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Conferenza Emma Bonino
Bonino Marta - 30 giugno 1997
Ritratti * Galatea, pagina 68

Emma Bonino

L'EUROPA CHE NON C'E', L'EUROPA CHE VORREI

Sono da poco passate le nove di mattina, ma il telefono squilla in continuazione a casa del commissario europeo Emma Bonino. Lei si alza, afferra la cornette e risponde. In italiano, piu spesso in francese. Si accalora, si infervora, si arrabbia parlando dei ribelli di Kabila, dei profughi hutu che mancano all'appello, scomparsi, forse massacrati in Zaire (ora di nuovo Repubblica del Congo). Poi torna al tavolo rettangolare e si risiede, si scusa e accende l'ennesima sigaretta, accavallando le gambe e contorcendosi un poco sulla sedia, come presa da una specie di congenita incapacità di restare immobile, una sorta di frenesia di fare, di agire.

Nella piazzetta sotto la finestra la vite segue i placidi e sonnolenti ritmi della Roma di Trastevere. E fa una certa impressione pensare che un piano piu in su, in quelle casa disposta su tre livelli, piccola e raccolta, si decide un pezzetto della politica dell'Europa.

Gentile senza cerimonie o formalismi , minuta nella sua cammicia di seta bianca e nei suoi pantaloni neri, la "personalità europea del 1996", eletta all'inizio di quest'anno da una giuria internazionale presieduta da Jacques Delors, diventa inarrestabile e decisa quando comincia a parlare di cio che le sta piu a cuore: la rabbia per un'Europa che potrebbe essere molto di più di quello che é oggi. E in cambio del programma monetario di Maastricht, racconta il suo sogno di eurofederalista della prima ora. Ecco le idee, i pensieri e le passioni di una radicale senza esitazioni.

Gigante economico e nano politico, quest'Europa é ancora zoppa

Credo e ho sempre creduto nella supremazia della politica rispetto all'economia. Per questo, quando fu sottoscritto il Trattato di Maastricht, noi radicali, eredi dell'ideale federalista di Altiero Spinelli, fummo molto critici con l'impronta monetarista e conta bile data all ' Europa . Oggi, l'Unione europea è zoppa perchè le manca la gamba politica. La Comunità europea nacque da un sogno: mai piu guerre sul continente. In cinquant'anni siamo riusciti a raggiungere l'obiettivo della pace. Noi, generazione postbellica che non conosce gli orrori della guerre, neanche ci rendiamo conto di questo gigantesco risultato, lo diamo per scontato. Il problema oggi è che non siamo riusciti a darci un sogno per il nostro futuro. Un'ideale che possa motivare le nuove generazioni, farle sentire partecipi e protagoniste di un grande progetto che va oltre l'integrazione delle monete e delle economie. L'Europa continua a essere un gigante economico, ma rimane un nano politico e un verme militare.

Un nuovo Trattato con poche novità

La discussione finale sulla revisione del Trattato dovrebbe avvenire il 16 giugno. Ma sono molto delusa. Gli elementi di novità sono pochi. C'e qualche avanzamento nel terzo pilastro, quello relativo alla giustizia civile, e previsto un leggero accrescimento dei diritti di cittadinanza. Ma il Trattato di Maastricht dice chiaramente che le politiche comuni che si votano a maggioranza sono l'agricoltura, la pesca, il mercato unico, i rapporti commerciali e la moneta. Tutto il resto è politica intergovernativa e si vota all'unanimità. II che vuol dire semplicemente che non c'è.

