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Conferenza Emma Bonino
Partito Radicale Mauro - 14 maggio 1996
Intervista a Emma Bonino su Corriere della Sera
di Andrea Bonanni, pag. 3 (foto Bonino)

»AGLI ESTERI LAMBERTO NON BASTA

La Bonino: troppi impegni, serve anche un "vero" ministro per gli Affari europei

BRUXELLES - Accanto al ministro degli Esteri, l'Italia deve avere un ministro per gli Affari europei, come già avviene in Francia e in Spagna. Magari un ministro senza portafoglio, ma con tutta l'autorità che spetta ad un membro a pieno titolo del governo. E' questa la proposta che la commissaria europea Emma Bonino lancia a Romano Prodi nel momento in cui sta mettendo a punto la struttura e la composizione del nuovo governo. Perché, dice la commissaria, »sono convinta che il nuovo esecutivo uscito dal voto del 21 aprile non mancherà di includere tra le priorità quella, urgente, di alzare drasticamente il profilo della presenza italiana in Europa .

D. Un profilo che lei giudica troppo basso?

R. »E' un dato di fatto che gli interessi italiani sono rappresentati in seno all'Unione europea molto peggio di quanto non lo siano quelli di molti nostri partner. La colpa non è certo del personale diplomatico che assolve a questo ruolo e che è di ottimo livello. Ma anche il migliore degli ambasciatori non può sopperire alla mancanza di un messaggio forte e chiaro da trasmettere. Ed è impossibile definire questo messaggio senza un coordinamento efficace negli interessi pubblici e privati italiani in gioco nel processo decisionale dell'Unione .

D. Ma questo è compito del ministro degli Esteri...

R. »In Italia il ministro degli Esteri, oltre ad essere per tradizione il numero due del governo e quindi alle prese con la cucina politica interna, è una signora o una signore con un numero enorme di impegni sia nei rapporti bilaterali che multilaterali. Oltre all'Europa ci sono teatri fondamentali sui quali occorre essere presenti, dal Medio Oriente al Sudafrica. E il ministro degli Esteri non ha il dono dell'ubiquità .

D. Sì, ma con la sua proposta avremmo un ministro degli esteri dimezzato.

R. »Non ho l'impressione che il ministro francese per gli Affari europei, Michel Barnier, abbia dimezzato Hervé de Charette. O che lo spagnolo Westendorp, quando si occupava di Europa, facesse ombra a Javier Solana. Al contrario: ho la sensazione che grazie a questa doppia presenza Francia e Spagna siano riuscite a fare una politica europea più efficace. Spesso ai consigli dei ministri degli Esteri partecipano tutti e due: e questa doppia presenza è indubbiamente un segno di forza. Un ministro per gli Affari europei potrebbe concentrarsi meglio sulle funzioni di coordinamento e di rappresentanza richieste dalla complessità degli interessi italiani in Europa. Inoltre, godendo della piena fiducia di tutto il governo e di una conoscenza di prima mano dei dossier all'ordine del giorno, la sua credibilità presso gli interlocutori dell'Italia sarebbe massima .

D. Ne ha già parlato con qualcuno?

R. »Ne avevo parlato con Romano Prodi quando, mesi fa, venne a Bruxelles. Sempre prima delle elezioni ne avevo discusso con Giorgio Napolitano. E il primo maggio ho avuto un incontro informale con Walter Veltroni .

D. E che accoglienza ha trovato?

R. »Grande attenzione. Direi una accoglienza positiva. Mi rendo conto che, al momento della formazione del governo, tutto questo va calato in dati di equilibrio che sono assolutamente comprensibili. Tuttavia non vorrei che alla fine prevalessero solo considerazioni di equilibrio...

D. Si spieghi meglio: sta pensando al ruolo di Lamberto Dini come probabile ministro degli Esteri?

R. »Nessuno è nato ieri. E' chiaro che la formazione di un governo deve rispecchiare la coalizione che ha vinto in tutta la sua complessità. Immagino che la trattativa non sarà semplice. Tutto questo è assolutamente comprensibile. Ma vorrei che l'attenzione ai dati e alle formule di equilibrio non finisse per oscurare una attenzione più politica per l'interesse generale del Paese .

D. Lei si dice convinta che il nuovo governo darà maggiore importanza all'Europa. E' una critica indiretta ai governi precedenti?

R. »No. E' solo la constatazione che negli ultimi due o tre anni c'è stata in Italia una generale introversione, un concentrarsi sul proprio ombelico. C'erano ragioni obiettive per questo. Ma è un fatto che l'intera classe dirigente ha avuto un atteggiamento molto introverso, con l'eccezione di Susanna Agnelli, che però non basta perché il problema riguarda il sistema-Paese, non una singola persona. Ora, superata questa fase, mi auguro che questa introversione ombelicale lasci il posto a una visione più estroversa. Anche perché, secondo me, solo in una maggiore attenzione all'Europa potremo ritrovare e ricomporre l'interesse generale del Paese .

 
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