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Conferenza Emma Bonino
Partito Radicale Maurizio - 28 giugno 1996
Convegno: Mezzogiorno, Europa: Obiettivo Integrazioe.
Palermo, 28/29 giugno

Intervento della Commissaria Emma Bonino

Che cosa ha da offrire oggi l'Unione Europea al sistema economico e imprenditoriale italiano? Tre grandi opportunità:

- le reti trans-europee;

- il partenariato euro-mediterraneo;

- i fondi strutturali.

Sulle reti trans-europee nei settori dell'energia e dei trasporti l'Unione ha già definito orientamenti e progetti. Sapete tutti che il Consiglio europeo di Firenze non è riuscito a varare in parallelo un pacchetto di ulteriori misure di sostegno finanziario valutato in circa un miliardo e mezzo di ECU - risorse che invece verranno assorbite dai trasferimenti alla Gran Bretagna per permetterle di superare la crisi nel settore delle carni bovine, meglio nota come crisi della mucca pazza.

Ci sono pochi soldi, dunque (1,8 miliardi di ECU) e l'Italia - come gli altri nostri partner d'altronde - dovrà puntare soprattutto sulle proprie risorse per agganciarsi a questo treno. Un treno, se penso alla Lione-Torino-Trieste, ad alta velocità. Resta, tuttavia, la bontà dell'idea. Che consiste nel dotare l'Unione di un sistema infrastrutturale integrato che sostenga e sostanzi il mercato unico. La legislazione comunitaria è insomma il software, le reti transeuropee l'hardware del mercato unico. Sono certa che ai nostri operatori economici non sfugge l'importanza di tenere l'Italia - compreso il Mezzoggiorno d'Italia - ben allacciata a questo nascente sistema cardiovascolare del mercato continentale.

La seconda opportunità è il partenariato euro-mediterraneo tra i 15 Stati dell'Unione e 12 nostri interlocutori sull'altra sponda di questo mare - iniziativa lanciata nel novembrescorso dalla conferenza di Barcellona.

Ne ricordo brevissimamente le idee-guida. La sua articolazione in tre "cesti", uno politico e di sicurezza, uno economico e finanziario, uno umano e culturale. La complementareità tra l'approccio bilaterale basato sugli accordi d'associazione con i singoli paesi (di cui tre già firmati) e il dialogo integrato a livello regionale su temi d'interesse comune. Si tratta di un dialogo orientato ad ottenere risultati concreti, come la costituzione di reti permanenti tra organizzazioni industriali o tra camere di commercio. Il tutto è infine sostenuto da un volume di finanziamenti non trascurabile: circa due miliardi d'ECU l'anno sui prossimi cinque anni, metà dei quali amministrati dalla Commissione e metà costituiti da prestiti della Banca Europea d'Investimenti.

E' quasi inutile sottolineare la somiglianza di questa inziativa con quella sviluppata negli ultimi anni dall'Unione Europea nei confronti dei paesi dell'Europa centrale. C'è, tuttavia, una differenza fondamentale: che mentre nei confronti dell'Europa centro-orientale i giochi sono praticamente fatti - le imprese, o i paesi dell'Unione che hanno saputo inserirsi per primi hanno già consolidato le proprie posizioni - nei confronti dei nostri interlocutori mediterranei stiamo partendo solo ora. Le posizioni sono insomma tutte da assegnare e occorre muoversi subito.

Non foss'altro che per motivi di prossimità geografica, l'Italia ha tutto l'interesse a che il Mediterraneo si consolidi in un'area di pace, stabilità politica e prosperità. Dal canto loro, le imprese italiane hanno non meno interesse ad assicurarsi una presenza su mercati non solo contigui, ma anche in inevitabile crescita - non foss'altro che per effetto degli andamenti demografici. E infine, consentitemi la brutalità, a differenza delle reti transeuropee qui i soldi ci sono: quasi 10 miliardi d'ECU in cinque anni.

