LA NAZIONE - prima pagina, foto Bonino
di Emma Bonino, Comissario europeo responsabile degli aiuti
umanitari di emergenza
Sono tornata ieri da Tuzla dove mi sono recata sabato, grazie
all'appoggio logistico dell'Unprofor, per verificare
personalmnete l'assistenza ai rifugiati fuggiti da Sebrenica e
per valutare i loro bisogni urgenti nonché per fare il punto con
le agenzie internazionali e le Organizzazioni non governative le
cui attività dipendono in larga misura dai finanziamenti
dell'Unione europea.
Ho visitato in lungo e in largo i campi dei rifugiati
improvvisati lungo la pista dell'aeroporto di Tuzla dove sono
accampati 5.000 donne e bambini. Sono generalmente ben assistiti
dal punto di vista alimentare ma ho dovuto constatarele loro
condizioni precarie: le tende non sono quelle più adatte alla
calura insoportabile in questi giorni, né sono adatte a far
fronte alle torrenziali che di tanto in tanto si abbattono sui
campi. Tutti i miei interlocutori a Tuzla hanno sottolineato
l'atteggiamento molto disciplinato dei rifugiati, malgrado le
ovvie difficoltà e la mancanza soprattutto di baby-food e di
qualche problema medico (diarrea, disidratazione, problemi
dermatologici).
Grazie ad un intervento rapido ed efficace da parte di tutti
gli operatori umanitari abbiamo potuto far fronte ai bisogni di
prima necessità. In un quadro generale tutt'altro che confortante
l'Unione europea può almeno rallegrarsi dei risultati ottenuti
nella regione per quanto attiene al campo umanitario.
Una priorità assoluta per la comunità internazionale tutta
intera rimane la sorte della popolazione che è stata fatta
prigioniera o che è rimasta a Srebenica: occorre usare tutti i
mezzi affinché questa popolazione possa essere protetta secondo
le regole internazionali. La comunità internazionale deve anche
urgentemente considerare la sorte di Zepa e Gorazde.
Personalmente ritengo che essa debba offrire a queste popolazioni
tutta la protezione necessaria per uscire, su una base
volontaria, dall'area protetta ed essere condotte, debitamente
protette, verso Tuzla o altre zone della Bosnia Erzegovina. Mi
rendo conto che ciò sarebbe un risultato difficile da accettare
politicamente per le autorità bosniache. Ma questo sarebbe il
minore dei mali di fronte ai rischi di nuovi massacri
intollerabili, di nuovi esodi biblici, di nuove emergenze
affrontate a costi esorbitanti e di nuove immagini di sofferenza
che sono già costate molto all'Unione in termini di sostegno e di
fiducia dell'opinione pubblica europea.