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Conferenza Emma Bonino
Partito Radicale Mauro - 23 febbraio 1996
Sole 24Ore Inserto Europa
Articolo di Emma Bonino

RIGORE E PIU' LAVORO: UN'UNIONE POSSIBILE

L'Italia invoca la flessibilità ma non riesce a scardinare il monopolio del collocamento - Bisogna aprire all'iniziativa privata, favorendo anche il ricorso alle varie forme di impiego atipico già sviluppate all'estero

Due dilemmi apparentemente insolubili travagliano i governi degli Stati membri dell'Unione europea. Il primo riguarda la necessità di conciliare nel breve periodo le politiche economiche di rigore, imposte dai parametri fissati a Maastricht, con l'obiettivo altrettanto urgente di contenere i tassi di disoccupazione, stabilizzatisi su livelli insostenibili.

Il secondo dilemma sorge dall'esigenza di ridefinire su scala europea la nozione di servizio di pubblica utilità, per poter aprire alla concorrenza quei settori (trasporti, poste, telecomunicazioni, energia...) che molti Paesi - tra i quali l'Italia - hanno finora preferito affidare a un gestore unico statale.

Anche in questo caso uno degli ostacoli principali viene dal rischio che un ridimensionamento dello Stato come attore economico possa significare nei prossimi anni il licenziamento di milioni di lavoratori.

Soprattutto se la riforma è dettata più da ragioni di cassa che da un ripensamento strategico della funzione di servizio pubblico. L'Italia dispone in questo campo, indipendentemente dall'orientamento più o meno "liberista" che sarà seguito, di un margine di manovra relativamente ampio, derivante dalla così spesso invocata "flessibilità" del mercato del lavoro. Accade tuttavia che in Italia proprio su questa flessibilità si esercita da parte dello Stato, attraverso gli uffici di collocamento al lavoro, uno dei monopoli tra i più assurdi.

Non è necessario studiare le statistiche per capire quanto sia improbabile trovare un lavoro con l'aiuto degli uffici di collocamento. Basta farci un salto e iscriversi alle liste.

Quando vi accorgerete che, in piena rivoluzione telematica, il vostro nome viene annotato a penna su un librone squinternato, avrete già abbandonato ogni speranza. Le apparenze non ingannano e il centro studi della Banca d'Italia conferma: nel '93 gli uffici italiani di collocamento hanno veicolato solo il 5% delle assunzioni; il restante 95% ha percorso altre strade, ivi compresa quella, illegale eppure tollerata, dell'intermediazione privata. Già da tempo i nostri partner europei hanno aperto la gestione del mercato del lavoro alle imprese private e al non profit. Quanto al diritto comunitario, se di per sé non impedisce al soggetto pubblico di assumere il monopolio del settore, è anche vero che la Corte di giustizia ha espresso una giurisprudenza secondo la quale questo tipo di monopolio non è più ammissibile se esso non soddisfa adeguatamente la domanda. Proprio quello che accade in Italia.

Urge dunque una riforma, che faccia convivere il ruolo del servizio pubblico con le iniziative dei privati, e che promuova l'informatizzazione delle banche dati e la loro connessione "in rete". Il patrimonio, inestimabile, che si costituirebbe potrebbe essere sfruttato (sempre nell'interesse preminente dei cittadini) anche per dare finalmente un indirizzo strategico ai servizi di formazione professionale, sulla cui agonia permanente varrebbe la pena di ragionare. Altre innovazioni sarebbero necessarie per realizzare la "flessibilità", a partire dal cosiddetto lavoro in affitto e da più ampi margini di intervento sull'orario di lavoro, per ridurlo dove è utile ma anche riorganizzarlo, dividendolo e distribuendolo dove è possibile.

Se non sarà il legislatore a varare queste riforme, saranno i mercati (più o meno neri o grigi) a imporle a modo loro, lasciando il campo libero a forme inaccettabili di sfruttamento.

Negli archivi del Parlamento italiano esistono già delle proposte di legge, sulle quali risulta esistere un vasto consenso, che aspettano solo di essere discusse. Certo, conoscendo i tempi della nostra macchina politico-legislativa e considerando il vuoto che il dibattito sulle riforme ha creato rispetto a qualsiasi altra istanza sociale, non mi aspetto molto, a breve scadenza.

Ciò non impedisce, tuttavia, di auspicare che venga superato al più presto un monopolio tra i più assurdi, dando un segnale chiaro di come la lotta alla disoccupazione e il rilancio dell'iniziativa privata possano anche diventare obiettivi convergenti.

 
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