Mi sembra, quindi, che esistano tutte le condizioni perché il governo e la pubblica amministrazione italiana si mobilitino e comincino finalmente ad agire da vero e proprio "facilitator" dei legittimi interessi degli operatori economici italiani.

Questo richiamo al ruolo e alla funzione dell'amministrazione pubblica mi porta direttamente alla terza opportunità che ho menzionato all'inizio: i fondi strutturali. A differenza delle reti trans-europee e dell'inziativa euro-mediterranea, questa è una vecchia storia. Ma, per quanto vecchia, è una storia in cui siamo ancora all'anno zero e su cui, per forza di cose, devo dilungarmi un po'.

Alla fine del 1995 in Italia gli impegni ed i pagamenti relativi al Quadro Comunitario di Sostegno (QCS) per il periodo 1994/1999, programmi multiregionali e regionali, sono stati rispettivamente del 17% e del 5.9% per il Fondo di sviluppo regionale, del 17% e del 3% per il Fondo Sociale Europeo.

In previsione della revisione di metà percorso, e della possibile ridistribuzione di risorse a titolo della normativa in vigore, l'Italia si trova, dunque, in una posizione molto difficile e vulnerabile: diversi stati membri che beneficiano di cofinanziamenti a titolo dell'obiettivo 1 hanno dimostrato infatti di possedere una capacità di spesa superiore a quanto loro assegnato.

Inoltre recenti incontri fra i servizi della Commissione e le autorità nazionali hanno evidenziato che: non é più possibile sperare in ulteriori proroghe per i programmi relativi alla normativa pregressa, 1989/1993; non si puó cominciare a sperare di usufruire di eventuali proroghe per i programmi 1994/99, al di là dei termini prefissati.

La Commissione preme, infine, per ottenere il rispetto degli accordi conclusi nel luglio 1995 con l'allora ministro Masera, in base al quale i servizi della Commissione avevano concesso ulteriori proroghe per il piano 1989/93, ma avevano richiesto come contropartita alle amministrazioni nazionali, centrali e periferiche, tutta una serie di miglioramenti sia in termini di efficienza che di trasparenza (creazione di un sistema di coordinamento,valutazione, seguito e controllo).

A tutt'oggi, del pacchetto di misure previste, il governo italiano ha reso operativa solamente la Cabina di regia nazionale, senza peraltro dotarla degli strumenti necessari per essere efficace.

Traendo spunto da queste considerazioni mi sembra opportuno lanciare ancora una volta un allarme: non é più possibile nascondere che la situazione fondi strutturali Italia é oggi veramente drammatica.

Innanzitutto, avendo ormai ampiamente constatato la cronica incapacità delle amministrazioni italiane a gestire contemporaneamente due periodi di programmazione, mi sembra necessario chiudere assolutamente la normativa pregressa 89/93, spostando sulla nuova quelle opere e quei progetti che non si sono potuti effettuare nei limiti indicati dalle proroghe.

Per questo parlo di anno zero, della necessità di ripartire: infatti o si entra nell'ordine di idee che ci troviamo di fronte ad una vera emergenza e che ogni ulteriore ritardo non fa altro che penalizzare il nostro paese, per cui:

o si adottano al più presto soluzioni alternative per assicurare finalmente una corretta gestione dei fondi, in linea con tutti gli altri paesi europei;

oppure si comincia ad accettare il fatto che nella nuova programmazione dei fondi strutturali, all'Italia sia assegnato un ruolo di secondo piano, e minori cofinanziamenti.

Non possedendo la bacchetta magica, non pretendo di avere risposte certe per la soluzione di problemi cosí radicati e cosí tipicamente legati ad una certa realtà italiana, ma sono sicura che con il buon senso e con un grande sforzo collettivo si possa finalmente migliorare la nostra gestione dei fondi, ed avvicinarci cosí alle altre amministrazioni nazionali degli stati membri.