15 immobili sovranità

Il grande nodo della politica estera e di sicurezza comune non è stato sciolto: quando c'e da decidere un intervento militare per ristabilire la pace o per fermare i massacri in un qualunque Paese del mondo, l'unanimità non si raggiunge praticamente mai. E l'Europa rimane immobile, paralizzata dalle sue procedure. Nessun Paese è disposto a rinunciare a parte della propria sovranità e nessuno sembra rendersi conto che 15 politiche estere divergenti all'interno di uno stesso organismo rappresentano la cacofonia, l'inefficacia totale. Ognuno rimane sovrano della propria inefficienza e del proprio immobilismo. II che non mi sembra un gran risultato. Basta vedere quello che è successo con l'Albania, con lo Zaire, con il Medio Oriente. L'elenco è ormai lungo. Per questo se c'e una crisi in Zaire o in Medio Oriente, occorre chiamare gli americani. They play and we pay: loro agiscono e poi ci mandano la fattura. Curiosamente nessuno, poi, sa o ricorda che noi europei siamo i piu grandi donatori di aiuti umanitari e

allo sviluppo nel mondo. Un'Europa senza valori è inutile che la cosrruiamo.

Il sogno federalista

Per ora mi accontenrerei di molto meno che di un'Europa tederale. Mi basterebbe un nuovo trattato che stabilisse che la politica estera e di difesa comune si decide a maggioranza. Sarebbe gia una rivoluzione. L'umanimità non è la democrazia, ma solo assemblearismo grazie al quale nessuno è responsabile. Certo. esiste anche un problema di legittimità democratica.

Il Parlamento europeo deve avere più poteri, non puo' essere una riunione di anime belle ed eleganti. Prima o poi ci si dovrà porre un problema di elezione da parte dei cittadini dei commissari e del presidente della commissione europea, che ora sono nominati dai governi. Se si vuole un'Europa politica, tutto questo deve essere fatto presto.

Le buone ragioni dell'euro

Sono una appassionata sostenitrice della moneta unica. E anche se non sono uscita dal Massachussets Institute of Technology e non sono un'esperta di economia, alcuni elementi mi sembrano evidenti. Tanto per cominciare, i processi di globalizzazione dei commerci, degli scambi inrernazionali, dei movimenti di capitali sono ormai inarrestabili. Il treno é partito e non possiamo in nessun modo fermarlo.

L'unica cosa che possiamo fare é diventare protagonisti di questi processi, metterci in condizione di governarli, di determinarne il percorso. E solo una moneta europea unica, forte, stabile, basata sulleeconomie di 15 Paesi, concorrenziale rispetto al dollaro statunitense e allo yen giapponese, è in gradodi assicurarci una presenza più incisiva sui mercati internazionali. Benessere significa non solo produrre, ma anche vendere. I nostri mercati interni sono saturi: ognicittadino italiano o europeo ha beni e prodotti di qualunque genere. Per questa ragione abbiamobisogno di mercati esteri capaci di assorbire la produzione interna. Non solo. Abbiamo bisogno anche di un'inflazione contenuta, di tassi di interesse bassi, di uno sviluppo interno più sostenuto. Sono queste le condizioni per ridurre la disoccupazione e accrescere il benessere. L'unione monetaria ci conduce su questa strada.

L'alibi di Masstricht e le euro-ipocrisie

In Italia è stato più volte evocato lo spettro di Maastricht per imporre al Paese una politica di rigore economico e finanziario. Bene, vorrei segnalare che - Maastricht o no - mettere ordine nei nostri conti, dopo decenni di finanza allegra, era diventata una necessità inderogabile. Chiunque nasca oggi in Italia si trova sulle spalle un debito di 30 milioni. Questo ha significato mettere un'ipoteca sulle generazioni future. I sacrifici, prima che per l'Europa dobbiamo farli per noi e per i nostri figli. Con il nostro europeismo un po' ipocrita e di maniera siamo riusciti a chiamare eurotassa una tassa che in realtà serve a salvarci dalla bancarotta, prima ancora che a farci entrare a pieno titolo in Europa.

I parametri, le percentuali e le forbici di Prodi

Ce la faremo o no a entrare subito nella Unione monetaria europea? Ce la faremo o no a rispettare i parametri del Trattato, in particolare a contenere il deficit nella misura del 3 per cento del prodotto interno lordo? In definitiva io penso di si, a patto di mettere mano subito alle riforme strutturali, di tagliare le spese in modo definitivo e non occasionale, di abolire subito le pensioni di anzianità, che sono une vera disgrazia. Non siamo i soli ad avere difficoltà con il rispetto dei vincoli di Maastricht. In Francia il presidente Jacques Chirac è dovuto andare alle elezioni anticipate per realizzare una pesante manovra finanziaria a luglio. Anche in Germania temono di non riuscire a contenere nel 3 per cento il disavanzo.

