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Conferenza Emma Bonino
Partito Radicale Maurizio - 21 settembre 1996
VITA pagina 18

aiuti umanitari. Emma Bonino risponde alle associazioni.

QUI, BRUXELLES ITALIA RISPONDI

"Echo non ha mai abbandonato l'lraq. Anzi, ha stanzialo 200 milioni di Ecu". Parola del commissario europeo. Che alle ong dice: "Non basta occuparsi di bambini per pretendere fondi"

di Mirella Pennisi

Dal 1991 a oggi Echo ha "speso 202,4 milioni di ecu in aiuti umanitari in Iraq". Numeri e ancora numeri. Cifre alla mano Emma Bonino, commissario europeo per gli aiuti umanitari, smentisce la denuncia delle ong Italiane: l'Iraq non è mai stato abbandonato. Anzi. "Prendendo in esame solo gli ultimi due anni, nel 1995 l'Echo (European community humanitarian office) ha finanziato 35 progetti di 24 ong e agenzie internazionali: 24,9 milioni di ecu di cui 17,31 (69,5%) al nord e 7,59 (30,5%) al sud. Per il 1996 la previsione finanziaria globale era - prima che scoppiasse la crisi con gli Stati Uniti - di 23 milioni di ecu, di cui 14,5 (63%) al nord e 8,5 (37%) al sud, a favore di 27 progetti e 22 partner". Quali progetti? "Nel settore sanitario, in quello logistico, alimentare". Il commissario sa che, almeno in Italia, le sue attività sono spesso sconosciute e che il silenzio dei media si è tradotto in accuse di poca trasparenza nella gestione dei fondi e nella scelta di partner e progetti. Cosi accetta di rispon

dere su Vita alle domande che gli arrivano dalle Ong italiane.

E' vero che i 23 milioni di ecu sono stati ripartiti solo a maggio scorso, e che fino a questa data gli stanziamenti erano stati effettivamente di soli 500 mila ecu?

"I 500 mila ecu di cui si parla sono serviti per far fronte a un'emergenza, quella dei danni causati da un'epidemia che ha colpito le coltivazioni di cereali. Come dimostra proprio questo caso, gli stanziamenti vengono effettuati gradualmente sulla base dei bisogni reali e non in un blocco unico all'inizio dell'anno".

Una delle accuse mosse dalle Ong italiane a Echo è quella di non avere un piano strategico nell'affrontare le emergenze. Come è accaduto nell'ex Jugoslavia.

"Questa affermazione denota una certa ignoranza delle nostre procedure. Al contrario, Echo ha un Piano globale per ogni Paese. In base alla nostra esperienza l'organizzazione umanitaria che opera a livello locale non puo' avere una visione d'insieme di una crisi soprattutto se complessa come quella jugoslava, né il flusso d'informazioni di cui gode la nostra struttura grazie al numero dei suoi partner con cui regolarmente l'ente tiene riunioni di coordinamento. In più, insisto nel dire che il nostro ruolo è quello di garantire la continuità negli aiuti attraverso gli strumenti che riteniamo più opportuni, fino al giorno in cuipassiamo la mano ad altri servizi della Commissione europea che si occupano di riabilitazione e ricostruzione".

Perché Echo non ha partecipato al Tavolo italiano di coordinamento per l'ex Jugoslavia, come invece organizzazioni internazionali quali la Croce Rossa Internazionale e l'Acnur?

"Ogni Stato membro ha il diritto-dovere di coordinarsi. Anzi, di tanto in tanto, in quanto maggiori donatori, ci tocca pure ricordare ad alcuni che invitarci è forse utile. A questo proposito voglio sottolineare che in merito allo scambio d'informazioni a cui tutti sarebbero tenuti, alcuni Stati membri sono molto puntuali mentre per altri dire che sono lacunosi è dire poco".

Come si realizza poi il meccanismo di assegnazione dei fondi? Come vengono selezionate le ong beneficiarie? Con quale criterio vengono scelti i progetti da finanziare?

"Il meccanismo di assegnazione dei fondi dipende in larga misura dalla natura delle crisi. Possiamo distinguere due tipologie. La prima riguarda le "crisi prolungate", cioè situazioni croniche che possono essere programmate nel bilancio annuale, come ad esempio in Iraq. In questi casi l'Echo adotta un "approccio reattivo" e risponde, nella misura del possibile e valutando la validità dei progetti, alle ricerche che di volta in volta gli vengono inoltrate dalle Ong e dagli altri partner tradizionali. Recentemente ci stiamo muovendo verso un "approccio attivo" che consiste nel valutare le priorità e stabilire una strategia che deve essere adottata dai partner (competenti). La seconda concerne le crisi improvvise. I fondi a nostra disposizione vengono assegnati alle organizzazioni che possiedono un mandato specifico nonché le capacità operative e logistiche necessarie. In particolare l'Hcr per le operazioni che riguardano i rifugiati, l'Icrc per le emergenze in caso di conflitti armati, l'Ifrc per le emergenze

che derivano da catastrofi naturali".

Quando Echo ha annunciato di non voler più lavorare con tante ong e di voler operare con un gruppo ristretto di partner con i quali avrebbe firmato un "contratto quadro", l'Aibi si è fatta avanti ed è stata visitata da un funzionario nel gennaio del '95. Poi più nulla. Cosa è stato di quella proposta?

"Anzitutto va precisato che firmare un "contratto quadro di partenariato" non equivale a un automatico accesso ai fondi. Ho già spiegato come ogni richiesta viene attentamente esaminata e non va dimenticato che Echo deve rispondere a un controllo finanziario inflessibile. L'esistenza poi di tante ong europee che operano nell'umanitario non puo' che farmi piacere, visto che molte vivono grazie ai fondi Echo. Rimane il fatto che noi puntiamo sulla qualità e non sulla quantità".

L'Aibi e Un Ponte per Baghdad hanno spedito a Echo (il 7/3/96) una richiesta di finanziamento per il progetto "Sindbad". Il 22 marzo ha ricevuto una prima risposta negativa. A maggio, accogliendo il disperato appello dell'arcivescovo di Bassora Thomas Youssif, le due ong hanno presentato la domandacorredandoli dei drammatici dati aggiornati sulla mortalità infantile del sud dell'Iraq. E da allora a oggi non ha ricevuto risposta. Percbé?

"Eppoi ci accusano di eccessiva burocrazia. Avevamo già risposto negativamente alla stessa richiesta a marzo: come dicono i giurista "ne bis in idem". Le nostre ristrettezze di bilancio non erano certamente migliorate nel frattempo, anzi. Francante non basta il solo fatto di occuparsi di bambini per pretendere e ottenere un finanziamento. Almeno non qui da noi.

Quali sono i progetti futuri di Echo?

"Echo è attualmente presente in più di 60 paesi, dalle grandi crisi complesse come in Burundi e Ruanda e l'ex Jugoslavia, alle crisi "dimenticate" come in Afghanistan, Somalia, e fino a qualche giorno fa l'Iraq. L'Europa continuerà ad essere presente attraverso Echo in tutti i teatri umanitari, quelli creati dall'uomo come quelli determinati dalle calamità naturali. Sono profondamente convinta che non deve limitarsi a essere una zona di libero scambio ma deve anche rappresentare i valori che ritengo facciano parte del suo patrimonio e delle sue radici, come la solidarietà, il fatto di salvare vite umane, di aiutare chi è in difficoltà.

 
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