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Conferenza Emma Bonino
Commissione Europea Letizia - 9 ottobre 1995
Industria ittica parla il Commissario UE, Emma Bonino
MONDO ECONOMICO, 9.10.95 - foto Emma Bonino

"Coniugare economia e ambiente"

Quasi 600 milioni di dollari: questo il valore annuo dei sussidi della Politica comune della pesca, lanciata dall'Unione europea nel 1983. Ormai è Bruxelles a controllare l'industria ittica continentale. Mondo Economico ha voluto sentire su questo tema Emma Bonino, commissario europeo con competenza sulla pesca.

La UE ha attualmente un contenzioso aperto in materia con il Marocco, dopo averne avuto un altro pochi mesi fa col Canada. Perché queste "guerre del pesce"? Come pensa di impedirle in futuro?

Non bisogna dimenticare un dato di fondo: la scarsità della materia prima. Le guerre scoppiano per la volontà di assicurare e proteggere le opportunità di pesca nazionali. La collaborazione politica e scientifica fra i vari Stati interessati va quindi abbinata ad una seria politica di conservazione delle risorse basata su controlli rigorosi.

Ma, oltre ai contenziosi con Paesi esterni alla UE, l'Unione deve affrontare anche "guerre intestine", come, ad esempio, quella recente fra spagnoli e francesi...

Fermo restando che anche in questo caso la causa va ricercata nella scarsità di pesce, per risolvere le difficoltà esiste la "politica comune della pesca". Benché questa sia decisa in consensi comunitari, la sua applicazione resta però largamente nelle mani dei singoli Stati membri, per un fatto soprattutto pratico, di disponibilità di mezzi. Occorre, credo, ridurre la distanza esistente tra decisione e applicazione.

L'Italia ha tuttora un contenzioso aperto con la Tunisia, che ci accusa di non rispettare gli accordi firmati costituendo società miste di pesca. Cosa intende fare Bruxelles a questo proposito?

La competenza esclusiva per gli accordi internazionali in materia di pesca appartiene per trattato alla Commissione, ma per la conclusione e il rispetto di accordi in materia di società miste, data la loro natura, la responsabilità di seguirne l'evoluzione ricade sul piano bilaterale. Il problema dei contrasti italo-tunisini è un fatto noto, dovuto all'inapplicabilità nel Mediterraneo, per evidenti ragioni geografiche, del principio internazionale della zona esclusiva di pesca.

Qual è la politica della UE rispetto ai problemi derivanti dall'eccessivo sfruttamento di alcuni mari, specie quelli europei?

Credo che le capacità di pesca delle flotte comunitarie siano eccessive rispetto alle risorse disponibili. Cerchiamo quindi di proteggere la materia prima. Da quando nel 1983 è stato introdotto un sistema comunitario per gestire le risorse presenti nelle acque degli Stati membri, tale gestione si basa sui cosiddetti Tac ("totali ammissibili delle catture"), suddivisi in contingenti nazionali annui (quote) secondo un metodo di ripartizione deciso di comune accordo.

La politica comune adottata finora dalla UE, basata soprattutto sui sussidi ai pescatori, ha incitato a un uso non economico dei mari. Si discute se non convenga tagliare gli aiuti pubblici e privatizzare alcuni tratti di mare, com'è accaduto in Australia e Nuova Zelanda. Qual è il suo parere in proposito?

Più che un problema di gestione pubblica o privata, è un fatto di coscienza collettiva legato alla situazione dei nostri mari: capire che il "sovrasfruttamento" è dannoso e che conservare le risorse non è una questione di status giuridico, ma un dovere di tutti.

Gli ambientalisti hanno criticato il recente accordo internazionale in sede Onu sulla pesca, spiegando che manca di "mordente". Cosa pensa di questa intesa?

A mio avviso l'accordo è soddisfacente. Si è voluto armonizzare il concetto di sviluppo "responsabile", nel senso di protezione degli stock, con quello di una gestione razionale in termini economici. Il tutto nel rispetto del diritto internazionale e di una mare libero. Credo comunque che occorra consolidare la collaborazione internazionale. A tal fine occorre uno sviluppo delle organizzazioni regionali come la Nafo (North Atlantic Fisheries Organization) e posso anticipare che si progetta di creare un'organizzazione gemella anche per l'Atlantico del Sud, la Safo (South Atlantic Fisheries Organization).

Restando in campo ecologico, vari tipi di pesca, come quella a strascico, sono sempre più osteggiati. Che farà la UE in materia?

Intendiamo trovare una soluzione che armonizzi la difesa dell'ambiente e quella dei pescatori. Ecco perché, se la UE vieterà) alcuni tipi di pesca fin dal 1997, lancerà anche azioni di sostegno per riconvertire i pescatori a sistemi di pesca più rispettosi dell'ambiente o a mestieri alternativi.

 
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