L'EUROPA SI TUFFA NEL MARE DEL SUD
A Barcellona i Quindici si ritrovano con i Paesi dell'altra sponda per la Conferenza euro-mediterranea. L'obiettivo è creare una rete di rapporti economici e politici che produca stabilità e benessere. Entro il 2010 si dovrà creare un'area di libero scambio, cercando soluzioni per frenare l'emigrazione clandestina. L'Unione ha trovato un equilibrio nei rapporti con le regioni vicine
Il Mondo Economico, pag 43/45/46, foto Bonino
di Piero Meucci
Le premesse non potevano essere migliori. Dopo due anni di trattative a singhiozzo, il 10 novembre scorso i Quindici hanno concluso un accordo di associazione col Marocco, il terzo del genere dopo quelli già firmati con Israele e Tunisia. C'erano tanti problemi, politici, agricoli e sociali, ma sono stati infine risolti. Gli stessi che si trovano sul tavolo i membri dell'Unione europea e dodici Paesi mediterranei (quelli di Maghreb e Mashrek, esclusa la Libia e del Medio Oriente con l'entità palestinese, Malta, Cipro e Turchia) riuniti a Barcellona il 27-28 novembre per la Conferenza euro-mediterranea.
Sono i problemi sempre più drammatici con cui si confronta l'Unione, che dipende per il 60-70% delle sue forniture energetiche dai Paesi dell'altra sponda mediterranea: l'emigrazione clandestina, con il suo impatto devastante sulla psicologia dei cittadini; o il fondamentalismo islamico, che da tempo ha riacceso l'allarme terrorismo. Gli strumenti per agire sono già stati messi a punto nel vertice di Cannes del giugno scorso, che ha destinato alla cooperazione con il Sud del mondo 4,7 miliardi di Ecu (9.700 miliardi di lire circa), riequilibrando così lo sforzo che finora è stato in prevalenza diretto verso Est. Anche l'obiettivo finale è già fissato: creare una zona di libero scambio euro-mediterranea entro il 2010. Un'idea abbastanza ambiziosa, specie perché i Paesi africani e medio-orientali hanno un volume d'interscambio regionale inconsistente. L'export verso l'Unione nel 1993 dei dodici Paesi che partecipano alla Conferenza è stato di 24 miliardi di dollari, ma l'interscambio interno di merci è stato d
i soli 750 milioni.
Per l'Italia, che dopo la Spagna s'appresta ad assumere la presidenza di turno dell'Unione, la Conferenza costituisce la svolta definitiva di un impegno che risale agli anni 80, alla proposta di una Conferenza su sicurezza e cooperazione sul modello di quella che ha contribuito alla distensione dei rapporti Est-Ovest. "Barcellona è un passo molto più in avanti rispetto a quell'idea, anche perché nel frattempo sono stati conclusi accordi di cooperazione ed altri, in fase di definizione, potrebbero essere firmati con la presidenza italiana", spiega a Mondo Economico Emma Bonino, commissario europeo per gli aiuti umanitari, la politica per i consumatori e la pesca. Del resto, la Conferenza si svolge dopo che a Cannes l'Europa ha dato credibilità a tutta la sua politica mediterranea grazie alle cospicue risorse stanziate.
Con questa iniziativa si può dire riequilibrato il dualismo Nord-Sud, che motti ritengono uno dei problemi principali dell'integrazione europea?
