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Conferenza Emma Bonino
Partito Radicale Maurizio - 17 luglio 1995
INTERVENTO DI EMMA BONINO - Seminario su "l'utilizzo dei fondi
strutturali comunitari in Italia" organizzato dalla Commissaria

Emma Bonino a Roma, presso la sede del CNEL il 17 luglio 1995, a

cui hanno partecipato i rappresentati politici e tecnici delle

Regioni e province italiane. Altri relatori il direttore del CNEL

Giuseppe De Rita, il sottosegretario al Bilancio Giorgio Ratti,

il ragioniere generale dello Stato Andrea Monorchio, il

Presidente di Mediocredito Centrale Gianfranco Imperatori.

COME MIGLIORARE L' UTILIZZO DEI FONDI STRUTTURALI IN ITALIA

1. Implicazioni della riforma dei fondi strutturali

La riforma dei fondi del 1988 introduce i principi della

programmazione, del co-finanziamento, dell'addizionalità, del

partenariato e del monitoraggio ex ante e ex post degli interventi.

Applicando il criterio della sussidiarietà, essa presuppone

un'amministrazione pubblica (nazionale e regionale) "intelligente".

Quindi, la riforma premia gli Stati membri con un'amministrazione

efficiente e partner attiva del settore privato e penalizza gli

altri. In Italia, il coinvolgimento della Commissione a livello di

programma e non di singolo progetto, le difficoltà nel reperire i

fondi per il co-finanziamento e garantire l'addizionalità, il

distacco fra settore pubblico e privato, l'assenza di una "cultura"

del monitoraggio e della valutazione hanno causato una sostanziale

riduzione nell'utilizzo dei fondi rispetto al periodo pre-riforma.

I regolamenti del luglio 1993, che governano il periodo di

programmazione 1994-99, confermano e rafforzano i principi della

riforma del 1988, estendendo il partenariato ai soggetti economici

e sociali, rafforzando il monitoraggio, prevedendo norme più

stringenti per la verifica dell'addizionalità. Sulla base del

Trattato sull'Unione europea inoltre, si introduce una verifica a

metà percorso - quindi a fine 1996 - che, in caso di utilizzo

insoddisfacente delle risorse, puo' comportarne la riallocazione

verso i paesi che utilizzano i fondi in maniera più efficiente. Vi

lascio quindi immaginare i pericoli che corre il nostro paese in

tale prospettiva.

2. Inefficienze a livello nazionale e regionale

A livello centrale, le difficoltà maggiori si riscontrano nei

seguenti momenti:

- coerenza decisionale: c'é una frammentazione delle competenze

fra i vari ministeri responsabili della programmazione e

dell'attuazione degli interventi. Il solo Ministero che dispone di

una struttura amministrativa ad hoc per la gestione dei fondi

strutturali è il Ministero del Bilancio (la Direzione generale per

la politica di coesione). I Ministeri principalmente interessati

agli interventi comunitari (Industria, Lavoro, Ricerca,

Agricoltura, Lavori Pubblici e Ambiente) non sono dotati di una

"massa critica qualitativa e quantitativa" capace di assumere le

funzioni essenziali da svolgere per la indispensabile azione di

animazione, di controllo, di monitoraggio e di coordinamento per

l'attuazione dei programmi cofinanziati dalla Comunità.

- co-finanziamento e addizionalità: la parcellizzazione e la

dispersione delle decisioni del CIPE creano incertezza e

confusione. A ciò si aggiunga l'inesistenza di conti pubblici

regionalizzati, il diverso orizzonte temporale di programmazione (6

anni per i Fondi, 3 anni per la finanza pubblica nell'ambito del

Documento di Programmazione Economica e Finanziaria-DPEF); inoltre

il vincolo quantitativo sul fabbisogno (deficit) e non

sull'ammontare della spesa impediscono ogni credibile impegno e

controllo.

- monitoraggio e valutazione: il sistema di sorveglianza sia reale

che finanziaria é del tutto inadeguato. Anche la recente

collaborazione fra Tesoro e Bilancio che ha istituito un modello

articolato di rilevazione attraverso l'impiego del sistema

informativo della Ragioneria pur se costituisce un importante

"passo avanti" rispetto al passato non puo' produrre risultati se

non collegato in via informatica con le Regioni.

