L'Umanità 23/2/96, pag 1 con foto
UN'ITALIANA SOLA NEL DESERTO DELL'UNIONE
Un triste diario, quello vergato a Bruxelles dalla commissaria europea Emma Bonino.
Che partendo dalla constatazione della perdita di due dei sei mesi a disposizione della presidenza italiana dell'Unione europea, tira le somme di quanto si sarebbe potuto fare e quanto è ancora possibile fare (nonostante i tentennamenti, le incertezze e le indecisioni politiche di un governo, quello di Dini, che resta purtroppo incolore e "tecnico" soltanto sulla carta) per recuperare il tempo perduto.
Dato per scontato che i cugini britannici avevano visto giusto quando hanno affermato che la nostra sarebbe stata una presidenza debole, Bonino insiste sulla necessità, ribadita a più riprese anche dall'ex presidente della Commissione europea, Jacques Delors, di ristabilire, nel processo di costruzione, il primato della politica.
La realtà, purtroppo, è l'inerzia, originata anche e soprattutto dalla crisi politica interna al nostro Paese e che porta a considerare il turno di presidenza più come uno strumento di dispute domestiche che come una responsabilità.
Cosa ci si sarebbe aspettati da questo semestre?
Senz'altro la delineazione di un dopo-Maastricht in cui la politica e la solidarietà sociale assumano almeno lo stesso rilievo di un'economia di sviluppo.
E poi, la determinazione di regole che governino in futuro i rapporti monetari tra i Paesi del cosiddetto "zoccolo duro" e gli altri. E, ancora, la restituzione di un ruolo europeo nelle grandi crisi internazionali. Che cosa si è fatto finora?
Poco o nulla, in realtà. E pensare che per il prossimo turno dovremo aspettare almeno il 2003.