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Conferenza Emma Bonino
Partito Radicale Maurizio - 1 giugno 1995
INTERVISTA ALL'ONOREVOLE BONINO

Pesca - Politica dei consumatori - Diritti umanitari

Tre portafogli per un solo commissario. Non deve essere un compito facile...

Progetto impresa, aprile/giugno 1995, rivista di finanza e commercio estero del CESTUD centro studi degli scqmbi con l'estero

di Mario Didò

Tre portafogli per un solo Commissario. Non deve essere un compito facile...

"Tre portafogli fanno una vita molto piena. Eppure non sento di potermi lamentare perché si tratta di incarichi che, per motivi diversi, rappresentano tre degli assi fondamentali della costruzione europea. Quando ho ottenuto la responsabilità per ECHO, cioè per lo European Community Humanitarian Office che gestisce l'intero bilancio per gli interventi d'urgenza dell'Unione, ho sentito che si trattava di una grande opportunità per tentare di ridisegnare l'azione con cui i Quindici cercano di dare sollievo ai milioni di persone che soffrono nel mondo. Era insomma una buona occasione per attribuire un nuovo impulso politico a questa azione e, al contempo, per giocare la carta di una maggiore visibilità per i 1.500 miliardi che ogni anno i Quindici impegnano in questa voce del loro bilancio. Poi è arrivata la responsabilità per la politica dei consumatori, altro dossier che richiede uno sforzo titanico, visto che occorre spiegare ai cittadini quali sono i diritti su cui già possono contare e studiare, quali s

ono le possibilità di renderli ancora più concreti: spesso capita che qualcuno si lamenti e non sa che esiste una direttiva europea a cui può appellarsi per far valere le proprie ragioni. Questo aveva raddoppiato le mie competenze e già il gioco si era fatto impegnativo. Infine, dopo il "no" referendario norvegese, mi hanno offerto la Pesca che io ho creduto bene accettare. Anche qui c'è parecchio da fare, gli anni dell'abbondanza sono finiti e ci sono troppi pescatori per troppo poco pesce. Dobbiamo ristrutturare il settore.

Altrimenti in futuro non ci sarà più pesce e, di conseguenza, non avremo più nemmeno pescatori".

Quali sono le misure socioeconomiche e come funzionano?

"Nel tentativo di mitigare le conseguneze negative della profonda ristrutturazine del settore, l'Unione ha disposto una sostanziosa gamma di misure di accompagnamento, soprattutto dal punto di vista socio-economico. Nel 1994 abbiamo deciso di autorizzare l'erogazione di finanziamenti strutturali alle zone dipendenti dalla pesca in tre tipi di aree: quelle dell'Obiettivi 1 (regioni in ritardo di sviluppo come il Mezzogiorno), dell'Obiettivo 2 (regioni in declino industriale) e dell'Obiettivo 5b (aree rurali). Questa mossa consente alle regioni costiere di presentare programmi per alimentare gli investimenti in infrastrutture, per la costituzione di nuove imprese (lo strumento è il Feder), nonché per la riconversione e la formazione professionale (col Fondo Sociale Europeo). Sin dall'inizio l'iniziativa ha ottenuto una ampia adesione degli Stati membri. Se poi parliamo delle modalità di applicazione, la procedura è quella canonica: si presenta un progetto alle autorità nazionali regionali e l'amministrazion

e centrale chiede l'inserimento nei programmi operativi alla pesca. Poi la Commissione decide. Un secondo livello di intervento è costituito dal filone comunitario che porta il nome di Pesca (prevede stanziamenti complessivi per 257 milioni di ecu fra il 1994 e il 1999). In questo caso, la strategia è di completare la mobilitazione di risorse nelle regioni cosiddette 5b. Non si tratta, sia chiaro, di una semplice trasformazione in chiave locale dello Strumento finanziario per l'orientamento della pesca, (Sfop), ma di una vera e propria manovra integrativa il cui valore aggiunto va oltre il contenuto delle misure adottate e risponde alla necessità di immaginare e mettere in pratica progetti integrati e innovativi. E questo è esattamente lo stimolo di cui il settore ha bisogno per tentare di cambiare marcia e convincere gli Stati membri e concentrare gli aiuti strutturali sui litorali".

