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Conferenza Emma Bonino
Partito Radicale Maurizio - 1 luglio 1996
RETI DA POSTA DERIVANTI (SPADARE)
Intervento della Commissaria Bonino a Roma - 1 luglio 1996.

Speaking note.

1. Giustificazione delle restrizioni.

Il Consiglio ha adottato alla fine del 1991, con l'accordo di tutti gli Stati membri, un regolamento che vieta l'uso di reti di lunghezza superiore a 2,5 Km. Questa limitazione è diretta conseguenza di una serie di problemi diversi, di gravità differente secondo le zone di pesca considerate: la rarefazione delle specie oggetto di cattura; impatto sugli altri tipi di pesca; catture accessorie, in particolare di cetacei, e rischi per la navigazione.

D'altra parte, il limite di lunghezza di 2,5 Km deriva direttamente dal diritto internazionale, le cui basi risalgono alla Convenzione di Wellington. A livello mondiale l'Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha adottato tre risoluzioni relative al le grandi reti da posta derivanti , nel 1990, nel 1991 e nel 1992, sempre più restrittive. Non è il caso di tornare a discutere del principio stesso del divieto di uso delle reti derivanti di lunghezza superiore ai 2,5 Km. In Atlantico la deroga che consentiva l'uso di reti di 5 Km per il 1991 è decaduta ed il riferimento al limite dei 2,5 Km è oramai internazionalmente e universalmente accettato E dunque inutile e poco produttivo riaprire questo tipo di dibattito che su tale tema è stato definitivamente chiuso già nel 1991.

Il problema aperto ed attuale è invece quello della scarsa redditività dell'attività di pesca praticata con reti derivanti di lunghezza inferiore o uguale ai 2,5 Km, problema confermato anche dalle esperienze fatte in Mediterraneo. E' proprio questa una delle ragioni di base che hanno indotto la Commissione a preparare una proposta di divieto totale (La proposta presentata dalla Commissione nell'aprile '94 prevede l'interdizione di tali reti a partire dal 1 gennaio '98, ed è tutt'ora pendente al Consiglio.) della pesca con le reti derivanti: sembrava e sembra fuori logica mantenere in vita un'attività che si rivela redditizia solo attraverso la frode allorché possono essere sviluppate metodiche alternative per la cattura delle stesse speci.

2. Ruolo degli ambientalisti.

Le rivendicazioni degli ecologisti sono una realtà in tutti i paesi, compresa l'Italia. Sarebbe ingiusto negare loro il diritto di esprimersi in materia di impatto ambientale dell'attività di pesca. Una tale condotta si rivelerebbe pericolosa per gli stessi pescatori, che correrebbero il rischio di essere marginalizzati o peggio demonizzati agli occhi dell'opinione pubblica. Il mondo della pesca, considerate le difficoltà che è chiamato ad affrontare a causa dei difficili cambiamenti che lo attendono, deve poter contare sulla solidarietà, compresa quella finanziaria, di tutta la società. Senza contare che le possibili misure di ritorsione suscitate dalle Associazioni ecologiste possono trasformarsi in azioni concrete contro i prodotti della pesca con conseguenze devastanti per il settore. I pescatori di tonno operanti nel Pacifico hanno già dolorosamente sperimentato le conseguenze di un embargo.

3. Controlli

L'esperienza acquisita negli ultimi anni in Atlantico è stata confermata nelle ultime settimane durante le quali la Commissione ha messo a disposizione degli Stati Membri una precisa piattaforma di controlli. Una barca, il Northern Desire è stato noleggiato appositamente, e su di esso sono in attività degli ispettori nazionali. Ad essi sono affiancati gli ispettori comunitari, incaricati di sovrintendere e coordinare l'azione di controllo, mettendo a disposizione tutta l'esperienza da loro maturata attraverso le operazioni svolte in Atlantico.

Il bilancio delle campagne di controllo è estremamente positivo. Sono stati fatti progressi apprezzabili ed i buoni risultati sono comprovati dal numero di infrazioni rilevate. I controlli non comportano unicamente l'applicazione di sanzioni di carattere dissuasivo, ma implicano una presenza in mare costante, coordinata con la sorveglianza aerea. Il costo di questo tipo di azione è dunque particolarmente elevato. Da questi controlli abbiamo conferma del fatto che le navi da pesca per operare in Mediterraneo con risultati economici positivi debbano fare ricorso all'uso di reti derivanti di lunghezza superiore a 2,5 Km, ciò dimostra che la proposta della Commissione di divieto totale della pesca al tonno e al pesce spada con reti derivanti costituisca l'unica via percorribile, per quanto dolorosa essa possa apparire.

4. Le minacce di misure di embargo americane.

E difficile a questo punto fare astrazione di una minaccia esterna, che grava sull'intero comparto produttivo legato al settore delle attività di pesca (inclusa la trasformazione di coralli!). Si tratta della possibilità - tutt'altro che remota - di imposizione di misure sanzionatorie USA (sotto forma di embargo commerciale) su prodotti di origine italiana, in virtù di una regolamentazione adottata dal Congresso nel 1992 in difesa dei mammiferi marini ("High Sea, Drift Net Enforcement Act").