A livello regionale, le difficoltà sono state spesso legate

all'incertezza fra istituire organi e procedure speciali, coerenti

con l'approccio comunitario, o far confluire le risorse dei fondi

strutturali nell'alveo regionale ordinario. In particolare, si

verificano inefficienze e ritardi nei seguenti momenti:

- coerenza decisionale: oltre al problema della cronica

instabilità di un gran numero di Giunte regionali, si rileva una

commistione fra responsabilità politiche e amministrative e

un'assenza di coordinamento fra i vari assessori e le strutture

amministrative responsabili della programmazione e dell'attuazione

degli interventi.

- meccanismi amministrativi: le procedure sono inefficienti e

farraginose. Non si indicano i termini entro i quali i progetti

devono essere "licenziati", sono assenti il principio del silenzio

assenso e il principio di sostituzione; sovente i regimi di aiuto

non sono notificati alla Commissione.

- appalti pubblici: le difficoltà riguardano la carenza di

progetti esecutivi, difficoltà in materia di espropri e abusivismo,

frequenti ritardi per varianti, facilità di ricorso al TAR (da

parte delle imprese non prescelte) e conseguente blocco delle

aggiudicazioni e lentezza nelle procedure di collaudo.

Oltre alla mancanza di coerenza orizzontale nell'ambito dei vari

livelli di governo (ministri e ministeri a livello nazionale,

assessori e assessorati a livello regionale), manca una coerenza

verticale fra governo, regioni e enti sub-regionali. Quest'ultima

é necessaria sia nella fase di programmazione che nelle fasi di

attuazione e monitoraggio. Coerenza orizzontale e verticale sono

inoltre essenziali per garantire la posizione contrattuale delle

istanze nazionalie regionali nei confronti della Commissione.

3. La situazione attuale

L'esame dei dati finanziari disponibili quanto all'utilizzo dei

Fondi strutturali fa emergere alcuni dati preoccupanti per il

"Sistema Italia" ed ancor più alla luce della attuale situazione di

finanza pubblica restrittiva (e quindi scarsità di risorse

disponibili per le regioni in ritardo di sviluppo) che rende sempre

più rilevante il ruolo della politica regionale comunitaria nel

conseguimento dell'obiettivo della coesione economica e sociale.

Va ricordato che il buon utilizzo dei fondi strutturali comunitari

che ammontano, per il periodo 1994/1999, a 20.614 milioni di ECU

(pari a circa 44000 miliardi di lire) per tutto il paese ed a

14.860 milioni di ECU (pari a circa 32000 miliardi di lire) per le

regioni del Mezzogiorno, costituiscono una delle sfide più

importanti per il nostro paese all'orizzonte dell'anno 2000.

Non va inoltre dimenticato che i fondi strutturali comunitari

agiscono in regime di cofinanziamento e quindi ai fondi resi

disponibili dall'Unione Europea vanno aggiunti i fondi nazionali e

regionali creando un importante "effetto leva" sugli investimenti.

Dando uno sguardo al passato si rileva che un semplice raffronto

tra le somme impegnate a livello comunitario per il periodo

1989/1993 (pari a 11.149 milioni di ECU) e le somme pagate

dall'Italia (pari a 8.181 milioni di ecu) evidenzia un tasso di

"utilizzo teorico" di circa il 73,3%; bisogna però aggiungere che

le somme versate debbono poi essere adeguatamente giustificate con

spese effettuate "sul terreno" per cui, da stime fornite dal

Ministero del Bilancio ed accettate a livello comunitario, si può

evincere ad oggi un tasso di utilizzo reale di circa il 62%.

Per quanto riguarda il periodo 89-93 limitatamente alle regioni

dell'obiettivo 1 (Mezzogiorno) e con riferimento ai programmi

regionali (i programmi multiregionali, gestiti da diversi

Ministeri, coprivano infatti circa il 53% degli stanziamenti

disponibili nel periodo considerato) si rileva che su un totale di

investimenti previsti pari a 8.226 milioni di ECU (gli impegni

assunti ammontano a 6.962 milioni di ECU) (84,6%); la spesa

effettivamente liquidata ammonta a 4.196 milioni di ECU (51% degli

investimenti previsti!). Analizzando il comportamento delle singole

regioni si evidenziano comportamenti diversi per cui mentre la

Campania e la Sicilia si fermano, rispettivamente, al 39,3% ed al

43% di spesa effettiva il Molise e la Basilicata raggiungono,

rispettivamente, il 71,1% ed il 67,9% di spesa effettiva rispetto

agli investimenti previsti.

Va rilevato altresì che la programmazione per il periodo 1994/1999

si sta rivelando per l'Italia molto lenta e difficile ed a un anno

e mezzo dall'inizio del periodo la Commissione ha potuto approvare

programmi operativi per le regioni dell'obiettivo 1, solo per circa

il 40% delle risorse comunitarie disponibili e che sono ancora in

istruttoria i due più grandi programmi operativi multiregionali ed

uno dei più grandi programmi operativi regionali (Sicilia), oltre

a numerosi altri di minor impatto finanziario.

