Articolo della Commissaria Bonino per il periodico bimestrale "In Europa"Nel primo semestre del 1996 l'Italia assumerà la Presidenza dell'Unione europea in un momento estremamente delicato per l'avvenire dell'Unione e di certo non facile per il nostro Paese.
Tutti noi avremmo preferito che si arrivasse a questo appuntamento in condizioni di maggiore stabilità politica e con i conti un po' più in regola rispetto ai criteri di convergenza economica fissati a Maastricht. Tuttavia, ed anche questa è una lezione che dovremo apprendere per l'avvenire, le scadenze di un Paese come il nostro sono imposte in larga misura dall'esterno ed occorre sapervi far fronte, indipendentemente da avvenimenti contingenti.
Nei pochi anni che ci separano dal 2000 l'Unione europea dovrà affrontare quattro importanti scadenze: la riforma del trattato istitutivo, volta principalmente a consentire il funzionamento di una Unione ampliata; il completamento dell'Unione economica e monetaria, con la relativa creazione della moneta unica; la ridefinizione del finanziamento dell'Unione ed infine l'allargamento ai Paesi dell'Europa centrorientale e mediterranea.
Si tratta di eventi di non poco conto, tra di loro strettamente collegati e destinati a mutare considerevolmente il volto dell'Unione europea e del nostro continente tutto intero.
L'appuntamento più immediato, che condiziona in qualche modo tutto il resto, è la riforma del trattato istitutivo prevista nel corso del 1996. Una tale scadenza, contemplata già dallo stesso trattato di Maastricht, acquista oggi un significato ed un'importanza particolari in considerazione della previsione di un sostanziale ampliamento dell'Unione.
chiaro infatti che istituzioni concepite per un'organizzazione comprendente solo sei Paesi, e che già hanno visto più che raddoppiato il numero dei partners, non possono continuare a funzionare per un'Unione a 20 o 25 Stati. In assenza di un salto qualitativo nel processo di integrazione europea non vi è dubbio che l'Unione sarebbe condannata alla paralisi ed alla lenta trasformazione in una semplice zona di libero scambio.
L'assenza di iniziativa e di coesione dell'Unione di fronte alla tragedia jugoslava e la perdita di prestigio che ne è conseguita, tanto sul piano internazionale che nei confronti dell'opinione pubblica interna, provano, se ce ne fosse ancora bisogno, quanto sia necessario che l'Europa si doti di una vera politica estera e di sicurezza comune e progredisca con decisione verso un'autentica integrazione politica oltre che economica.
Allo stesso tempo, se non si provvede a rinsaldare i vincoli tra i vari Stati membri, non si vede come sia possibile trovare le intese e la solidarietà necessarie per assicurare il finanziamento della politica regionale e della politica agricola in un'Europa ampliata, né sembra possibile evitare che le nuove adesioni siano pretesto per l'abbandono dell'obiettivo di rafforzamento della coesione economica e sociale che pure è contemplato nel trattato di Maastricht.
Le attuali tensioni sui mercati monetari ed il diffuso malessere dell'opinione pubblica fanno inoltre apparire sempre più discutibile e rischiosa l'idea di progredire verso una moneta unica in mancanza di un vero coordinamento delle diverse politiche economiche e quindi di una istituzione politica (un Consiglio economia e finanze dotato di poteri effettivi in materia di politica economica) che faccia da contrappeso alla futura Banca centrale europea. Senza un tale riequilibrio, l'Unione rischia di essere percepita dai cittadini, ed in particolare dalle fasce deboli della popolazione, come un organismo tecnocratico che impone sacrifici e fissa vincoli, ma incapace di prendere iniziative in positivo per rilanciare l'economia e far fronte alla piaga della disoccupazione.
proprio alla presidenza italiana che, nel marzo prossimo, spetterà il compito di procedere alla convocazione della Conferenza intergovernativa, destinata ad affrontare l'insieme di questi problemi ed a disegnare il nuovo volto dell'Unione europea alle soglie del XXI secolo.
Inutile sottolineare quanto questo appuntamento sia importante e come esso rappresenti per il nostro Paese una grande opportunità per cercare di indirizzare i lavori della Conferenza, in modo da resistere alla tentazione ricorrente delle soluzioni "minimaliste", forse facili da raggiungere, ma di certo pericolose per l'avvenire dell'Europa.
anche un'occasione unica perché l'Italia possa riprendere l'iniziativa e riacquistare sul piano europeo il prestigio e l'autorevolezza che la sua forza economica ed il suo statuto di "Paese fondatore" le assegnano.