Molto forte l'impegno dell'Italia nel corso del semestre di presidenza italiana dell'UE per proseguire il processo di unificazione già avviatoNostra intervista a Emma Bonino Commissario Europeo
Udine Economica, maggio 96, pag 35
di GIUSEPPE BILANCIA
- L'Unione Europea del Duemila sera molto diversa da quella di oggi?
- Una prima risposta e venuta dalla Conferenza intergovernativa (Cig 1996), insediata a fine marzo a Torino dal Consiglio europeo e che ha visto coinvolti in prima persona tutti i leader dei Paesi membri della UE.
La Cig ha costituito un momento essenziale per ridisegnare l'Europa del domani. Il Trattato di Maastricht, infatti, deve essere rivisto; va affrontato seriamente e senza tentennamenti il passaggio alla Moneta Unica, vanno riviste e ampliate le politiche comuni dell'Unione: agricoltura, politica estera, giustizia. Va rivisto, inoltre, il finanziamento dell'attività comunitaria e, infine, aperta la strada all'adesione dei nuovi Stati: da subito Cipro e Malta, poi i paesi dell'Europa centro-orientale, Polonia, Repubblica Ceca, Ungheria, Romania, Slovacchia, Bulgaria, insieme ai tre paesi Baltici, Estonia, Lettonia, Lituania.
L'incontro di Torino e stato importante per questo ma anche perché era necessario allontanare il ripensamento sul cammino fin qui percorso. C'era, infatti, il pericolo che molti Paesi Membri spinti dai problemi interni avessero allentato i legami e quindi i sacrifici imposti da una Europa unica. Tutti i passaggi necessari allora avrebbero finito per allontanare il sogno di una grande nazione.
Per capire meglio cio' che ci riserverà il futuro "Udine economica" ha raggiunto a Bruxelles Emma Bonino, Commissario europeo responsabile della pesca, della politica dei consumatori e dell'ufficio per l'aiuto umanitario, e ha a lei posto alcune domande.
- Onorevole Bonino, a suo avviso quali saranno le difficoltà e le resistenze maggiori che la Presidenza italiana incontrerà in questi sei mesi?
- La Conferenza intergovernativa che ha preso le mosse il 29 marzo scorso a Torino e destinata a durare circa un anno; e quindi prevedibile che all'inizio dei negoziati - l'Italia avrà la presidenza fino al giugno prossimo - ognuno sia restio a scoprire le carte e fare concessioni, preferendo invece attendere una fase più delle trattative. A questa prima difficoltà, di ordine generale, va aggiunta la quasi scontata opposizione britannica ad ogni riforma significativa dei trattati ed il rischio che nel corso delle discussioni si creino false contrapposizioni tra Paesi grandi e piccoli o tra i Paesi "virtuosi" in termini di politica economica e gli altri. A mio avviso, comunque, al di la dell'assoluta necessita di procedere ad una profonda riforma dei trattati, che consenta alle istituzioni europee di funzionare in maniera più democratica ed efficiente, la grande sfida di questi negoziati e riuscire a coinvolgere l'opinione pubblica vincendone la diffidenza nei confronti di istituzioni europee percepite oggi c
ome distanti e poco attente ai problemi quotidiani della gente comune.
- Quali sono i punti della revisione del Trattato di Maastricht che ritiene prioritari?
- La prima esigenza per l'Unione europea e quella di darsi gli strumenti per funzionare equindi sopravvivere in una realtà fondamentalmente modificata. Istituzioni concepite per un'organizzazione economica comprendente solo sei Paesi e che già hanno visto più che raddoppiato il numero dei partners, non possono continuare a funzionare per un'Unione politica a 20 o 25 Stati.
Occorre anzitutto che il Consiglio possa decidere a maggioranza e che le sue decisioni non possano essere bloccate dal veto di uno Stato membro. La regola dell'unanimità che ancora esiste in alcuni settori, e non parlo solo della politica estera e della cooperazione giudiziaria che hanno ancora un carattere spiccatamente intergovernativo, ma anche di settori comunitari quali la fiscalità o in una certa misura la tutela delI'ambiente, ha fatto il suo tempo. Oltre ad essere in qualche modo antidemocratica perché consente ad esigue minoranze di impedire che una larga maggioranza decida, l'unanimità rischia di paralizzare nell'avvenire il funzionamento dell'Unione trasformandola in una riedizione della Società delle nazioni degli anni Trenta.
