accompagnata da una politica di prevenzione primaria.
Ma la critica indirizzata alla politica vigente si concretizza anche in proposte di legge. Due recenti proposte di legge belghe illustrano, ad esempio, la volontà di ritrovare lo spirito del diritto, riaffermando il principio secondo il quale spetta alla legge definire gli atti punibili. Uno di questi progetti di legge propone proprio di legalizzare, e quindi di regolamentare, la distribuzione di cannabis, attraverso un Istituto federale di controllo e di certificazione. Gli autori affermano che questo sistema permetterebbe di strappare la cannabis e i suoi consumatori dal circuito illegale e mafioso di cui sono oggi ostaggi, di controllare la qualità del prodotto messo in vendita e di sviluppare una vera e propria politica di prevenzione, impedita dal contesto di criminalizzazione/stigmatizzazione vigente.
Un dibattito similare si è sviluppato recentemente in Svizzera, dove, l'8 marzo 2000, il Consiglio degli Stati (seconda Camera del Parlamento) ha approvato due proposte dei cantoni di Zurigo e di Basilea-città che miravano a cancellare la cannabis dalle leggi sugli stupefacenti e a organizzare il mercato di questa sostanza sotto controllo dello Stato. Il Consiglio Nazionale (prima Camera) aveva pure espresso il suo sostegno alla legalizzazione della cannabis; adesso la decisione spetta al Consiglio federale.
Altri Paesi, come il Regno Unito, continuano, però, a volere mantenere la linea dura della "lotta contro la droga", scartando decisamente l'opzione della legalizzazione controllata. Le dichiarazioni recenti, secondo le quali il Governo inglese avrebbe intenzione di autorizzare l'uso medico della cannabis, devono essere accolte con molta prudenza. Infatti questa "concessione" consente al Governo di Tony Blair di evitare ogni ammorbidimento della via proibizionista sul lato dell'uso ricreativo di questa sostanza. Occorre tener presente che la legalizzazione della cannabis terapeutica rappresenta più un ostacolo che un segno annunciatore di un sistema di legalizzazione controllata delle droghe. A dire la verità, si tratta di una misura ipocrita, perché non annulla per niente i danni gravi e gli effetti perversi che la proibizione dell'uso, anche se ragionevole e individualmente controllato, provoca sulla vita di numerosi consumatori.
3. Una strategia politica senza una vera e propria valutazione.
Il fallimento della politica proibizionista in materia di droghe è difficile da contestare. Basta leggere gli ultimi rapporti dell'OEDT e dell'OICS per osservare che i due versanti della strategia politica europea e mondiale in questo campo, ossia la riduzione dell'offerta e la riduzione della domanda di droghe, non riescono a raggiungere gli obiettivi previsti: tanto l'offerta quanto la domanda di droghe conoscono un accrescimento sostanziale. Inoltre, si assiste all'aumento del consumo tra individui sempre più giovani e allo sviluppo del consumo simultaneo di più droghe. Se la sostanza illegale più usata in tutti i Paesi è la cannabis - che ha conosciuto nell'ultimo decennio un aumento della sua diffusione ovunque - una delle preoccupazioni maggiori dei Governi europei è la diffusione massiccia delle cosiddette "nuove droghe" o droghe sintetiche. A questo proposito, occorre sottolineare che la mancanza di conoscenze serie e affidabili provoca una sproporzione considerevole tra i fatti e la loro pubblicizz
azione mediatica o politica, tant'è che lo stesso Osservatorio europeo sulle droghe sostiene che "nonostante la grande pubblicità intorno ai decessi connessi all'ecstasy, il numero ... è limitato". Per quanto riguarda il consumo di droghe pesanti, la stessa impossibilità di fornire dati attendibili circa l'entità del fenomeno, vista la sua clandestinità, non consente agli Stati di dare delle risposte adatte a governarlo razionalmente.
Il problema della disponibilità di dati obiettivi e affidabili è un problema comune a tutti i Paesi dell'Unione europea. La missione principale dell'OEDT è, di conseguenza, quella di migliorare questa disponibilità, ma pure di valutare le informazioni così raccolte. Purtroppo, bisogna dire che questa funzione di valutazione è scarsamente sviluppata nei vari lavori e rapporti dell'Osservatorio. Il problema della mancanza di valutazione è stato sollevato nella comunicazione della Commissione europea sul Piano di azione comunitario in materia di lotta contro la droga per il periodo 2000-2004. Infatti, la commissione ha ammesso, con grande franchezza, la sua incapacità a fornire una valutazione sistematica e rigorosa dei presunti risultati del Piano precedente (1995-1999). Siccome il nuovo Piano d'azione riproduce le stesse linee direttrici del piano precedente, questo significa che si prosegue con gli stessi orientamenti e gli stessi programmi, senza sapere quali siano in modo preciso i loro risultati per il p
eriodo precedente. Se l'obiettivo è di combattere il flagello multidimensionale delle droghe illecite, occorre chiedersi se i mezzi finora utilizzati siano adeguati al conseguimento di questo fine. Malgrado la scarsa disponibilità di vere e proprie analisi costi/benefici delle politiche finora attuate, i dati forniti dai rapporti annuali degli organi ufficiali di controllo o di osservazione del fenomeno delle droghe (come l'UNDCP, l'OICS e l'OEDT) non forniscono un quadro ottimistico della situazione. Ci troviamo, quindi, in un contesto nel quale non siamo in grado di valutare con rigore gli effetti dei programmi assunti, ma sappiamo comunque che il problema "droga" si aggrava sempre di più. La natura cieca e incosciente della strategia vigente si rivela dunque in modo lampante.
