Pluralità degli operatori e accesso universale ai servizi: due principi irrinunciabiliDOSSIER EUROPA, novemebre 1995, pag. 18/19, foto Bonino
di Emma Bonino
Ritengo che uno dei fattori determinanti che hanno stimolato e dato impulso al processo di liberalizzazione del mercato delle telecomunicazioni sia stata la rivoluzione digitale con cui si é arrivati a tradurre lo scritto, la voce e le immagini in messaggi digitali che viaggiano via cavo.
Questa rivoluzione tecnologica e il ritardo assunto dall'Europa rispetto ad americani e giapponesi hanno evidenziato i limiti di strutture di mercato stataliste e monopolistiche nel momento in cui vi era urgenza di nuovi capitali ed iniziativa privata per investire in ricerca, sviluppo e infrastrutture. Solo introducendo la concorrenza era possibile recuperare il ritardo europeo in un mercato tanto strategico ed arrivare nel minor tempo possibile a fornire i nuovi servizi al pubblico in un settore tradizionalmente monopolista in cui un soggetto unico beneficiava del diritto esclusivo di avere e gestire l'infrastruttura (etere, cavo, satellite, ...). In un mondo in cui l'informazione é una delle basi per lo sviluppo economico e il progresso sociale era, infatti, essenziale che l'Europa fosse in grado di giocare un ruolo forte rispetto allo sviluppo e alla gestione delle nuove tecnologie dell'informazione, rendendo la propria industria realmente competitiva a livello mondiale.
Nel mercato delle telecomunicazioni si possono distinguere vari livelli tra cui tre principali: (1) la titolarità dell'infrastruttura; (2) la gestione dei servizi di rete; (3) i servizi forniti al cittadino/consumatore o all'impresa. Per avere una liberalizzazione completa é necessario che tali livelli di mercato siano il meno integrati possibile (ossia che ad ogni livello operino soggetti diversi) e che i soggetti che agiscono al secondo e terzo livello abbiano libero accesso e possibilità di scelta al primo livello. L'introduzione della concorrenza in tale mercato non tocca solo il miglioramento dell'efficienza dei servizi prestati ma la stessa "democraticità" e pluralismo del sistema di produzione e diffusione dei contenuti della comunicazione. Non é chi non veda, infatti, i rischi legati alla concentrazione in un unico soggetto della titolarità e gestione della rete e della produzione dei contenuti della comunicazione.
Liberalizzazione e regole
A differenza degli Stati Uniti e del Giappone che preferiscono nozioni come autostrade o reti dell'informazione, l'Europa ha scelto di definire la rivoluzione tecnologica in atto come "società dell'informazione" per evidenziarne l'impatto sociale e la volontà di farvi partecipare tutti. In proposito, va notato che l'approccio iniziale della UE, tendente ad avere in primo piano soprattutto il ruolo ed i vantaggi dell'industria e la necessità di liberalizzare tutto e comunque, si sta sempre più focalizzando anche sui risvolti sociali e sulle esigenze e la tutela dei destinatari dei servizi.
Se la società dell'informazione viene ormai presentata politicamente come uno strumento al servizio non solo dell'economia ma soprattutto dei cittadini/consumatori, é necessario verificare che il processo di liberalizzazione e regolamentazione porti reali vantaggi creando un quadro di pluralismo e di tutela effettiva dei loro interessi.
Ad esempio, dal punto di vista del cittadino/consumatore bisognerebbe verificare gli effetti della liberalizzazione su: omogeneità del livello delle tariffe sul territorio; garanzia di accesso a tutti per alcuni servizi pubblici essenziali; accesso universale ai servizi; tutela della riservatezza dei dati individuali; qualità, obiettività e correttezza dell'informazione; pluralismo delle fonti dei contenuti della comunicazione e separazione tra il titolare della rete e il produttore dei servizi, educazione e formazione per facilitare l'accesso e l'utilizzo dei nuovi mezzi di informazione e comunicazione.