Ci sono tutte le premesse, ma dipenderà dai Pesi mediterranei europei: se essi sapranno parlare con una sola voce per far presente agli altri membri del Nord che non è un fatto di loro esclusivo interesse. Il problema della sicurezza e il fenomeno dell'emigrazione sono invece interesse di tutti. Gli immigrati marocchini non sono solo in Francia, ma motti vivono in Germania o in Belgio. Così il fondamentalismo islamico è un fattore destabilizzante per tutta l'Unione, non solo un pericolo per Francia, Italia o Spagna. chiaro che è più difficile far capire il problema mediterraneo a un finlandese, più sensibile a un'eventuale instabilità in Polonia. Questo volano della politica europea è dunque prioritario e la sua necessità s'imporrà se i Paesi mediterranei saranno capaci di farsene portavoce e si mostreranno disponibili ad accettarne le conseguenze concrete, per esempio nel settore agricolo. Se firmiamo l'accordo con Giordania e Palestina, si porrà per esempio il problema del loro export di agrumi e orta
ggi nell'Unione.
Ma le realtà economiche e sociali di tali Pesi, tra loro diverse, non porranno un problema di rapporti a diverse velocità?
Certo, non bisogna nascondersi che c'è una differenza tra i Pesi come quella che c'è tra quelli dell'Est. Non sono certo gruppi omogenei: l'Unione ha avuto ragione ad avere un approccio regionale, che non è stato né rigido, né schematico. Bisogna partire dall'idea che si tratta di un processo. L'approccio è regionale, ma i tempi possono esser del tutto diversi. Lo schema di questo approccio è uguale per tutti ed è quello degli accordi di cooperazione che sono già stati conclusi. L'eccezione sono Malta e Cipro, più vicini all'adesione.
La diversità è anche di carattere sociopolitico. Democrazie moderne si confrontano con realtà culturalmente diverse...
L'obiettivo finale è sostenere quei Paesi che hanno una visione moderata e laica della situazione. Sarebbe però errato rifiutare accordi con alcuni Paesi, perché non si sono attuati né rispettati tutti gli elementi di una democrazia parlamentare. Anzi, una delle linee d'azione è anche l'aiuto a questi Paesi perché non siano ricacciti in un'alternativa guerrafondaia. La clausola del rispetto dei diritti umani dev'essere certo un elemento basilare degli accordi. Sono stata però molto colpita dalle parole del maggiore esponente dell'opposizione turca, che si è fatto paladino di una posizione positiva dell'Europa verso Ankara, malgrado non siano rispettate tutte le condizioni dei diritti umani, la cui violazione egli stesso denunciava. Un accordo con la Turchia aiuterebbe chi difende i diritti umani, perché questi otterrebbe il sostegno dell'Unione europea. Senza demordere dalle nostre concezioni dei diritti umani, restiamo dunque disponibili al dialogo aperto, perché si tratta di cose che si conquistano pass
o dopo passo.
Un altro problema molto caldo è l'immigrazione clandestina. La germania, per esempio, è favorevole a inserire negli accordi una clausola di espulsione automatica. in Italia si sta discutendo sul nuovo decreto del Governo...
I tedeschi non hanno però insistito su questa clausola nella fase conclusiva dei negoziati col Marocco. Secondo me, non si puó pensare a clausole automatiche, perché non tutti i Paesi membri le accettano. inoltre, il discorso è complesso e richiede vari approfondimenti. Bisogna trattare gli immigrati come trattiamo i cittadini, nel rispetto del loro diritto alla presunzione d'innocenza fino alla fine di un processo. Non vorrei che, per liberarci della pressione migratoria, iniziassimo a violare le regole dello stato di diritto, per cui circolerebbero nei nostri Stati cittadini di serie A e altri di serie B. Se lo facessimo, come si potrebbe pretendere con credibilità il rispetto dei diritti umani dall'altra parte?
Una delle esperienze in atto è quella della forza mediterranea d'intervento anticrisi o umanitario, la cosiddetta Euroforza...
Mi auguro che la Conferenza intergovernativa del 1996 abbia il coraggio di decidere che l'uNione, oltre che una politica commerciale, agricola e della pesca, abbia anche una politica di sicurezza e difesa comune con le ambizioni che ciò comporta. Il progetto pilota dell'Euroforza va bene perché crea fatti compiuti, ma spero che trovi una sua integrazione trasparente e chiara in una politica di sicurezza comune.
