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Conferenza Emma Bonino
Partito Radicale Mauro - 23 dicembre 1995
Intervento di Emma Bonino sul Messaggero del 23/12/95
pag. 13 con foto

EUROPA, CONTINUA COSI' E L'UNIONE DOVRA' FARLA CLINTON

Malgrado la presidenza accorta ed efficace di Felipe González, il Consiglio europeo di Madrid sarà ricordato più per le frustrazioni e le polemiche che ha generato che per le decisioni prese.

Di frustrazioni ce n'è a volontà. Prendiamo la moneta unica: alla fine si è deciso di chiamarla Euro, assecondando la volontà tedesca che, ormai, su queste questioni è quasi verbo divino. Ma, una volta terminato il battesimo, ecco tutti a lamentarsi nei corridoi: i francesi preferivano il vecchio caro scudo (l'Ecu), al punto che Chirac vorrebbe organizzarci un referendum; i finlandesi la Corona, il resto degli scandinavi avrebbe voluto la Marka, senza contare i nostalgici del Ducato e gli innamorati del Fiorino e della Sterlina. Più serie appaiono, invece, le inquietudini di chi o non potrà, come l'Italia, o non vorrà, come la Gran Bretagna, partecipare sin dall'inizio alla terza fase dell'Unione monetaria.

Frustrante per altri versi è la ricognizione effettuata dal "gruppo di riflessione", dei problemi da sottoporre alla prossima Conferenza intergovernativa di revisione del Trattato di Maastricht. Il rapporto Westendorp, sottoposto ai capi di Stato e di governo a Madrid, è poco più di un catalogo di posizioni nazionali distinte e parzialmente riconciliabili, certo non il miglior viatico per l'auspicato salto di qualità dell'integrazione, in vista dell'allargamento.

Ma un modo per sfogare le frustrazioni c'è, lo sanno tutti: basta prendersela con "la burocrazia di Bruxelles", ovvero con la Commissione. La gente scende in piazza in Francia e altrove perché i governi stringono i cordoni della borsa pubblica? E' colpa della Commissione e dei "suoi" criteri di convergenza verso la moneta unica. Che invece non sono per niente della Commissione - se non in gestione - perché sono stati sottoscritti dai governi e ratificati dai Parlamenti nazionali. Nella cena di venerdì scorso, poi, il tiro al bersaglio si è intensificato: Kohl avrebbe chiesto al presidente Santer di tenere più sotto controllo questa specie di scolaresca negligente che saremmo noi commissari, rei di lavorare solo "dal martedì al giovedì" e di passare più tempo "a scrivere libri che a fare il proprio dovere". Anche le conferenze stampa quotidiane della Commissione andrebbero abolite, se no si crea troppa attenzione verso "questioni irrilevanti". Chirac, a sentire le agenzie, non ha resistito a rincarare la dose

con qualche battuta di spirito: come quella di darci in prestito per tre anni al Mercosur, la zona di libero scambio dell'America Latina. Viene da pensare che c'è poco da stare allegri, se Francia e Germania - i due motori del processo di unificazione - vedono l'esecutivo dell'Unione europea alle soglie del 2000 come nulla più di un gruppo di passacarte, cui va interdetto di fare politica.

Da un clima talmente polemico, non potevano venire - appunto - che polemiche. Quella franco-italiana in testa, che ha spinto Chirac a boicottare apertamente il vertice di Torino di apertura della Conferenza intergovernativa, che gli italiani vogliono tenere a livello di capi di Stato e di governo. Il livello di questa polemica è davvero, purtroppo, molto basso. Ed è un peccato che sia Susanna Agnelli che Lamberto Dini abbiano deciso di scendervi. Per la seconda volta, il governo italiano ha perso l'occasione di far presente a quello francese, con la dovuta fermezza, una cosa molto semplice: che la solidarietà non si può pretendere a posteriori. Spero che l'abbraccio di Bonn tra Suni Agnelli ed il ministro francese, De Charette, abbia messo la parola fine a questa saga incresciosa, e che il semestre italiano di presidenza non ne abbia a soffrire.

E qui arrivano le dolenti note. Perché se queste sono le premesse, non vedo proprio come la Conferenza intergovernativa possa arrivare a sciogliere il nodo più importante della costruzione europea, quello di dare volto e incisività all'azione esterna dell'Unione. Come notava molto giustamente domenica scorsa Barbara Spinelli su La Stampa, senza Clinton l'Europa sarebbe perduta: non solo ha avviato a soluzione il problema palestinese ed il conflitto jugoslavo; perfino in Irlanda del Nord c'è stato bisogno della sua mediazione. Se andiamo avanti così, l'unico modo per avere una politica estera e di sicurezza comune sarà quello di federarci agli Stati Uniti d'America. O di lasciare che sia Clinton a presiedere la Conferenza intergovernativa.

 
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