Non é chi non veda difatti anche i rischi potenziali di uno strumento formidabile come la tecnologia multimediale. Oltre al pericolo generale di dividere in due il mondo (e l'Europa) in aree geografiche e categoria più o meno favorite rispetto all'accesso all'informazione e alla cultura, é necessario tutelare il consumatore e il cittadino riguardo ai servizi che gli vengono prestati.
Una volta accettata l'idea che l'efficienza del mercato é conciliabile con l'interesse generale (ed, anzi, porta vantaggi ai consumatori aumentando la loro possibilità di scelta, la qualità delle prestazioni e riducendo tendenzialmente le tariffe), si tratta anche di riconoscere che le forze spontanee del mercato guidate unicamente dal profitto non arrivano naturalmente a fornire un servizio universale con livelli di tariffe omogenee o a rendere accessibili a tutti alcuni servizi pubblici essenziali. Inoltre, il passaggio dal regime monopolista ad un mercato con più soggetti non può avvenire automaticamente senza l'introduzione di regole del gioco che garantiscano la reale possibilità a nuove imprese di entrare nel mercato in un regime di concorrenza effettiva evitando che si vengano a ricreare monopoli privati.
I poteri pubblici non devono dunque semplicemente ritirarsi, bensì agire come "regolatori" e guardiani delle regole fissate. Una vera liberalizzazione non sarebbe, infatti, possibile senza regole di concorrenza, norme che garantiscano l'intera operatività e interconnessione delle infrastrutture, standard comuni, tutela della proprietà intellettuale, sistemi di licenza equi che, senza scoraggiare l'entrata di nuovi concorrenti, garantiscano l'universalità del servizio e l'accesso a tutti ad alcuni servizi pubblici.
Le regole e gli organismi di controllo possono esistere sia a livello nazionale che comunitario. In ogni caso tale regole e sistemi di controllo devono presentare un alto grado di coerenza rispetto a tutto il mercato interno. In assenza di una regolamentazione direttamente comunitaria appare dunque comunque opportuna un'armonizzazione delle regole nazionali attraverso direttive.
Parità di condizioni
I problemi legati all'accesso ai servizi a tariffe ragionevoli e omogenee sul territorio nazionale e comunitario sono direttamente collegati ai limiti dei meccanismi spontanei del mercato (che offre servizi laddove conviene e alle tariffe che danno profitto). Tali meccanismi rischiano di creare livelli sostanzialmente diversi di tariffe (es. diminuzione delle tariffe internazionali e aumento delle tariffe urbane o nelle zone periferiche), lasciare scoperti o fornire a tariffe non accessibili per tutti alcuni servizi pubblici poco remunerativi o costosi (es. cabine pubbliche, numeri di interesse pubblico - polizia, pompieri, ambulanze, installazione o riparazione di linee in zone impervie o isolate, uso del telefono mobile in zone non collegate con cavo ...) e non offrire la stessa pluralità di servizi a tutti (es. può risultare anti economico, almeno in un primo tempo, portare i cavi in alcune zone decentralizzate o impervie che potrebbero cosi essere coperte solo tramite collegamenti mobili a tariffe presum
ibilmente più alte e a capacità di trasmissione più lenta e limitata).
Se si vuole presentare la società dell'informazione come un fenomeno che promuove l'integrazione e aperto alla partecipazione di tutti e se si vogliono rispettare gli obbiettivi fondamentali del TUE sullo sviluppo armonioso ed equilibrato e la coesione economica e sociale (oltre a tutelare il consumatore), appare opportuno studiare dei correttivi ai limiti del libero mercato. La riflessione su tali correttivi (es. creazione di ente regolatore nazionale o europeo, condizioni per l'ottenimento delle licenze legate anche a una determinata copertura territoriale; fondi strutturali o agevolazioni fiscali per incoraggiare il collegamento via cavo delle zone periferiche, ...) é iniziata da tempo e numerose sono le proposte, più o meno convincenti. La soluzione sta nel trovare un non facile equilibrio tra i correttivi necessari e l'esigenza di non scoraggiare l'entrata sul mercato delle nuove imprese con barriere o costi eccessivi.