Sarebbe importante, poiché l'Europa non ha avuto alcun ruolo nel processo di pace in Medio Oriente e nell'ex Jugoslavia, ma poi è invitata all'intervento economico...
Spero che queste situazioni abbiano fatto capire a tutti che, se manca un'unica voce europea, cioè una politica estera comune, qualcun altro riempie il vuoto che si crea. Non è un problema di visibilità, ma d'identità. L'ipotesi del burden sharing della suddivisione degli oneri, da un punto di vista economico va bene, purché abbiano una leadership politica. Finché non abbiamo una politica di sicurezza comune, una politica che si decide con voti a maggioranza, continuerà sempre così.
Uno degli obiettivi economici più importanti che sarà riaffermato a Barcellona è la creazione di una zona di libero scambio nel 2010. A guardare tuttavia i dati dell'interscambio, questo obiettivo appare un po' utopico...
La domanda è: che altro? Se teniamo ferme le priorità politiche, dobbiamo dotarci di strumenti per avviare una politica di stabilità dei rapporti, di sviluppo reciproco e, quindi, anche di allentamento della pressione migratoria. L'Unione ha scelto come strumento la creazione di una zona di libero scambio, che potrà forse subire un rallentamento, cioè la data può mutare, ma è sempre bene aver punti di riferimento, come li abbiamo per la moneta unica. Siamo sempre in tempo a correggerli durante il percorso. A mio parere, la zona di libero scambio è uno strumento coerente. Oltre agli scambi bilaterali, è interesse europeo stimolare anche quelli Sud-Sud, che sono a un livello troppo basso.
Quali aspetti giudica prioritari nella cooperazione mediterranea?
L'energia ha un rilievo indiscutibile, come anche i servizi, intesi come infrastrutture. Per quanto riguarda l'ambiente, bisogna vedere in quali settori e con quali strumenti si deve agire. In ogni caso, bisogna considerare cosa significa il Mediterraneo come eco-sistema per questi Paesi, anche per le grandi possibilità che può offrire allo sviluppo dell'industria turistica. Un'altra grande opportunità si offre alle piccole e medie imprese e quindi assume importanza la parte relativa al sostegno e alle garanzie degli investimenti. Oggi c'è la tendenza a spostare le fabbriche all'Est, piuttosto che al Sud, a causo della mancanza di strumenti di garanzia, oltre che per la carenza delle infrastrutture.
Una delle chiavi per il successo del dialogo euro-mediterraneo è anche riuscire a convincere le élite, di questi Paesi a spostare il flusso dei petrodollari per investire nell'area...
A questi paesi occorre un sostegno per modernizzare produzione e infrastrutture. Noi abbiamo la volontà politica di percorrere una strada su cui sono anche ostacoli, come quelli posti dalle oligarchie locali. La soluzione viene dal dato contrattuale, che è quello che deve andare incontro agli interessi delle due parti. Siamo, per esempio, disponibili a fare sforzi per aprirci all'exploit di questi Paesi non perché abbiamo bisogno di pomodori, ma purché in cambio ci siano mutamenti in questi Paesi,j anche nella destinazione degli investimenti finanziari fatti dalle oligarchie. Il dialo è contrattuale, non prevaricante né ricattatorio. Ma tutto è da conquistare.
Questa conferenza si svolge alla vigilia dell'assunzione da parte italiana della presidenza di turno dell'Unione europea...
L'Italia ha un ruolo basilare da svolgere per il progresso di questa politica, perché nei mesi venturi possano maturare altri accordi di cooperazione con Palestina e Giordania. Il ruolo è importante, anche perché poi la presidenza toccherà a Irlanda e Lussemburgo, che sono un po' meno interessati e avranno quindi altre priorità. Bisognerà quindi che essi trovino dei fatti irreversibili. Il ruolo è perciò determinante per l'avanzamento di questa politica.