Il commissario Ue chiede all'Onu di aprire corridoi umanitari
BONINO: SUBITO IL VIA AGLI AIUTI
BRUXELLES - "O si pretende e subito l'accesso degli aiuti umanitari ai campi profughi o potrebbe essere troppo tardi. Potremmo scoprire un'altra Sebrenitza, visto che dall'altra parte della barriera non c'e' nessuno da piu' di una settimana e non si sa che cosa stia succedendo". Emma Bonino non ci sta alla politica euro-occidentale della cinica indifferenza. Non ci sta come persona, prima ancora che come commissario europeo responsabile degli Aiuti umanitari. Per lei, infatti, quel milione e duecentomila profughi e' gente in carne ed ossa, per la meta' ragazzi sotto i quindici anni che "e' davvero difficile accusare di complicita' nel genocidio di due anni fa". Dipendesse da lei sarebbe gia' da giorni nella zona di crisi. Non a caso ha gia' chiesto, in assenza di una soluzione diplomatica, l'intervento militare Onu per aprire corridoi umanitari. Perche', dice in questa intervista a "Il Sole-24 Ore", il grande scandalo e' che gli aiuti in loco ci sono in abbondanza, basterebbe lasciarli portare a destinazione
. Gia', basterebbe. Ma ci sara' in Europa, negli Stati Uniti, all'Onu la volonta' politica di farlo, di evitare un nuovo olocausto africano?
D. In queste ore a Nairobi e' in corso un vertice africano sulla crisi dello Zaire orientale senza lo Zaire. Che senso ha e quali risultati potra' partorire vista l'assenza di uno dei protagonisti della crisi?
"In queste ore c'e' una febbrile attivita' diplomatica. L'Oua potrebbe per esempio chiedere l'intervento militare. Oppure il cessate il fuoco. Se cosi' fosse: la riunione di domani a Bruxelles dei ministri dello Sviluppo dei Quindici potrebbe diventare operativa".
D. Operativa in che senso?
"Nel senso che da un lato potrebbe far partire una missione della troika, cioe' dei rappresentanti di Irlanda, Italia e Olanda, per fare pressione diplomatica nelle capitali della crisi. Dall'altro si potrebbero mettere in marcia gli aiuti umanitari. Sapendo pero' che non bastera' la Croce Rossa, come non basto' nel '94, a spegnere l'incendio. Si dovranno anche affrontare alla radice i nodi politici che lo alimentano".
D. Forse domani l'Europa si muovera', lei dice. Ma lo fara' comuuque con almeno dieci giorni di ritardo visto che i suoi ministri degli Esteri il 28 scorso a Lussemburgo rifiutarono addirittura di discutere l'emergenza Zaire, nonostante le sue rimostranze e il suo allarmato rapporto sulla situazioue. Perche'?
"Perche' dall'inizio degli anni '90, cioe' dalla fine di Yalta c'e' una generale sottovalutazione delle crisi africane. Prima i Paesi dell'Africa avevano un'importanza geopolitica a seconda di come si schieravano con una o l'altra superpotenza. Oggi l'Africa non e' piu' una delle priorita' dell'agenda internazionale.
D. Ma nel caso dello Zaire almeno un interesse geo-economico esiste, non fosse altro per il suo patrimonio di materie prime...
"Certo, infatti l'intervento del '94 non fu certo fatto per il Ruanda, il Burundi o la Tanzania ma per lo Zaire e l'importanza strategica delle sue materie prime. Penso pero' che Francia e Belgio non abbiano intenzione di ripeterlo oggi da soli, forse perche' quella ferita brucia ancora. Anche per questo, secondo me, oggi e' indispensabile una decisione multilaterale, a livello di Unione europea o di Nazioni Unite".
D. Resta che oggi quando si dice intervento multilaterale Onu si dice sempre piu' intervento americano ...
"Vero. Salvo che poi magari, quando noi non ci muoviamo e lo fanno gli Stati Uniti, abbiamo anche il riflesso di dire "yankee go home". La verita' e' che in politica il vuoto non esiste, quando lo si lascia, qualcuno lo riempie. In realta' nel Consiglio di Sicurezza siedono molti Paesi europei ma finora il Consiglio non ha fatto proposte ma solo richieste di cessate il fuoco. Ci mancava pure che ci fossero gli appelli alla guerra. In secondo luogo, I'Europa stenta a trovare i meccanismi di una politica estera comune ammesso che la si voglia. Terzo, c'e' un'obiettiva fragilita' dell'OUA. Quindi, se penso un po' a lungo termine, l'unico modello che posso immaginare e' quello delle Nazioni Unite piu' o meno riformate con forti collegamenti regionali.
D. Al di la' delle eterne latitanze europee, quando si guarda a Francia e Zaire e alle loro corresponsabilita' nel riarmo degli estremisti Hutu, e a inglesi e americani schierati con i Governi tutsi di Ruanda, Burundi e Uganda, non le sembra di intravvedere il ritorno dei demoni del colonialismo?
"Quei demoni non sono mai spariti. Le zone di influenza sono rimaste, anche se prima o poi bisognera' rivedere criticamente la decolonizzazione e il luogo comune secondo il quale bastava essere neri per essere migliori. Detto questo, resta inaccettabile la nostra politica dei due pesi e delle due misure: dove c'e' il petiolio si interveniene e dove non c'e' no. Probabilmente e' vero, comunque, che si stanno ridelineando, con qualche aggiustamento, le zone di influenza in Centro Africa, francofoni contro anglofoni, hutu contro tutsi, etc."
D. Non e' in un certo senso logico, anche se cinico, che l'Occidente si mobiliti piu' facilmente a difesa del petrolio?
"In politica si fanno sempre i calcoli. Il problema e' non sbagliarli, come si e' fatto sostenendo per anni il regime di Saddam Hussein in Irak o i talibani in Afghanistan".
D. Al di la' di tante illazioni e recriminazioni non sara' che l'intervento in Zaire e' semplicemente sospeso alle elezioni Usa?
"Il colmo sarebbe che dopo quindici giorni di silenzio, gli Usa decidessero di intervenire senza consultare nessuno. Come fecero nel nord dell'lrak".
Adriana Cerretelli