Basta piagnistei, parliamo con i fatti. Tutto questo non è stato scritto nel documento politico della commissione dello scorso aprile, quello che ha suscitato le reazioni forse eccessive del nostro capo dello Stato. Non c'e stata parità di trattamento. Non è un mistero che una parte degli ambienti politici della Germania non vede di buon occhio il nostro ingresso nell'Euro. Ma è inutile che ci piangiamo addosso, e ora di parlare con i fatti. Questo governo deve presentare il bilancio per luglio: sarà la cartina di tornasole del nostro prossimo futuro.

L'enigma di Tony Blair

Nei confronti dell'Europa gli inglesi hanno sempre avuto un atteggiamento diverso da quello degli altri Paesi: hanno puntato alla creazione di un'area di libero scambio senza barriere doganali. Questa è la loro idea di Unione: un grande mercato in cui ciascuna nazione conserva la propria autonomia. E se non altro, sono sempre stati coerenti con questa loro posizione e leali nei confronti degli altri partner continentali. Quali cambiamenti porterà il ritorno dei Laburisti al governo dopo 18 anni di egemonia dei Conservatori? Non lo so. L'unica cosa che possiamo fare per ora è concedere a Blair il beneficio del dubbio. E un po di tempo. Costringerlo a sottoscrivere entro il 16 giugno un nuovo trattato che finora è stato negoziato dal predecessore, l'euroscettico John Major, difficilmente gli consentirà di esprimere una visione piu europeista, ammesso che ce l'abbia. A un leader appena insediato non possiamo chiedere una svolta immediata a 180 gradi. Per questo, l'ipotesi di far slittare di qualche mese la conf

erenza finale - ipotesi che sento circolare nei corridoi a Bruxelles - mi sembra une buona cosa.

La rivoluzione nell'urna

Tutti si sono sbracciati a salutare la vittoria di Blair in Gran Bretagna. Ma se si prestasse un'attenzione un po meno superficiale a quello che è accaduto, si capirebbe subito quali sono i dati istituzionali che hanno consentito questa "rivoluzione non violenta". Mettendo semplicemente una scheda in un'urna, un'intera classe dirigente che ha governato ininterrottamente per 18 anni è stata mandata a casa. Se le elezioni fossero state fatte con il nostro sistema elettorale Blair non avrebbe avuto la maggioranza alla Camera dei Comuni e non sarebbe cambiato nulla. Soprattutto a sinistra bisognerebbe fare attenzione al fatto che per vincere Blair ha dovuto rompere con i sindacati. E ora si trova stretto in une morsa: la politica economica dei conservatori ha funzionato, lui dovrà continuare sulla stessa strada. Per smarcarsi politicamente dei conservatori dovra intervenire su qualche altro fronte. La scuola, per esempio. O la politica estera e l'atteggiamento nei confronti dell'Europa. I liberaldemocratici di P

addy Ashdown, europeisti convinti, hanno raddoppiato i loro seggi in Parlamento. Il loro buon risultato dimostra che l'euroscetticismo inglese è forse più roba da tabloid che un vero sentimento popolare. E Blair potrebbe prenderne finalmente atto.

Mettiamo in soffitta la destra e la sinistra

Mi chido se oggi abbia ancora senso la distinzione tra destra e sinistra. Facciamo il caso dell'antiproibizionismo: negli Stati Uniti è una battaglia di estrema destra, perchè i peledini di quest'idea sono gli ultraliberisti. Qui da noi i pochi che balbettano di antiproibizionismo sono invece "di sinistra". Per le grandi sfide e le grandi minacce che incombono sul nuovo millennio la distinzione destra-sinistra non ha piu alcun senso, tranne che, forse, limitatamente alla sfera economica. Ma anche li stiamo attenti: la filosofia che ispira la politica economica di personaggi come Blair e Clinton, ritenuti generalmente di sinistra, appartiene tradizionalmente alla destra. Lo stesso si puo dire per la pena di morte. Tutto questo impone una profonda revisione dei concetti e dei modi di dire che utilizziamo in politica. Ormai il nostro linguaggio non è più adeguato nè in termini di schieramenti nè in termini di descrizione dei fenomeni.

