di Luca CifoniROMA - Il colonialismo culturale evocato dalla Santa Sede non va giù a Emma Bonino. Dal suo ufficio di Bruxelles precisa di seguire i lavori di preparazione alla Conferenza di Pechino solo da privata cittadina, ma respinge con decisione la tesi di un femminismo estremo da esportare con la forza. "Nessuno vuole imporre l'aborto o la pilla al Terzo Mondo; si tratta di responsabilizzare, di dare informazione in modo che ognuno poi scelga liberamente, magari i metodi naturali..."
Ma il Vaticano contesta proprio la centralità dei temi sessuali rispetto alla problematica femminile...
"Ma se non ricordo male in passato è stata proprio la Chiesa cattolica a favorire questa impostazione riduttiva, anche nel corso della Conferenza sulla popolazione del Cairo, lo scorso anno. Comunque siamo tutti d'accordo che ci siano altre importanti questioni, sottosviluppo, alfabetizzazione, malattie; però quando si tratta di aiuto allo sviluppo, di debito del Terzo Mondo, sento poche voci levarsi, anche da parte vaticana". In realtà proprio su questo aspetto resta una differenza di fondo nella percezione della libertà individuale, c'è ancora la tendenza a presentare come reato ciò che è peccato per la religione, anzi per una religione".
E le accuse, neanche velate, di colonialismo?
"Francamente mi sembra un tentativo di arrampicarsi sugli specchi, anche perché si potrebbero prendere a questo proposito altri esempi non lusinghieri per la Chiesa. Ripeto, non si tratta di imporre niente a nessuno, ma di favorire la responsabilità individuale, nel rispetto di tutte le altre culture".
Che succederà a Pechino? Ci sarà battaglia?
"Credo che già il solo fatto che la Conferenza si tenga sia un successo, un risultato importantissimo. Come è accaduto a Rio per l'ambiente, i problemi delle donne diventano un tema di dignità politica a livello mondiale, non più solo la preoccupazione di qualche gruppo femminista".
Nella Commissione Europea lei si occupa di diritti umani. Qualcuno soprattutto negli Stati Uniti vede in questo appuntamento una legittimazione del regime cinese: è d'accordo?
"No, al contrario penso che sia stata una scelta rischiosa ma positiva. Molto meglio tenere la Conferenza a Pechino che a Copenaghen: nonostante tutto le reazioni non potranno non filtrare anche tra i cinesi, e le cinesi".