I dati relativi alle risorse impegnate sul bilancio dell'Unione

per l'Italia pari a circa 1500 milioni di ECU e quelli relativi

agli anticipi versati, pari a circa 850 milioni di ECU, se

raffrontati alle risorse comunitarie disponibili per il periodo

1994/1999 che ammontano a 20.614 milioni di ECU, non possono che

allarmare, soprattutto in considerazione dell'"esame di metà

percorso" che sarà effettuato a fine '96 per esaminare il ritmo di

utilizzo delle risorse da parte di ciascun Stato membro e che darà

luogo a storni in favore "degli allievi più diligenti".

4.Recenti passi in avanti

Il DPR 283/94 sulla riforma del Ministero del Bilancio, istituisce

la Direzione generale per le politiche di coesione e il DPR 284/94

identifica nel Bilancio l'interlocutore unico della Commissione.

Più recentemente, il DPR 123/95 istituisce la "cabina di regia"

nazionale per la gestione delle risorse comunitarie, rimandandone

l'attuazione operativa ad un successivo decreto del Ministero del

Bilancio. La Cabina di regia nazionale si affianca alle cabine di

regia regionali, oggetto dell'intesa del 2 agosto 1994 fra governo

e regioni, nell'ambito della Conferenza Stato-Regioni.

Sempre il DPR 123 vara norme importanti e innovative in tema di

utilizzo dei fondi, quali le agevolazioni in forma automatica, il

fondo di garanzia per il consolidamento dei debiti a breve delle

PMI, i patti territoriali.

5. Riforme necessarie

Il superamento delle difficoltà sopra individuate in precedenza

richiede le seguenti riforme:

a) definire procedure e assegnare responsabilità precise e

verificabili per accelerare l'iter decisionale e esecutivo dei

programmi e adeguare le strutture amministrative;

b) assicurare le risorse necessarie per il co-finanziamento,

garantendone certezza e trasparenza (inclusa la riforma della

contabilità pubblica che preveda un capitolo specifico nel bilancio

dello Stato per il co-finanziamento dei programmi comunitari);

c) instituire un sistema di monitoraggio che permetta di

verificare tempi e modalità della realizzazione degli interventi,

attraverso anche il ricorso a strutture private;

d) rafforzare il coordinamento orizzontale e verticale attraverso

l'istituzione effettiva della cabina di regia nazionale e delle

cabine di regia regionali, collegate in rete: per funzionare, le

cabine debbono evitare di rappresentare un ulteriore struttura

burocratica senza precise competenze e basarsi sulla separazione

netta fra responsabilità politiche e responsabilità attuative,

affidando queste ultime ad un gestore di programma.

6. Considerazioni finali

Sembra diffondersi a livello di autorità nazionali italiane una

critica secondo la quale l'approccio comunitario alle politiche

regionali é rigido, incoerente con le moderne dinamiche

dell'economia, troppo accentrato sui "programmi" piuttosto che sui

"progetti".

Pur senza negare l'esistenza di "colli di bottiglia" comunitari,

tali critiche sembrano economicamente errate e politicamente

pericolose nonchè troppo giusticazioniste.

Nei paesi ove le risorse sono state ben utilizzate, i risultati

sono visibili. Non solo, ma il metodo comunitario ha favorito

l'evoluzione e la modernizzazione della pubblica amministrazione

nazionale e regionale. Anche in Italia, nel caso delle

amministrazioni regionali più sensibili, l'"esposizione" allo shock

comunitario ha prodotto una crescita indubbia nella qualità delle

strutture e dei funzionari. Inoltre, un ritorno all'approccio per

progetti sarebbe incoerente con le responsabilità di programmazione

(attuali e, ancor più, future) proprie delle regioni e rischierebbe

di reintrodurre il metodo degli interventi a pioggia tipico della

fase pre-riforma. Progetti attuativi immediatamente cantierabili

sono ovviamente fondamentali e necessari in fase di attuazione ma

debbono essere inseriti in una strategia pluriannuale coerente.

Ciò che è soprattutto necessario è una presa di coscienza

generale, che dovrà estendersi in tempi brevissimi alle regioni,

sull'importanza delle azioni cofinanziati dall'Unione europea e

l'urgenza di affrontare la problematica in modo nuovo, pragmatico

ed efficace.

 
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