Una prima possibile risposta al problema Fondi Strutturali é già stata indicata ai servizi della Commissione dal neo sottosegretario Sales. Questi ha presentato a Bruxelles nei giorni scorsi un piano che prevede il commissariamento automatico delle amministrazioni nazionali e/o regionali colpevoli di cattivo utilizzo delle risorse comunitarie, nonché la riprogrammazione automatica delle stesse.

Mi permetto di sottolineare, comunque, che non si puó attendere dalla sola approvazione di questo progetto, per il quale é facile prevedere notevoli resistenze a livello regionale, la soluzione a tutti i problemi.

Non dimentichiamoci, infatti, che il commissario ad acta dovrà agire sia utilizzando gli organici esistenti, sia rispettando gli stessi regolamenti e le stesse macchinose procedure che rappresentano una delle maggiori cause dei ritardi italiani. Il percorso per arrivare ad un soddisfacente utilizzo dei fondi strutturali in Italia non puó prescindere da una profonda revisione di tutta la legislazione nazionale e regionale relativa ai Fondi strutturali.

E' necessario infatti che lo stato italiano si doti di strumenti normativi più efficaci e più veloci, che possano, senza tralasciare la protezione degli interessi finanziari dello stato e della Commissione, garantire un'efficiente utilizzazione delle risorse comunitarie.

Fra i suggerimenti che i servizi gestionali della Commissione mi hanno indirizzato, una proposta seppure ovvia, mi sembra indispensabile, soprattutto nelle regioni chiamate a gestire programmi di una certa consistenza finanziaria, ed é il rafforzamento degli organici.

Infatti, la mole dei progetti da seguire é tale che si dovrebbe individuare un funzionario responsabile per ogni misura, affinché possa assicurare un monitoraggio costante e quasi quotidiano del programma. Beninteso, un rafforzamento da conseguire non attraverso nuove assunzioni, ma attuando una redistribuzione del personale già in organico (basti pensare che in una regione del nord-est lavorano all'ufficio delle politiche comunitarie 12persone, mentre l'assessorato all'agricoltura ne ha più di 100 !!).

Il cambiamento puó anche passare attraverso la predisposizione di un "Tableau de Bord", (nel caso non si pervenga ad una riforma delle normative), e cioè uno strumento che fissi le principali scadenze, da rispettare rigorosamente, pena il decadimento del contributo, entro le quali devono essere completate operazioni quali delibere attuative, pubblicazione dei bandi, selezione dei progetti, gare d'appalto, avanzamento lavori, etc. Nel caso di mancato rispetto di questo Tableau de Bord, debbono ovviamente essere previsti meccanismi automatici di riprogrammazione della spesa .

Anche soluzioni come l'overbooking di progetti (l'acquisizione cioé di un numero di "buoni" progetti superiore al finanziabile, per i quali sia già superata la fase di verifica di fattibilità e di compatibilità con le misure del Documento unico di programmazione) sono da considerare attentamente, si potrebbe in questo modo avere a disposizione un parco progetti da ripescare per il cofinaziamento comunitario in caso di difficoltà d'esecuzione.

Concludendo, mi rendo conto di aver fatto l'ennesimo appello a uno scatto di funzionalità da parte del governo e dell'amministrazione pubblica. Dico ennesimo perché in fondo è questo che sta al centro del dibattito corrente italiano sul federalismo - dibattito che riempie da mesi le pagine di tutti i giornali.

Mi chiedo allora se non è di questo federalismo, di un federalismo su scala europea, di un federalismo in grado di tenerci agganciati alle sfide del nostro continente - da quelle del mercato interno a quelle delle relazioni dell'Europa col Mediterraneo e il resto del mondo - se non è insomma del federalismo di Spinelli piuttosto che di quello di Bossi che non convenga parlare.

Parlare ed agire. Presto e finalmente bene.

 
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