Applicazione Iniziativa Pesca in Italia

"Siamo al punto di partenza, come del resto è normale per questo strumento che vanta appena un anno di vita. Il Piano operativo integrato per l'Italia è stato approvato alla metà del mese di maggio e dunque non è ancora entrato nella fase pratica di attuazione. Nel complesso l'iniziativa stabilisce la possibilità di finanziare programmi nel periodo 94-99, in undici regioni italiane, soprattutto in quelle costiere dove la dipendenza dalle attività di pesca è più forte. La spesa complessiva potrà toccare nel nostro Paese i 34,17 milioni di ecu, che in lire fanno oltre 70 miliardi. La Commissione conta di autorizzare i primi esborsi dopo la pausa estiva, probabilmente in settembre".

Realizzazione SFOP (Strumento finanziario di orientamento della Pesca) in Italia

"Le cose stanno andando secondo la tabella di marcia. Due programmi operativi, sia per le regioni dell'Obiettivo 1 (Mezzogiorno, NDR) che per le altre aree, sono stati approvati dalla Commissione nel mese di dicembre.Pertanto, la prima parte degli stanziamenti indicati nel bilancio per il 1994 (31 milioni di ecu pari a circa 65 miliardi di lire), è già stata versata alle nostre autorità nel pieno rispetto dei Regolamenti 4028/86 e 4042/89. In totale sono circa 30 miliardi di lire che potranno essere utilizzati in misure destinate a favorire la ristrutturazione del settore e ad alleviare i tempi duri che questo sta attraversando. I servizi della Commissione sono pronti ad esaminare le nuove tranche da versare sulla base dei progetti residui per l'anno passato e la quota iniziale per questo 1995. Dal punto di vista procedurale, chi vuole ottenere un finanziamento europeo deve rivolgersi al Ministero dell'Agricoltura e presentare un piano. Tocca poi all'autorità governativa scegliere quale deve essere presen

tata a Bruxelles".

Lei è sbarcata a Bruxelles nel momento in cui l'Europa corre verso la riforma del Trattato di Maastricht e dunque verso un obiettivo quasi federale. A che punto siamo veramente?

"Credo proprio che, di qui alla fine del secolo, l'Europa non potrà fare a meno di decidere quale sarà il suo assetto definitivo. Non c'è più tempo da sprecare, l'opinione pubblica non mi pare disposta ad accettare altri rinvii. Col Trattato di Maastricht, ad esempio, l'Unione ha promesso una politica estera e comune della difesa che sino ad oggi non è riuscita a funzionare. E' chiaro che con la Conferenza di revisione dei Patti del 1991 è necessario spingere sul pedale dell'acceleratore. Eppure sento che molte proposte suggeriscono un modello intergovernativo (aumentando i potere del Consiglio dei Ministri) invece che prospettare il rafforzamento della Commissione che dovrebbe avere un potere di analisi e di decisione analogo a quello che detiene, ad esempio, nel domino dell'agricoltura e in quello della concorrenza. Sono certa che la moltiplicazione dei soggetti istituzionali dell'Unione non potrà in alcun modo giovare all'Europa, ed è solo uno dei problemi. Nei prossimi anni dobbiamo preparare anche il

cammino verso la moneta unica che, per ora, non mi pare sia stata adeguatamente spiegata ai consumatori. Morale: se si vule continuare ad alimentare il sogno degli Stati Uniti d'Europa è assolutamente necessario concepire un sistema vicino ai cittadini, controllabile democraticamente (c'è sempre qualcuno che tende a dimentare il Parlamento Europeo) e, soprattutto, comprensibile e accettato da tutti. Di torri di Babele, nella storia, ne basta una".

Come titolare del portafoglio consumatori, quali sono le sue priorità per il quinquennio a Bruxelles?

