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Conferenza Emma Bonino
Fiori Raffaella - 13 settembre 1995
POPOLI IN FUGA. CRONACHE DA OGNI PARTE DEL MONDO

Il Salvagente del 4/9/95, pag.2

di Emma Bonino

La recente offensiva croata in Krajina ha provocato l'esodo massiccio di migliaia di persone, da una parte verso la Bosnia del Nord e la Serbia-Montenegro, dall'altra verso la Croazia. Ho quindi deciso di recarmi in ex-Jugoslavia - si tratta della terza volta da quando sono Commissaria Europea - per valutare le urgenze umanitarie e le necessita' dei rifugiati. Domenica 20 agosto, appena giunta a Zagabria da Bruxelles, ho trasbordato su un elicottero militare croato e dopo un'ira di volo sono arrivata a Davor.

Li', nei giorni precedenti, piu' di 11mila profughi della minoranza croata e mussulmani della regione di Banja Luka avevano attraversato il fiume Sava su piccole imbarcazioni che facevano da spola tra una sponda e l'altra. Questo via vai funziona grazie allo spirito di iniziativa e alla collaborazione tra il giovane sindaco di Davor e il sindaco di Srbac, sulla sponda opposta, malgrado siano di diversa etnia. I circa duemila abitanti di Davor si sono sin dall'inizio mobilitati per organizzare il centro di prima accoglienza, in collaborazione con le organizzazioni internazionali finanziate dalla Comunita' europea.

Ma molti altri profughi sono attesi (piu' di 30mila) nei prossimi giorni le autorita' croate hanno fatto capire di non essere in grado di accoglierne. Come responsabile europea per gli aiuti umanitari d'urgenza, oltre che continuare a far pervenire il sostegno alle Ong sul terreno, ho proposto di mettere in funzione un traghetto affinche' i profughi possano attraversare il fiume piu' rapidamente e con i loro mezzi (spesso trattori) e qualche effetto personale per rendersi piu' indipendenti e autosufficienti. Subito dopo mi sono recata a Vojnic.

La situazione che ho trovato li e' stata completamente diversa. Con le dovute proporzioni, il colpo d'occhio e' stato simile ai campi profughi di Goma in Zaire: circa 25mila persone accampate lungo sette chilometri di strada, in precarie capanne di canna e di rami o sistemati sotto i trattori su giacigli improvvisati. I campi attorno sono minati. Piogge torrenziali si abbattono da giorni sulla zona: il fango regna ovunque sovrano. La mancanza d'acqua potabile e di prodotti essenziali presenta un problema maggiore. Gli impianti sanitari sono inesistenti. Il rischio di epidemia e' altissimo (il giorno del mio arrivo abbiamo potuto constatare il decesso di tre neonati e piu' di 400 casi di diarrea).

Questi profughi sono i mussulmani di Velika Kladusa, la roccaforte di Fikret Abdic, il leader passato con armi e bagagli dalla parte dei serbi. I croati vogliono che se ne tornino da loro, ma essi si oppongono per paura di rappresaglie da parte del Quinto Corpo d'Armata bosniaco che ha giurato vendetta. Intanto Abdic, sotto sorveglianza a Zagabria, non si pronuncia. Il giorno dopo parto per Belgrado per verificare la situazione dei 165mila profughi serbi di Krajina che hanno passato il confine con la Serbia a favore dei quali la Comunita' europea ha stanziato 15 milioni di Ecu.

Appena arrivata mi giunge la notizia dei rimpatri forzati, da parte delle truppe di Mobutu, dei rifugiati Hutu ruandesi e burundesi in Zaire.

Un'altra crisi umanitaria si apre: ma i nostri mezzi sono sufficienti per rincorrerle tutte e farvi fronte come abbiamo fatto finora?

 
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