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Conferenza Emma Bonino
Partito Radicale Mauro - 28 marzo 1996
Corriere della Sera pag. 6 (foto Bonino)
L'intervista/ Il commissario all'Ambiente ripropone la validità dei principi di Maastricht

»L'ITALIA E' FUORI DA OGNI INTESA

Emma Bonino: »Il clima pre-elettorale non ci aiuta a recuperare posizioni

»Gli inglesi hanno avuto il coraggio di scrivere quello che vogliono: solo una grande zona di libero scambio

BRUXELLES - E' rimasta forse l'ultima dei federalisti tra i 20 commissari europei. E lo dice con orgoglio, »anche se ormai essere federalisti, in Europa, è quasi considerato un insulto . E allora a chi, meglio che alla commissaria Emma Bonino, chiedere un giudizio complessivo sulla Conferenza intergovernativa che si apre domani a Torino e sui cambiamenti che essa potrà apportare per i cittadini europei?

D. Signora Bonino, con che prospettive parte Torino?

R. »Se guardiamo al risultato finale, tra un anno e mezzo, credo che sia un progetto che può ancora crescere. Non sono rassegnata. Certo la conferenza si apre in un momento non straordinario, sia in termini di atmosfera, come rapporti personali tra i grandi, sia per il dibattito vero e proprio .

D. Si riferisce alle posizioni francesi e britanniche?

R. »Gli inglesi hanno avuto almeno in coraggio di scrivere nero su bianco quello che vogliono, cioè niente. A parte una modifica del Trattato per inserirci il benessere degli animali, che alla luce delle ultime vicende sulle vacche pazze suona un po' paradossale, gli inglesi dicono che tutto funziona a meraviglia e che si può andare avanti con l'allargamento senza modificare i trattati. Insomma, vogliono solo l'Europa come una grande zona di libero scambio con una politica agricola e commerciale comune. E basta. Di fronte a questa posizione ce ne sono altre più sfumate. I francesi, per esempio, fanno qualche tentativo per andare avanti, anche se in modo che a me personalmente non piace perché è tutto affidato alla cooperazione tra governi riducendo lo spazio del Parlamento europeo e della Commissione .

D. Partendo da queste posizioni, dove si può arrivare?

R. »Se le cose non cambiano nel prossimo anno e mezzo, il risultato non può essere che insoddisfacente. In sostanza o si va a una modifica poco ambiziosa del trattato, o addirittura alla convocazione di una nuova conferenza. Ma è difficile, se non impossibile, far crescere una Unione in una situazione di instabilità permanente, in cui nessuno riconosce le regole del gioco .

D. Non è che la Commissione e il Parlamento abbiano fatto proposte di alto profilo...

R. »Si è voluto evitare di essere messi fuori dal dibattito. La Commissione ha scelto un documento che le permettesse di restare in gioco come interlocutore dei Quindici. Se avesse fatto un documento federalista sarebbe stata esclusa dai governi. Non si è voluto ripetere l'errore di cui molti accusano Delors quando si preparò a Maastricht. Va bene tenere alta la fiaccola della testimonianza europeista, ma la politica e la testimonianza non sempre vanno insieme. Il documento della Commissione, comunque, dice due cose. Primo: non esiste una Unione se non si dota degli strumenti per una politica estera e di una politica di difesa comune. Quindi: voto a maggioranza e rappresentazione esterna affidata congiuntamente alla presidenza e alla Commissione. Secondo: comunitarizzazione di tutte le politiche che riguardano la cittadinanza, la lotta alla criminalità, la polizia e la giustizia. Forse il tono del documento può apparire moderato, ma non lo è .

D. Quale sarà la chiave per capire se la Conferenza sarà un successo?

R. »La politica estera e di difesa comune, senza dubbio. Dobbiamo superare la fase attuale in cui l'Europa ha solo una politica commerciale, e basta .

D. Che cosa teme?

R. »La mia vera preoccupazione è che si arrivi ad una Europa "à la carte", o, come dice Juppé, ad una "Europa delle solidarietà rinforzate" che è poi la stessa cosa. Cioè una Europa in cui alcuni paesi hanno una politica sociale comune, quattro o cinque condividono la moneta unica, altri ancora mettono in comune la difesa... .

D. Ma l'Europa a due velocità esiste già...

R. »Quella è un'altra cosa. L'Europa a due velocità prevede tempi di attuazione diversi, ma in un quadr istituzionale e normativo comune. Finora, in campo monetario come in quello dell'apertura delle frontiere, si è andati avanti così: un obiettivo comune al quale qualcuno arriva prima. Ma questo non ha nulla a che vedere con l'Europa "à la carte".

D. Qual è la visione dell'Europa che c'è dietro tutto questo?

R. Non so rispondere. Non la vedo. Anche perché un Trattato di Unione deve essere semplice e comprensibile dai cittadini. Questo invece è un gioco di incastri, senza una visione omogenea .

D. Alain Minc prevede che Francia e Germania finiranno per essere presenti su tutti i tavoli di questa Europa "à la carte"...

R. »E' probabile. E infatti questo pone un problema all'Italia. Io mi auguro per lo meno che l'Italia riesca a fare una corsa contro il tempo per essere presente ai tavoli che contano. Oggi non ci siamo: non siamo nell'Unione monetaria, non siamo in Schengen, non siamo nell'Eurocorpo... Mi chiedo se qualcuno, da noi, si pone il problema di quali possano essere le conseguenze di tutto questo... .

D. In che senso?

R. »Ho la sensazione che nessuno si interroghi su questi temi, anche a livello di partiti politici. Queste cose di cui abbiamo discusso non fanno assolutamente parte della discussione politica, come se il futuro dell'Europa fosse un fattore neutro. Nessuno si domanda qual è il costo di una nostra possibile e anzi probabile esclusione dal carro europeo. Torino e l'Europa sono escluse dal dibattito elettorale. Ma il mondo, dovremmo ricordarcelo, non finirà il 21 aprile... .

 
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