Entro la fine dell'anno presenterò un nuovo piano di azione per definire i grandi orientamente su cui la nostra politica dovrà basarsi nel futuro. Una delle prime iniziative è lo snellimento del Consiglio consultivo dei Consumatori che, attraverso una sostanziosa cura dimagrante, adesso è divenuto "Comitato" e promette di essere nella sua attività gran consigliere della Commissione. Conto poi di presentare un Libro bianco sulle garanzie. Il problema, a tale proposito, è chiaro: nel grande mercato senza frontiere il consumatore non è sicuro che la garanzia offerta su un bene acquistato in un paese straniero sia pari a qulla che potrebbe ottenere in patria Se vogliamo che l'Europa funzioni, questa incognita deve essere risolta, possibilmente con una decisione che fissi un insieme minimo di norme uguali per tutti. Infine spero di condurre in porto la direttiva& sui pagmenti transfrontaliere, altro settore che riserva continue e sgradite sorprese al consumatore".

Ho letto che ha dei programmi anche nel settore dei servizi

"Si è vero, e non parlo solo di una proposta di direttiva sulla responsabilità di che offre il servizio. Voglio considerare anche le relazioni fra gli utenti e i servizi pubblici e, in particolare, il diritto di ricorso nel caso di dispute. Le faccio un esempio: se l'azienda telefonica taglia per errore il filo ad un cittadino, questo non ha alcuna possibilità di rivalsa. Può denunciare la società colpevole, ma prima di ottenere soddisfazione dovrà aspettare anni ed anni. Invece, ritengo che sarebbe giusto istituire dei meccanismi automatici di indennizzo. Sennò il rapporto rimane troppo sbilanciato dalla parte di chi offre il servizio".

Vorrei parlare di aiuti umanitari. Quale è l'incognita più grave che si trova ad affrontare?

"I 1500 miliardi sborsati da ECHO sono una somma immensa, eppure non bastano a stabilire il ruole dei quindici come grandi risolutori di crisi. In primo luogo perchè l'opinione pubblica (che i sondaggi dipingono pronta ai gesti generosi) non è consapevole della nostra azione a causa della sua carente visibilità. Quindi, perché l'assenza di un autentico coordinamento fra gli stati membri ha impedito di rendere efficace sino in fondo i nostri programmi. Infine, perché dobbiamo vedercela con un budget limitato ed un numero di crisi crescente. Dall'aprile del 1994, punto di avvio della drammatica crisi ruandese, l'Unione e i suoi stati membri hanno contribuito a tenere in vita oltre due milioni di profughi nella regione dei Grandi Laghi sborsando qualcosa come 800 milioni di dolari. Abbiamo salvato migliaia di vite umane. Ma non è stato possibile trovare una soluzione definitiva per il conflitto etnico fra hutu e tutsi. Se avessimo avuto una buona politica estera comune si sarebbe fatto di più. Magari saremmo

pure riusciti ad avanzare sul terreno della tanto auspicata politica di prevenzione della crisi. Per ora ci siamo solo limitati (comunque non è poco) a evitare il peggio per qualla gente. Tuttavia i soldi stanno finendo e gli interrogativi restano".

Veniamo al suo terzo portafoglio. Lei dice che i pesci stanno scomparendo e che i pescatori sono una categoria a rischio. Cosa di può fare?

"Negli anni Sessanta e Settanta l'attività della pesca si è sviluppata ad un ritmo dimostratosi insostenibile per il Pianeta. Abbiamo scoperto nuove tecnologie, migliorato gli strumenti di bordo, col risultato di spopolare i fondali degli oceani e adesso ci troviamo ad un passo dal punto del non ritorno. Ciò che occorre per invertire la tendenza è la definizione di una politica di sfruttamento razionale degli stock ed una ristrutturazione del settore che renda l'operato dei pescatori compatibile con le risorse disponibili. L'aumentare dei conflitti - come ad esempio quello che l'Europa ha dovuto combattere contro il Canada per ristabilire la legalità nell'Atlantico - è il risultato proprio della carenza di materia prima. Un problema, questo, a cui possiamo solo rispondere favorendo un ridimensionamento del settore, cercando nuove possibilità di pesca (ci sono ampie aree ancora parzialmente inesplorate) e conducendo una sana politica di protezione degli stock".

 
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