PADANIA? PER BRUXELLES NON ESISTE.
Colloquio con Emma Bonino
Intervista di Lia Quilici
pag.68 e 69
Pur essendo nata e cresciuta a Bra, Cuneo, a due passi dal Po, Emma Bonino non sente il richiamo della Padania. "Il mio fiume è il Tanaro", scherza, "ma nessuno pensa ancora di fondare la Tanaria". E' l'autocandidatura dell'erigenda Repubblica Padana e della sua futura moneta all'Unione Europea? Su questo la Commissaria europea per gli Aiuti umanitari e i consumatori scherza meno. "La boutade di Bossi e dei suoi periti economici aggiunge confusione ad un dibattito, quello sull'applicazione del Trattato di Maastricht, che è già poco rigoroso sul piano politico ed economico. Soprattutto per la disinvoltura con cui troppi politici dimenticano che si parla di impegni sanciti da un trattato internazionale: che solo le parti contraenti, consensualmente, possono modificare. Il problema numero uno dei governi europei è oggi quello di mantenere vivo il necessario consenso popolare per gli obiettivi di Maastricht, anche in presenza di un rallentamento dell'economia".
D. La questione Padania non appassiona l'Europa?
R. Non mi pare proprio. Visto da Bruxelles il polverone sollevato da Bossi appare un fenomeno esclusivamente mediatico. Costruito, con innegabile abilità, per tenere la Lega in prima pagina, ma senza nessun aggancio con la realtà. Per le istituzioni europee la questione semplicemente non si pone. Si porrebbe, ragionando per assurdo, se la Lega - che dispone oggi dell'otto per cento dei voti nazionali - riuscisse nei 27 mesi che ci separano dall'entrata in vigore del Trattato a convincere la maggioranza degli elettori a creare due Italie. Non ci crede nessuno e nessun giornale europeo ha lanciato allarmi: ho appena visto l'articolo dedicato da un quotidiano portoghese al separatista italiano Umberto "Rossi". Quello della Padania mi sembra un miraggio del tutto leghista.
D. Un miraggio con una solida base economica, dicono i leghisti, capace di esprimere una moneta fortissima, che ridurrebbe il marco a 500 lire...
R. L'unico modo per portare il marco a 500 lire sarebbe la prestidigitazione: basterebbe introdurre una lira 'pesante' raddoppiandone il valore nominale. Burle a parte aspetto ancora una spiegazione convincente degli slogan leghisti. L'insieme degli indicatori economici 'padani' non rivela affatto uno stato di salute dell'economia settentrionale diverso dal resto del Paese. Qualcuno ha già osservato che in termini di rapporto fra debito e Pil, o in termini di inflazione - due criteri base del Trattato di Maastricht - l'Italia appare del tutto omogenea.
D. Insomma, lei non prende sul serio nè Bossi, nè la secessione.
R. Non è vero. Come tutti i radicali, essendo una federalista convinta, ho seguito con grande interesse la stagione federalista della Lega. Ma il nostro federalismo auspica decentramento e autonomia all'interno degli Stati (ho in mente la costituzione spagnola e in particolare la Catalogna) per promuovere più forti legami 'federali' europei, mentre il federalismo leghista non ha mai guardato più su delle Alpi o più giù di Roma. Da quando Bossi si è lasciato risucchiare nella trappola della secessione, e devo ancora capire chi glielo ha fatto fare, la Lega ha perso bruscamente credibilità: non solo nei confronti di tutti gli altri partiti politici, ma anche, credo, nei confronti di una parte della sua base. Che interessa hanno i piccoli e medi imprenditori padani a farsi trascinare nel gorgo separatista? Io sono di Bra, non sono conformista nè snob, eppure non riesco più a trovare niente di attraente nella cultura politica della lega. Mi piacerebbe invece che qualcuno riprendesse la battaglia federalista.
D. federalismo, uso spregiudicato dei mass media, Gandhi e la nonviolenza. Bossi ha rubato il mestiere a Pannella?
R. Usano alcuni dei nostri mezzi, ma non hanno alcuno dei nostri ideali. Noi abbiamo sempre proposto valori, i leghisti pensano al portafoglio. Noi coltiviamo un profondissimo senso delle istituzioni, delle regole. Loro se ne fanno beffe. Si parla a sproposito di Gandhi e di nonviolenza. Anche i giornali più autorevoli, senza pensarci troppo, hanno proposto l'accostamento fra Bossi e Gandhi. Senza accorgersi che, magari nella stessa pagina, si sbeffeggiavano i digiuni di Pannella.
D. C'è qualche possibilità per l'Italia di modificare i tempi o i criteri decisi a Maastricht?
R. La sede naturale per mettere sul tappeto questioni di incompatibilità nazionali e negoziare regole diverse era la Conferenza intergovernativa che nel periodo '89-90 discusse e approvò all'unanimità il Trattato. Che porta la firma degli allora ministri Guido Carli e Gianni De Michelis ed è stato ratificato da tutti i parlamenti europei. Era quella l'unica opportunità per chiedere 'sconti'. Adesso dobbiamo, come tutti, rispettare gli impegni.