EMMA BONINO DIFENDE MAASTRICHT: »NON E' IL TRATTATO CHE CREA DISOCCUPAZIONE
L'Umanità ha intervistato il Commissario europeo, Emma Bonino, alla vigilia della Conferenza intergovernativa di Torino dell'Unione europea, destinata a implementare il percorso verso l'unione economica e monetaria ideata e firmata a Maastricht. Qui di seguito le domande e le risposte.
D. Su Maastricht in Europa si è scatenata una vivace polemica. I paesi membri, ad eccezione della Germania, protendono per la revisione del trattato. Condivide i dubbi? Qual è il suo giudizio sul trattato stesso?
R. »Il Trattato di Maastricht non è di certo perfetto ma non è neanche quella mostruosità che taluni si compiacciono di descrivere. E' un trattato che è stato il frutto di lunghi mesi di negoziato e di un compromesso difficile tra gli allora dodici Stati membri.
Se è vero che esso non ha permesso di risolvere pienamente i problemi di funzionamento e di democratizzazione delle istituzioni dell'Unione, bisogna riconoscere che ha creato la nozione di cittadinanza europea, ha assicurato un ruolo più importante al Parlamento europeo ed ha messo in piedi, sia pure in maniera embrionale, i meccanismi che dovranno consentire all'Unione di darsi una politica estera e di sicurezza comune.
Il Trattato di Maastricht resta dunque per me un punto fermo nel processo di integrazione comunitaria. Sulla necessità di migliorarlo mediante delle riforme profonde vi è un generale consenso con la sola eccezione dell'attuale governo britannico, anche se poi sul contenuto di tali riforme esistono diverse opinioni ed il negoziato sarà laborioso .
D. I vincoli dell'unione monetaria hanno svuotato lo stato sociale in tutt'Europa. Cosa succederà in Italia nei prossimi due anni? Quale sarà il prezzo che la nazione, nel frattempo, deve pagare per arrivare (se mai accadrà) al 1999 in regola con i parametri stabiliti l'11 novembre del '91?
R. »Lo stato sociale come lo abbiamo conosciuto in Europa negli scorsi decenni è in crisi a causa di una serie di fattori quali l'intensificazione della concorrenza internazionale, l'invecchiamento della popolazione e l'accumularsi del debito pubblico e non a causa dei vincoli dell'Unione monetaria.
Il rispetto dei criteri di convergenza relativi in particolare al debito ed al deficit pubblico altro non è che il rispetto di un principio di buona amministrazione che ciascuno di noi applica o dovrebbe applicare su scala individuale, familiare o eventualmente come gestore di un'impresa. Si tratta semplicemente di avere i conti in regola ed evitare di spendere sistematicamente al di sopra delle proprie possibilità scaricando i debiti su figli e nipoti e rischiando la bancarotta.
Certo possiamo aprire ogni tre mesi un dibattito sulla pertinenza di questi criteri, che il nostro governo ha liberamente sottoscritto e il nostro parlamento altrettanto liberamente ratificato.
Ma questo è il modo più sicuro per non andare da nessuna parte e perdere ogni credibilità nei confronti dei nostri partner europei .
D. L'ex cancelliere tedesco Helmut Schmidt, a tutt'oggi afferma "quel trattato non l'avrei firmato", e il premio Nobel Franco Modigliani sostiene che Maastricht non è altro che "una macchina per produrre disoccupazione". E' d'accordo?
R. »Non sono d'accordo. Mi pare difficile stabilire un nesso diretto tra rispetto dei criteri di convergenza e disoccupazione. Mi pare che quest'ultima abbia ben altre cause, come la globalizzazione dell'economia, l'innovazione dei processi produttivi, l'andamento del ciclo economico. In generale, mi pare di constatare che sono proprio i Paesi con maggiore debito pubblico e deficit di bilancio che hanno anche il più alto tasso di disoccupazione - e non il contrario. Aggiungo che fenomeni collegati ad un eccesso del debito pubblico quali l'inflazione, la svalutazione e gli alti tassi d'interesse penalizzano proprio le fasce più deboli della popolazione .
D. Con il trattato gli Stati non avranno più il controllo delle spese, che saranno invece delegate alla Banca centrale europea. Ciò non priva della sovranità le nazioni?
R. »Dire che gli Stati non avranno più il controllo della spesa non è corretto; è come dire che poiché uno ha un conto corrente con credito illimitato, che poiché uno non può indebitarsi a piacere, è la banca che controlla la sua spesa. Nei limiti delle proprie entrate, ciascuno è libero di spendere e, fino a un certo punto, di indebitarsi. L'indipendenza che molti paesi - compreso il nostro - hanno già concesso alle proprie autorità monetarie significa proprio questo: impedire che i governi si indebitino a piacere, togliendo loro la facoltà di stampare biglietti altrettanto a piacere. Una volta stabilito il principio dell'indipendenza, il fatto che la Banca centrale si trovi a via Nazionale a Roma, oppure a Kaiser Strasse a Francoforte, mi pare secondario. Secondario soprattutto dal punto di vista della priorità politica dell'operazione. Resto convinta, infatti, che la moneta unica è una grande priorità politica per l'Europa, poiché è il primo caso di trasferimento all'Unione di una grande, tradizionale pre
rogativa nazionale: battere moneta, appunto.