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Conferenza Emma Bonino
Commissione Europea Letizia - 20 settembre 1995
NUOVO CONSUMO - SETTEMBRE 95 (foto Bonino)

CONSUMATORI DISUNITI D'EUROPA

DI PIETRO PETRUCCI

Il difficile cammino dell'Europa dei consumatori. A colloquio con Emma Bonino, Commissaria europea per le politiche dei consumatori.

Dirigente storica del Partito Radicale e protagonista di tutte le sue battaglie, italiane e "transnazionali", Emma Bonino è Commissaria europea dall'inizio del 1995 con varie attribuzioni: l'Aiuto umanitario, la Pesca, la Tutela dei consumatori. In questa intervista a Nuovo Consumo fa per la prima volta il punto sulle politiche comunitarie e italiane verso i consumatori.

Tante responsabilità, dall'aiuto umanitario alla Pesca, le rimane abbastanza tempo per i consumatori?

Credi di si. Anche per i consumatori, come per le altre competenze, ho dovuto in questi primi mesi dividermi fra le necessità di fronteggiare le questioni più urgenti e quella di definire le principali strategie per il futuro, che nel caso specifico significa l'elaborazione entro la fine dell'anno di un "Piano d'azione" per il triennio 1996-98.

Di cosa si tratta?

Le posso già anticipare una delle priorità di questo Piano: i servizi pubblici e la difesa dell'utente. Si parla tanto di privatizzazione e sono d'accordo che questa strada ci porterà a razionalità ed efficienza di gestione. Ma dubito che si tratti di un buon affare per gli utenti, se ci si limita a passare dal monopolio pubblico al monopolio privato. Esiste a mio giudizio un problema di "servizi universali" da garantire al consumatore a prezzi equi e con una qualità adeguata, nonché quello di una authority indipendente che faccia rispettare le regole del gioco.

Trova soddisfacenti le politiche comunitarie a tutela dei consumatori?

A una legislazione assai ricca e articolata corrisponde una informazione scarsa, che mi impegnerò in ogni modo a migliorare. Ecco un'altra priorità. Carenze normative, ovviamente, esistono. Mi pare ad esempio che i consumatori siano più garantiti per i prodotti che non per i servizi. La Commissione ha approvato di recente un mio rapporto sul funzionamento della direttiva relativa al credito al consumo che apre una serie di possibili campi d'azione: il sovrindebitamento, l'usura, il credito ipotecario, le carte di credito, l'introduzione dell'Ecu come moneta unica. Stiamo lavorando anche a un progetto sulle garanzie e i servizi post-vendita, partendo dalla constatazione che il consumatore europeo si guarda dall'acquistare prodotti di un altro Stato membro per il fondato timore di non essere garantito contro difetti e guasti. Propongo una armonizzazione della garanzia legale (che oggi è di un anno in Italia, 6 mesi in Germania, 6 anni nel Regno Unito) nonché una maggiore trasparenza per quanto riguarda garan

zie commerciali e requisiti di qualità minima per i servizi post-vendita.

Come appare, vista da Bruxelles, la situazione dei consumatori italiani?

In molti Paesi europei i consumatori partecipano, in qualità di esperti, all'elaborazione di norme nazionali, talora comunitarie. Perchè questo succeda, le organizzazioni dei consumatori devono esistere, essere riconosciute nazionalemnte ed avere le necessarie competenze. E' così nel Regno Unito, in Olanda, in Germania. In Italia tali organizzazioni non sono riconosciute né sostenute e sopravvivono come possono, grazie al volontariato dei loro aderenti. Di fronte a questo stato di cose è legittimo porsi alcune domande: a che titolo l'Italia fissa norme che interessano direttamente i cosnumatori - suelle sulla loro sicurezza, per esempio - senza concertarle con i consumatori stessi? Con quali criteri l'Italia accetta orodotti olandesi o tedeschi, rispondenti a norme definite insieme da produttori e consumatori di quei paesi, ma senza che i consumatori italiani esprimano il loro punto di vista? E' un'incongrueza che si produce su scala europea: perché le norme comuntarie devono essere fissate solo consultando

i consumatori dei Paesi nordici?

Che si puo fare di concreto per cambiare le cose?

Nelle più recenti direttive che ho prediposto - per esempio sulle clausole abusive nei contratti, sulla vendita a distanza, sull'accesso alla giustizia - viene riservato un ruolo importante alle organizzazioni rappresentative dei consumatori. Ma come si fa a trasporre tali direttive nelle leggi italiane se non ci sono norme che fissano i criteri di rappresentatitività delle associazioni dei consumatori? Come e quando riusciranno le organizzazioni serie a vedere riconsociuto e valorizzato il loro lavoro di anni? Il nostro è l'unico paese dell'Unione privo di leggi che proteggano i consumatori o riconoscano i loro rappresentanti. Perché l'Italia, una delle maggiori potenze industriali del nostro continente, deve avere consumatori di serie B? Ecco un esempio di Europa a due velocità.

Si ha la sensazione che la scarsa sensibilità italiana per la protezione del consumatore sia riscontrabile un pò a tutti i livelli

C'è un esempio clamoroso a questo riguardo. Esiste una disposizione europea che prevede la notifica, di casi specifici di prodotti circolanti sul mercato nazionale che si dimostrino pericolosi. La Commissione provvede a "girare" tempestivamente queste notifiche agli altri Stati. Ebbene, risulta ai miei servizi che dall'Italia non ci arriva mai alcuna notifica di questo genere. Allora i casi sono tre: o in Italia circolano prodotti più sicuri d'Europa, o non si fanno controlli sulla sicurezza, oppure si fanno ma ci si dimentica di informare la Commissione.

 
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