Oltre al tema più generale della revisione istituzionale e ugualmente necessario, ed e quasi impossibile stilare un ordine di priorità al riguardo, rivedere completamente i meccanismi di funzionamento della politica estera e di sicurezza comune Cosi' come della cooperazione nei settori della giustizia e degli affari interni. Il fallimento dell'azione in questi due settori mi pare evidente: basta pensare all'impotenza dimostrata di fronte alla crisi nella ex-Jugoslavia o all'incapacità di darsi gli strumenti atti ad affrontare in maniera coerente problemi comuni quali il diritto d'asilo, la politica d'immigrazione o la lotta contro la criminalità organizzata.
- L'Italia potenza economica di serie B, Italia Paese di retroguardia nel processo di unificazione europea. Sono voci che si sentono cinicamente e alle quali vengono date spesso risposte diverse e contrastanti. Qual'è la sua opinione?
- Credo che dovremo, come Paese, diventare adulti e smetterla di oscillare tra l'esaltazione eccessiva delle nostre qualità, vere o presunte, ed un'autocritica esagerata ai limiti dell'autolesionismo.
Non siamo un Paese di serie B ne un elemento di retroguardia nel processo di integrazione europea. Cio' detto, chiunque abbia occasione di muoversi in Europa, in particolare per ragioni di lavoro, non puo' non rilevare come gli interlocutori stranieri siano francamente frastornati dal susseguirsi degli avvenimenti nel nostro Paese e non riescano a farsi un'idea precisa di quale sia la direzione verso cui vogliamo incamminarci. Così, i più indulgenti ci considerano difficilmente decifrabili e gli altri più semplicemente inaffidabili.
A cio' si aggiunga che la mancanza di un quadro istituzionale stabile si ripercuote sulla nostra capacita di assumere le responsabilità che ci competono in seno all'Unione, cosi' come di adempiere ai nostri doveri di "soci". La normativa comunitaria e in genere recepita con ritardo dal nostro legislatore; spesso manca una legislazione che sia al passo con i tempi; talvolta non siamo in grado di assicurare un livello di sicurezza e di controlli conformi alle attese degli altri partners. Per non parlare del ritardo con cui spesso procediamo alla necessaria liberalizzazione e privatizzazione di alcuni settori "protetti".
Voglio peraltro segnalare che l'insieme delle indicate carenze non solo ci mette in difficoltà con i nostri interlocutori europei ma costituisce anche, e forse soprattutto, un pesante handicap per i nostri operatori economici cui facciamo venir meno la copertura di un "sistema paese" che sia all'altezza delle sfide da affrontare.
- Lo sforzo dell'Italia per la crescita dell'UE e in linea con quello degli altri Paesi europei o se ne discosta in un senso o nell'altro?
- Risponderei che molto dipende da quali sono i Paesi che prendiamo come riferimento e per quali settori. Se ci riferiamo a Paesi guida come la Francia e la Germania ed agli sforzi in corso per rispettare i famosi criteri di convergenza economica che devono condurre allacreazione di una moneta comune e chiaro che accusiamo un certo ritardo e che un maggiore impegno da parte nostra appare indispensabile. Allo stesso tempo se facciamo riferimento alle posizioni assunte in vista della revisione del Trattato di Maastricht bisogna riconoscere che abbiamo una posizione di maggiore disponibilità ed apertura rispetto alle autorità francesi. E un po' il nostro eterno problema quello di essere europeisti nelle intenzioni ma non nel comportamento quotidiano. Il mio auspicio e che il prossimo governo sia capace di colmare il divario che ancora esiste tra le parole ed i fatti traducendo in azione politica concreta la vocazione europeista cui tutti amano richiamarsi.