Di fronte agli scarsi esiti positivi raggiunti, la risposta tradizionale dei partigiani della strategia proibizionista consiste nel dire che questa politica può solo essere concepita sul lungo termine e produrre unicamente risultati progressivi a condizione di disporre di mezzi e di fondi sempre più considerevoli. Per concludere, direi che la vera natura della politica proibizionista in materia di droghe si rivela qui in modo clamoroso: un salto nel buio, la cui razionalità è contestabile, sia secondo il criterio "costi-benefici" sia secondo considerazioni etiche. E porrei due domande agli zar insaziabili della guerra contro le droghe: di quanti mezzi finanziari e logistici hanno bisogno per potenziare al massimo l'efficacia della caccia poliziesca e giudiziaria alle droghe sul piano planetario? Quanti anni, quanti decenni di effetti secondari del proibizionismo dovremo subire per raggiungere l'annientamento finale e definitivo del problema droga?
4. Scheda tecnica su Narcosala Madrilena
Si tratta di un locale aperto 12 ore al giorno tutto l'anno (si parla già di renderlo accessibile 24 ore su 24), che consente l'iniezione di droghe sotto controllo medico e con maggiori garanzie sanitarie e igieniche (messa a disposizione di siringhe sterilizzate, controllo parziale della qualità del prodotto, etc.). I suoi difensori lo presentano come uno strumento nell'ambito di una politica di riduzione del danno. Consente di avviare un processo di integrazione dei tossicodipendenti più problematici nella rete sociosanitaria, e, quindi, di strapparli dal circuito clandestino e deleterio delle droghe proibite. I suoi promotori pensano che le narcosale potrebbero anche offrire programmi di sostituzione (metadone) e di somministrazione controllata di eroina, a patto che sia accettato dall'OICS (l'organo internazionale di controllo degli stupefacenti dell'ONU, che è stato molto critico nei confronti dello sviluppo di narcosale in alcune città europee) e che si inserisca in una strategia europea.
L'assistenza psicologica e sociosanitaria è assicurata dalla presenza di medici, infermieri e assistenti sociali; inoltre è previsto un dispositivo di emergenza in caso di overdose. I suoi promotori mettono l'accento su questo aspetto per differenziare la narcosala madrilena da strutture analoghe esistenti in Svizzera, Austria, Germania (le "Fixerstuben") e Olanda. Secondo gli spagnoli, il principio dell'accompagnamento sociosanitario e dello stretto controllo medico non sarebbe chiaramente affermato in queste strutture. Però occorre sottolineare che la legalizzazione recente di queste strutture da parte del Bundestag e del Bundesrat - che consente in tutti Länder della Germania l'avvio di tali progetti, finora sviluppati in alcune città sotto un regime di tolleranza amministrativa (Francoforte, Hamburg, Saarbrücken e Hannover) - è stata accolta a condizione di collegare le narcosale a un progetto di riabilitazione dei tossicodipendenti; quindi, le narcosale tedesche dovranno disporre di un dispositivo soci
osanitario.
La prima narcosala spagnola è situata in un quartiere dove vivono moltissimi tossicodipendenti problematici ed emarginati, (con uno stato fisico e psichico gravemente deteriorato). Il quartiere in questione, Las Barranquillas, situato a sud di Madrid, è noto come uno dei maggiori 'supermercati della droga' in Spagna.
Il progetto è finanziato per metà (62 milioni di pesetas) dal nuovo Piano nazionale sulle droghe (che dipende dal Ministero dell'Interno), adottato alla fine dello scorso anno; quindi, malgrado i dubbi espressi da Aznar nei confronti di questa iniziativa, il progetto è stato approvato dal Governo centrale. Occorre poi ricordare che l'iniziativa madrilena è stata promossa da politici del Partito Popolare: il presidente della Comunità autonoma di Madrid (Alberto Ruiz-Gallardon), il consigliere per la sanità del Governo madrileno (José Ignacio Echaniz) e il direttore dell'Agenzia Antidroga della Comunità di Madrid (il dottor José Cabrera). Il progetto è stato approvato sia da tutte le forze politiche dell'Assemblea di Madrid sia dalle organizzazioni non governative e associazioni di cittadini impegnati nel campo della lotta contro la droga.
Pure il ministro dell'Interno del Governo spagnolo (Jaime Mayor Oreja) ha espresso un chiaro sostegno a questo progetto, il cui esito dovrà essere oggetto di una valutazione periodica. Se i risultati saranno positivi, è prevista l'apertura di altre strutture in altre regioni spagnole.