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Conferenza Emma Bonino
Partito Radicale Maurizio - 6 marzo 1997
varie * L'unità

ALBANIA - ABBIAMO VOLUTO IMPORRE IL CAPITALISMO A TIRANA. QUESTI SONO I RISULTATI

di Emma Bonino, Commissario Europeo

Non lascia presagire niente di buono la decisione delle autorità albanesi di mettere al bando i mass media - nazionali e internazionali - nel momento in cui si accingono a usare la forza contro quella che sbrigativamente definiscono "una rivolta comunista foraggiata da servizi segreti stranieri". Nemmeno la rozzezza di questo linguaggio é di buon auspicio.

I fatti albanesi destano molta preoccupazione ma poca sorpresa. Basta ripercorrere le cronache più recenti per ritrovare i segni premonitori della crisi profonda in cui si dibatte questa giovane democrazia. Segni numerosi e inquietanti. Fino all'icastica scena madre dell'altro giorno, con il presidente Sali Berisha - sfiduciato dalla piazza e dall'opposizione - "ri-plebiscitato" da un parlamento eletto meno di un anno fa in un clima di brogli e intimidazioni. Tira una bruttissima aria a Tirana.

Non sono cosi' miope o cosi' ipocrita da ignorare che la "rivolta di Valona", alla cui origine c'é fame di pane e di democrazia, é ormai gravemente inquinata dalla presenza sulle barricate di provocatori e delinquenti comuni. Mi limito a osservare che il ricorso alla forza, rimedio estremo, rischiosissimo anche in mano a un potere fortemente legittimato dal consenso popolare, (e non è il caso dell'Albania) rischia di essere l'anticamera di una guerra civile.

Quand'anche, tuttavia, l'Albania riuscisse in extremis (come tutti speriamo) a evitare il peggio, la sua crisi segnerebbe ugualmente, nell'ormai vasto campionario delle terapie postcomuniste sperimentate in questo decennio, un fallimento su cui riflettere.

La piccola e derelitta Albania, poco più di 3 milioni di abitanti, ha ricevuto negli ultimi sei anni il più alto volume di aiuti pro-capite registrato in tutta l'Europa centroorientale. Il paese di Sali Berisha, considerato un allievo modello dalle istituzioni di Bretton Woods e da tutti i "Grandi" del mondo (con l'Europa in prima linea), é stato insomma sottoposto ad una terapia di ricostruzione socioeconomica che non ha pari per impiego di risorse umane e finanziarie. Con i risultati che vediamo.

Dove abbiamo sbagliato? Scorro le cifre degli aiuti destinati all'Albania dal mondo intero e dall'Unione Europea (due terzi delle risorse all'economia e un terzo per le istituzioni e la società civile) e mi rendo conto che abbiamo fornito, per non dire imposto, a questo sfortunato paese una cura basata su una sorta di mutazione genetica accelerata.

A una società che mezzo secolo di ibernazione marxistaleninista aveva eticamente "sterilizzato", privandola di qualsiasi valore-guida, é stato fornito un modello di sviluppo (peraltro collaudato in molte parti del mondo) incentrato esclusivamente sul dio denaro.

Non é casuale che sia stato proprio un miraggio finanziario collettivo (la spietata truffa del facile arricchimento attraverso le "piramidi") a provocare l'ondata di autentica rabbia popolare che ha travolto il governo di Aleksander Meksi. Oggi, a posteriori, rischia di apparire un miraggio anche la "sorprendente riuscita economica" decantata negli studi della Banca Mondiale e del Fondo Monetario e in virtù della quale noi donatori ci siamo preoccupati sempre meno delle scarse performances del gruppo dirigente albanese in materia di democrazia: libertà individuali e collettive, correttezza dei processi elettorali, rispettabilità delle istituzioni, moralità della pubblica amministrazione.Bisogna ammetterlo. La mutazione genetica non é riuscita. Il mercato, motore dell'economia liberale, quando non é sostenuto da istituzioni legittimate democraticamente, non può fare miracoli. In Albania ha scatenato una patologia tanto più pericolosa in quanto processi analoghi potrebbero riprodursi altrove nell'area ad alto

rischio dei Balcani: dal Kossovo alla Bulgaria, passando per la Romania.

Bisogna affermare il principio che, nei paesi da ricostruire, il "rigore democratico" (rispetto dei diritti civili, processi elettorali corretti, istituzioni solide) non é un optional, o un obiettivo secondario rispetto al rigore economico. Le riforme istituzionali e le riforme economiche sono come le nostre gambe. Hanno bisogno l'una dell'altra.

E' urgente una correzione di rotta sull'Albania, che aiuti i paesi geograficamente più vicini come l'Italia a trattare la questione in un'ottica che vada oltre i confini, fatalmente angusti, della "sindrome da immigrazione".

 
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