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Conferenza Emma Bonino
Partito Radicale Maurizio - 9 settembre 1996
Maastricht e occupazione/ Parla Emma Bonino, commissario Ue

L'ITALIA NON HA ALTERNATIVE

MONDO ECONOMICO, pag 17

Bruxelles rispedisce al mittente qualunque riflessione possa mettere in dubbio le scadenze dell'Unione monetaria e il rigore dei criteri per l'ammissione. Stavolta lo fa per bocca di Emma Bonino, commissario ai consumatori, agli aiuti umanitari e alla pesca, che in questa intervista risponde anche al presidente della Fiat, Cesare Romiti, che ha ipotizzato di recente un ritardo dell'Italia nell'unirsi ai Paesi del primo gruppo dell'Unione monetaria (Uem).

Romiti ha rotto il fronte industriale che è compatto sulla necessità di dar vita all'Uem alla data prevista e alle condizioni previste. Non teme, a questo punto, che possa esserci un ripensamento generale sull'euro?

Gli attori alla lunga si stufano di fare i caratteristi. Forse capita anche agli industriali e Romiti si è stufato di fare sempre la parte del cattivo, licenziatore senza scrupoli, tanto più che si avvicina il rinnovo dei contratti. Un'altra ipotesi è che l'industria produttrice di beni di consumo sia particolarmente colpita dalla rivalutazione della lira e dalla contrazione dei consumi soprattutto all'interno. Allora sorge il sospetto che, quando Romiti parla di rilancio dell'occupazione, in realtà abbia in mente il rilancio dei consumi. Tuttavia non mi pare che la sua uscita abbia riscosso grandi consensi, a parte il plauso scontato di Bertinotti e di qualche frangia del Pds. Né in Italia - dove la Confindustria è stata la prima a smentirlo - né all'estero, dove ha provocato una levata di scudi anche in paesi che si trovano in situazioni simili alla nostra.

Il dibattito non si inserisce nella crescente consapevolezza che sarà difficile per tutti, anche per Francia e Germania, rispettare i criteri di convergenza definiti dal Trattato in tempi di congiuntura sfavorevole e di alta disoccupazione?

Mi pare che ciò che differenzia l'Italia dagli altri paesi europei è che i nostri conti pubblici sono talmente dissestati da precluderci qualsiasi alternativa a una politica di rigore. In altre parole: se non ci fosse Maastricht forse la Francia e la Germania potrebbero anche permettersi meno disciplina fiscale. Noi no. E poi perché mai il risanamento delle finanze pubbliche dovrebbe essere in contraddizione con la crescita economica e l'occupazione? Al contrario, vanno di pari passo. L'esperienza recente di Irlanda e Danimarca lo prova. Nota bene: si tratta degli unici paesi che, con il Lussemburgo, rientrano già da ora nei criteri di convergenza per la moneta unica.

Non è preoccupata per il fatto che analoghe riflessioni vengano alla luce anche all'interno delle compagini governative come quella italiana?

Se è alle riflessioni di Veltroni che si riferisce, il loro successo è stato analogo a quelle di Romiti. Nessuno nel governo lo ha sostenuto. Nessun governo europeo è sulle sue posizioni. D'altra parte mi chiedo quanto questo dibattito sia genuino e non invece inquinato dalla particolare situazione politica del nostro paese.

Comunque il trattato permette una certa dose di flessibilità per i criteri di convergenza. Qualcuno pensa che è su questo che si deve puntare perché l'italia possa far parte del primo gruppo dell'Uem...

Un'eventuale flessibilità spero non riguardi i tempi dell'Unione Monetaria. Per me, l'Euro ha una grande valenza politica oltre che economica: un suo rinvio sarebbe una tremenda sconfitta per chi crede nell'Europa. Un'eventuale flessibilità sui numeri, invece, non potrà che esercitarsi sui margini: decimi o centesimi di punto percentuale, mentre solo sul debito pubblico il Trattato prevede esplicitamente che ciò che conta non è il dato in sé ma la velocità di rientro. Dunque piuttosto che scervellarsi su questa benedetta flessibilità, è meglio tentare di centrare gli obiettivi così come sono. Poi si vedrà nella primavera del 1998, quando i leader dell'Unione avranno l'ultima parola in materia.

 
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