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Conferenza Emma Bonino
Partito Radicale Maurizio - 11 dicembre 1995
Corriere della Sera, pag.12

UNIONE EUROPEA/Sta per iniziare il semestre di Presidenza. E' tutto pronto? E qual'è la posta in gioco?

PER SEI MESI SARA' EUROITALIA

BONINO: dobbiamo lanciare la grande sfida mediterranea

di EMMA BONINO, Commisario europeo agli aiuti umanitari, la pesca e i consumatori

Il testimone della presidenza dell'Unione Europea passa in mano italiana in un momento cruciale per il futuro del nostro continente. A segnare questa giuntura storica c'è l'ineludibile allargamento dell'Unione ai paesi dell'Europa centro-orientale. Roma deve adoperarsi da subito e con grande energia per bilanciare questa spinta verso Est con una vigorosa politica mediterranea - le cui premesse sono state poste con l'Iniziativa Euromediterranea dell'Unione, inaugurata il 27-28 novembre a Barcellona. Ma l'allargamento pone un'altra grande questione: la revisione dei meccanismi decisionali, dei poteri e delle competenze, in un'Unione Europea che si avvia a contare una trentina di paesi membri. E' il nodo che la Conferenza Intergovernativa (CIG) di revisione del Trattato di Maastricht è chiamata a sciogliere. E la CIG prende la mosse proprio sotto presidenza italiana.

L'esistenza di un quadro di riferimento globale, suddiviso in tre contenitori (politica e sicurezza, economia, società civile) rende l'iniziativa Euromediterranea molto simile a quella Conferenza sulla Sicurezza e la Cooperazione nel Mediterraneo a lungo invocata dalla diplomazia italiana. Con Euromed, tuttavia, vi si aggiunge la disponibilità di un pacchetto finanziario di più di 9000 miliardi in cinque anni - cui vanno sommati i crediti che la Banca Europea per gli Investimenti concederà alle imprese disposte a scommettere sullo sviluppo produttivo della regione.

Sviluppo è la parola-chiave che riassume la sfida mediterranea dell'Europa: sviluppo economico, certo, ma anche sviluppo della democrazia e della società civile. Un grande esecizio di diplomazia preventiva, dunque, per rispondere a quelle che i cittadini europei percepiscono oggi come potenziali minacce: la pressione migratoria, l'integralismo religioso. Tocca all'Italia per prima, tuttavia, chiarire che tali minacce riguardano l'Unione nella sua interezza e non solo quegli Stati membri - i paesi latini e la Grecia - che sul Mediterraneo si affacciano. Sarebbe grave e illusorio, infatti, se i nostri partner del Nord considerassero l'allargamento a Est dell'Unione come la soluzione definitiva dei problemi di sicurezza e di stabilità del continente. Voglio insistere su questo: l'Italia per prima deve lavorare sodo per dissipare i potenziali malintesi connessi all'allargamento. E il miglior modo per farlo è porre tra le priorità della propria presidenza un avvio rapido della fase operativa di Euromed.

Passiamo all'adesione all'Unione di nuovi membri: Cipro e Malta, certo. Ma, come dicevo, soprattutto i paesi dell'Europa centro-orientale, le cui dimensioni (si pensi solo alla Polonia) sollevano grossi problemi. Problemi che non possono essere risolti limitandosi a reiterare la necessità politica dell'allargamento dell'Unione - sulla quale siamo da tempo tutti d'accordo. Accenno soltanto alle questioni legate al bilancio comunitario. Se non si procede speditamente a rivedere la politica agricola, trasferendo ad esempio agli Stati nazionali gli interventi di sostegno, e quella dei fondi strutturali, il bilancio potrebbe raddoppiare con l'allargamento. Sono disposti, gli attuali membri dell'Unione, a farvi fronte?

Vengo ora ai meccanismi decisionali. Quelli odierni, trasposti meccanicamente a un'Unione di, diciamo, trenta Stati, darebbero luogo: a un Consiglio con 30 poteri di veto sulle numerose e cruciali questioni decise all'unanimità, o a coalizioni di piccoli paesi con lo stesso potere di veto sulle questioni decise a maggioranza; a una Commissione davvero elefantiaca e ingestibile di almeno trentasei commissari; a un Parlamento di un migliaio di deputati. A me sembra davvero che ciò sarebbe la fine dell'Europa politica e il trionfo di quelle concezioni minimaliste che vedono in una grande area di libero scambio la massima ambizione che il nostro continente possa nutrire.

Spero sia chiaro, a questo punto, che non si tratta di un semplice snellimento delle procedure. Il nodo che la CIG si troverà a sciogliere è sempre il medesimo, individuato da decenni da tutti i federalisti europei: il ridimensionamento delle prerogative nazionali e il trasferimento di poteri e capacità decisionali all'Unione in quanto tale. E' un nodo che ha una dimensione interna: il mercato unico, la moneta unica, il rapporto tra i cittadini e l'Unione. Ma che ha anche una, non meno urgente, dimensione esterna: le iniziative cui ho fatto riferimento sono scaturite quasi naturalmente da una domanda politica d'Europa commisurata alla nostra importanza economica. A questa domanda non si può rischiare di rispondere con soluzioni parziali e macchinose. Credo che Jacques Delors abbia ciò in mente quando sostiene, molto giustamente, che non abbiamo bisogno di una signora o di un signor PESC - cioè di una nuova figura istituzionale, tipo Segretario Generale della NATO, che incarni la politica estera e di sicur

ezza comune. Abbiamo piuttosto bisogno di una signora o di un signor Europa, di un'Unione attore internazionale, con una capacità d'azione che sia qualcosa di più del minimo comune denominatore di quindici Stati differenti.

Lo abbiamo visto, d'altronde, con l'ex-Jugoslavia, dove l'Europa ha contribuito e contribuirà più di ogni altro ad alleviare le conseguenze del conflitto. Se alla fine è stata, ancora una volta, la pax americana a imporsi è perché da parte europea si è scelto l'approccio nazionale, il procedere in ordine sparso. Se non vogliamo continuare ad essere gli ufficiali pagatori di soluzioni diplomatiche imposte da altri c'è bisogno di un salto di qualità. Perché, evidentemente, la Politica Estera e di Sicurezza Comune così come Maastricht l'ha concepita non funziona, non può funzionare.

La presidenza italiana ha dunque davanti a sé degli impegni enormi, certo non facilitati dalle travagliate vicende domestiche. Ma su questo è stato detto tutto e non è il caso di tornarci sopra. Preferisco, semmai, cogliere questa occasione per augurare di tutto cuore alla diplomazia italiana buona fortuna e buon lavoro.

 
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