Mi pare opportuno, a riguardo, chiarire che la mia posizione istituzionale mi impegna, senza equivoci ed al di là della mia personale attenzione per gli interessi commerciale di uno o più paesi membri, ad oppormi alla minaccia di sanzioni americane. Si tratterebbe di una applicazione extraterritoriale di misure nazionali - come tali incompatibili con il diritto internazionale; e peraltro di una manifesta violazione delle procedure convenute nel quadro dell'OMC per la risoluzione delle controversie. La Commissione si è espressa chiaramente in questo senso in un passo formale che è stato fatto a Washington al Dipartimento di Stato; e io stessa non mancherò di tornare con forza sull'argomento in occasione del mio prossimo viaggio ufficiale negli Stati Uniti. La "giurisprudenza" recente del GATT - ora OMC - in casi analoghi (panel "Tuna/Dolphin") può essere invocata a sostegno della nostra posizione.Dopo questo, le minacce americane sono da prendere sul serio, soprattutto in un anno caratterizzato dalla campagna

elettorale presidenziale. E la difesa della legalità internazionale - per la quale mi sono sempre battuta - ha anche bisogno della credibilità di chi si impegna a rispettare le regole che si è auto-imposto. Non è per le misure americane, ma per le regole in cui crediamo che non è più ammissibile disattendere i limiti previsti dal regolamento del 1991.

5. La possibilità di ristrutturazione della flotta delle "spadare".

Tenendo presente l'attuale normativa a livello europeo, le forti pressioni per la protezione dei mammiferi marini minacciati dalle reti derivanti, e considerando l'insufficiente rendimento economico della pesca con reti di 2,5 km di lunghezza un abbandono dell'utilizzo di questo tipo di reti e la riconversione della flotta delle "Spadare" appare una soluzione ragionevole, anche se socialmente difficile da applicare.

Tale riconversione implicherà necessariamente una ristrutturazione della flotta da pesca di certe regioni italiane. In quest'ottica, a partire dal febbraio scorso, un Gruppo tecnico composto dai Servizi della Commissione e dall'Amministrazione italiana, è stato incaricato di identificare misure adeguate, che prendano in considerazione la realtà sociale ed economica connessa all'attività di pesca praticata con le reti derivanti.

I lavori del Gruppo sono in via di esame e saranno resi pubblici non appena possibile insieme alle eventuali misure di accompagnamento necessarie.

6. Concorrenza dei pescatori di paesi terzi.

Trattando questo tema occorre innanzitutto distinguere tra i battelli dei paesi extra-comunitari che pescano nel Mediterraneo e le tecniche di pesca da essi utilizzate. Se è vero che diversi pescherecci di paesi non rivieraschi pescano in Mediterraneo tonno e specie affini, è altresì vero che questi battelli utilizzano essenzialmente il palangaro, e non le reti derivanti, cioè praticano l'attività con uno strumento differente. La Corea e il Giappone, che un tempo facevano uso di grandi reti derivanti, hanno ormai accettato di rinunciare a questa tecnica Non esistono, allo stato attuale, elementi che inducano a dubitare delle affermazioni di questi paesi in proposito. In aggiunta, posso dire che la nave-controllo noleggiata dalla Commissione ha incontrato, durante la sua recente campagna in Mediterraneo, due battelli asiatici, che pescavano, appunto, con la tecnica del palangaro.

Esistono invece, anche se forse amplificati in maniera eccessiva, alcuni problemi con un certo numero di Paesi rivieraschi extra-europei. Per la maggioranza dei Paesi di cui parlo esistono rapporti sufficientemente saldi con l'Unione Europea, nel quadro dei quali svolgere un'opera di persuasione perché nella pratica dell'attività di pesca essi si conformino alle regole ed alle pratiche internazionali.

E necessario trovare il modo per per attuare al più presto i controlli di cui parlavo in precedenza anche nelle acque internazionali del Mediterraneo. Credo che cio' sia possibile se concentriamo i nostri sforzi sul problema-chiave della pesca a quelle specie chiamate dei "Grandi migratori". Dovrebbe essere avviata una fase di riflessione sulla opportunità di approfondire problemi di questo tipo in seno alle organizzazioni internazionali esistenti (l.C.C.A.T. - Commissione Internazionale per la Conservazione dei Tonnidi dell'Atlantico e C.G.P.M. - Consiglio Generale per la Pesca nel Mediterraneo).

Formulo un invito che è allo stesso tempo un augurio, e cioè che la Conferenza Internazionale di Venezia che si svolgerà il prossimo novembre, sia la sede nella quale affrontare il problema delle reti derivanti, in maniera sistematica, attraverso un approccioglobale che coinvolga tutti i Paesi interessati dell'Unione e non, e che possa portare ad ottenere risultati concreti per i problemi di conservazione delle risorse e di protezione dell'ecosistema marino nel Mediterraneo.

Senza attendere una decisione finale su iniziative simili, niente impedisce attualmente di organizzare delle campagne di osservazione delle acque internazionali, che coinvolgano non solo gli Stati membri dell'Unione, ma anche degli osservatori di paesi terzi, meglio se rivieraschi.

 
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