Gazzetta del Mezzogiorno, 16/1/96, pag. 5, foto Bonino
Prosegue il dibattito aperto dalla »Gazzetta sui benefici dell'unione europea
L'eurocommissario Bonino: per il Sud una iattura
BARI - In questo inverno gelido in alcune capitali europee (quelle che contano) sembra spirare il vento dell'euroscetticismo. Sì, una sorta di insofferenza verso l'Europa nascente che sembra chiedere ai suoi sudditi di superare, uno alla volta, ardui esami di rispettabilità economica per accoglierli nel convivio dei virtuosi. Ma in queste settimane c'è di nuovo che un certo fastidio nei confronti della sacralità di Maastricht si respira proprio in quei Paesi che pure non nascondono la voglia o la velleità di "primeggiare". La Francia si è resa conto, dopo i pesanti scioperi dei giorni scorsi, che deve fronteggiare una inaspettata "questione sociale"; la Germania, improvvisamente, nonostante il marco "uber alles", si è scoperta con i sintomi della recessione.
E allora, a chi giova veramente, quest'Europa pensata a tavolino? E l'Italia, come affronta - con la crisi di governo aperta - il semestre a capo della Ue? Con l'intervista all'on. Emma Bonino, commissario europeo, prosegue il dibattito avviato dalla Gazzetta nel quale sono finora intervenuti l'on. Martino, e il ministro Luchetti.
D. On. Bonino, l'inizio del semestre italiano alla guida della Ue è coinciso con la crisi di governo. Nuova materia per lo scetticismo di alcune capitali europee nei confronti di Roma?
R. »Innanzitutto, voglio precisare che è vero che si fa sempre il paragone con Germania e Francia che hanno votato a metà del loro semestre. Però, entrambi quei Paesi avevano una data certa in cui si sarebbe votato. Da noi, invece, siamo a metà gennaio e non sappiamo assolutamente quando andremo a votare. Poi, voglio dire che non ho mai avuto alcun senso di inferiorità italiana rispetto ad altri Paesi. Non a caso né la presidenza francese né quella tedesca sono state particolarmente brillanti in termini europei. E' chiaro, comunque, che è grave non sapere quando andremo alle urne. Questa situazione crea un po' di sconcerto tra i partner europei .
D. Avverte segnali di scetticismo, e la nascita di un movimento europeo anti-Maastricht?
R. »Lo considererei una iattura a medio termine. Chi ha più difficoltà è chi ha scialacquato negli anni scorsi. Se dovesse nascere o un rinvio o un allentamento dei criteri per l'Europa per il Sud d'Italia sarebbe un fatto estremamente negativo .
D. In Italia voci contro Maastricht sembrano levarsi sia da destra che da sinistra.
R. »La cosa che temo è che possa crearsi un'alleanza dell'opportunismo, italiana ed europea, per cui si rimanda a non so quando, una politica di rigore. Un rinvio che sarebbe una sciagura perché non ci renderebbe competitivi a livello internazionale .
D. I critici dicono che il costo dell'Europa può essere molto pesante dal punto di vista sociale. Qual è la sua opinione?
R. »Le politiche rigorose di rientro nel nostro Paese sono necessarie comunque, al di là di Maastricht o non Maastricht. Amato, quando cominciò il suo tentativo di risanamento, si appellò a Maastricht. In ogni caso, il nostro Paese, se non vuole sprofondare a livello sudamericano, deve adottare per forza una politica di bilancio che non ha voluto fare nei decenni scorsi .
D. Ma i criteri di adeguamento sono ancora validi oppure possono essere messi in discussione?
R. »No, quei criteri sono stati decisi e credo che la certezza delle regole sia in tutti i campi la guida più sicura. E a chi fa riferimento ai costi sociali dell'Europa, occorre rispondere che i temuti costi sociali c'erano anche nel 1992, quando furono decisi. Ciò significa che la politica di rigore doveva essere adottata già allora. Siamo nel '96, e salvo il tentativo Amato, non si vede ombra di una vera politica di rigore. La colpa è nostra, non dei criteri .
D. L'Italia sarà costretta ad entrare in una seconda fase nell'Europa a moneta unica?
R. »Mi sembra difficile pensare di poter rispettare i criteri in un solo anno che ci è rimasto. A questo punto credo che, invece di inseguire un dato velleitario come sarebbe quello di rimettere in discussione i criteri, o piangere sul latte versato, sarebbe opportuno porre il seguente problema: cosa succede ai Paesi che entreranno nell'unione in una seconda fase? Quali rapporti si creeranno tra le due fasce di Paesi? Questa è una zona grigia che nessuno ha mai voluto esplorare. Invece credo che diventi molto urgente definire quali saranno le norme, le procedure, le regole che determineranno i rapporti tra i diversi Paesi .
D. Lei ha sostenuto più volte che l'Europa non è matrigna. Il Sud ha qualcosa da temere dal rigore di Maastricht?
R. »Il Mezzogiorno ha solo una cosa da temere, ed è la sua non modernizzazione in termini di cultura amministrativa e di utilizzo delle risorse. Il Mezzogiorno ha una sola opzione possibile per il suo sviluppo, ed è l'Europa. Non ne ha altre. Il Sud ha un'unica possibilità di crescita: i 32mila miliardi dei fondi strutturali. Per la Puglia ci sono 2500 miliardi. Più quelli derivanti da altri interventi. Si tratta di una possibilità enorme che credo non abbia mai avuto nemmeno un governo nazionale .