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Conferenza Emma Bonino
Partito Radicale Mauro - 19 gennaio 1997
La Stampa del 19-1-97 pag 2. Intervista al commissario Emma Bonino

"NESSUN COLPO DI SPUGNA"

"Penalizzato chi è stato onesto"

BRUXELLES. Durante il fine settimana Emma Bonino fa gli straordinari, passando da una riunione in Olanda alla preparazione delle nuove competenze che il presidente della Commissione europea, Jacques Santer, le ha affidato: la sicurezza alimentare e dei consumatori. Tra una riunione e l'altra, però, il commissario italiano trova il tempo per commentare in una chiacchierata al telefono la rivolta degli allevatori che in questi giorni assediano Milano. La sua e l'opinione di una "non addetta ai lavori", in quanto le quote latte sono prerogativa del commissario austriaco Franz Fischler, responsabile della politica agricola comunitaria. Ma quello della Bonino è ugualmente un parere autorevole, che peraltro non piacerà a quegli allevatori i quali, avendo prodotto molto più latte del dovuto, si trovano oggi a dover pagare le multe imposte dalla Commissione di Bruxelles.

La questione delle quote latte sta diventando un problema politico nazionale, gli allevatori danno libero sfogo alla collera, stringendo Milano in una morsa. Il governo però ha già fatto sapere che non intende andare oltre le misure di sostegno già decise. Cosa ne pensa?

"Io so tutto sulle quote pesca, che sono di mia competenza, ma di latte francamente non mi sono mai occupata, e ne so solo quel tanto che viene riportato in questi giorni dai giornali. Il mio parere non può essere dunque che molto banale. La mia impressione comunque è che fino ad ora Roma, il governo pagava, facendosi carico della violazione delle regole comunitarie sulle quote di produzione del latte. Oggi questo non si può fare più, e chi viola la legge paga. La situazione del resto era diventata insostenibile. Anzi, in realtà è sempre stata insostenibile. Prima però, in una situazione di finanze allegre, Roma pagava. Oserei dire che le multe degli allevatori indisciplinati le pagavano tutti i cittadini italiani, tutti i contribuenti. Ora invece, dopo numerosi pronunciamenti della Corte di giustizia europea e in una situazione di ristrettezze di bilancio, questo non si può fare più".

Nessuna speranza di un "ammorbidimento" della Commissione, quindi, per gli allevatori in rivolta?

"A quanto leggo dai giornali gli allevatori che non hanno rispettato le quote individuali, e che per questo devono pagare le multe, sono una netta munoranza: solo 14 mila sugli oltre 100 mila allevatori italiani. Non possono pretendere un spettato le quote individuali, e colpo di spugna. Se gli si consentisse di non pagare, si darebbe un segnale molto grave alla grande massa di allevatori onesti che invece le quote latte le hanno rispettate. Sarebbe un incentivo a non rispettare la legge anche per gli altri, che invece hanno onestamente limitato la propria produzione in onore agli impegni presi dall'ltalia. Non sarebbe giusto".

E' vero. Pero quando nel 1984 la Comunità europea decise di limitare la produzione di latte, istituendo il regime delle quote nazionali, l'Italia si vide assegnata una quota di 9 milioni di tonnellate (poi aumentate a 9,9) assai inferiore al fabbisogno nazionale. Altri Paesi invece, come ad esempio l'Olanda, che può produrre 12 milioni di tonnellate, ottennero una quota di produzione molto superiore al proprio consumo interno. In altre parole l'Italia è stata penalizzata da un sistema che impone al nostro Paese un deficit del bilancio lattiero di 3700 miliardi l'anno.

"Non saprei, non ho gli elementi per poter dare un giudizio competente. Non so come stesse la questione nel 1984, quando il sistema fu introdotto, e quindi non posso dire se la quota latte assegnata all'Italia fosse ingiusta o meno. E' possibile anche che gli italiani abbiano avuto allora altre contropartite, ma non è il mio dossier e non mi azzardo a dare giudizi. Ciò non toglie però che l'Italia ha accettato alla fine un sistema, che è quello della limitazione della produzione lattiera tramite l'istituzione di quote nazionali per i Paesi e individuali per gli allevatori. Ed avendolo accettato, allora, questo sistema l'Italia lo deve rispettare, per spiacevole che sia. Le regole sono le regole, e senza norme condivise e rispettate da tutti nessuna società può vivere, tanto meno una Comunità vasta e complessa come l'Unione europea. Se poi l'Italia ha delle rivendicazioni politiche da far valere in ambito comunitario, nulla impedisce che si batta all'interno delle istituzioni europee per modificare una situaz

ione che ritiene ingiusta".

 
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