Il privilegio dell'occupazione

Negli ultimi decenni in Italia si è fatta une grave confusione tra due termini distinti: occupato e garantito. Li si è resi inscindibili. Risultato: il disoccupato non garantito. Di fronte alle difficoltà poste dall'evoluzione dei mercati e dalla competizione internazionale i sindacati hanno difeso sempre di piu gli occupati accrescendo le loro garanzie, senza porsi il problema di favorire gli investimenti produttiviche creassero nuova occupazione, e abbandonando a se stessi i giovani e i disoccupati. Ancora oggi, se un lavoratore volesse lavorare in modo flessibile, scegliendo il proprio contralto di lavoro, non lo potrebbe fare perchè è illegale. Dovremmo guardare a quel paesi che la disoccupazione l'hanno ridotta liberalizzando il mercato del lavoro e i contratti. Primo fra tutti il Regno Unito.

L'italiano, il tedesco, il birmano e il coreano

Se chiedessimo a un italiano quali sono i suoi interessi prioritari, risponderebbe piu o meno cosi: la stabilità, la pace, lo sviluppo economico. Se facessimo la stessa domanda a un tedesco otterremmo piu o meno la stessa risposta, e cosi con un birmano e un etiope o un coreano. L'individuo, che abiti a Santiago del Cile o in Alaska, di fatto ha le stesse priorità. L'esperienza nel partito radicale transnazionale mi ha aiutato a capire proprio questo: interessi, deside ri , as petta tive dei cittadini sono comuni in tutto il mondo. Molte volte si scambia la ragion di Stato con la necessità dei cittadini. Quando cio accade si verificano le peggiori tragedie della storia.

La pace è un business

La lunga militanza radicale mi ha fatto capire anche l'importanza della democrazia e del diritto. Noi esportiamo di tutto nel mondo, vestiti e invenzioni, farmaci ed elettrodomestici, scorie nucleari e BSE ( il morbo della mucca pazza). Le uniche cose invece che esportiamo con poca convinzione sono la democrazia ed il diritto. Possibile che sia cosi difficile capire che avere rapporti commerciali con paesi che hanno regimi ed istituzioni stabili e democratiche è prima ancora che un valore un interesse? La pace è un bussiness. Invece si continua a ritenere che la guerra sia un business. Facciamo molta politica cvommerciale, e poca, vera, politica estera. L'idea che democrazia e diritti umani siano un lusso per ricchi è morta e sepolta. Un mondo stabile e pacifico e prospero si costruisce sul rispetto del diritto e dell'individuo.

L'Algeria dei massacri

La democrazia è un dato complesso e ftragile. Aver impedito in Algeria una affermazione elettorale solo perchè stavano vincendo i "nostri nemici" è stato un errore gravissimo. Le regole che creiamo in una democrazia servono proprio nei momenti difficili. Io non ho la soluzione in tasca. So solo che in nessuna sede internazionale si discute di quel Paese : ci si è ormai assuefatti ai massacri che vengono compiuti quasi ogni giorno. Noi italiani abbiamo il contratto per la fornitura del gas, facciamo affari, ma nessun organismo sovranazionale si preoccupa di una situazione ormai imputridita.

L'Afganistan dei veli neri

La situazione non è migliore in Afganistan. Li' la comunità internazionale sta preparando la rivoluzione ed il massacro dei prossimi dieci anni. I Taleban ora chiederanno il riconoscimento all'ONU. E molto probanilmente lo otterranno: gli oleodotti che passano sul territorio afgano rappresentano un interesse troppo alto e rendono miopi le autorità internazionali. Ma é mai possibile che nessuno pensi di subordinare il riconoscimento ufficiale alla democratizzazione del paese? Le donne, cioè il 50% e più della popolazione, sono imprigionate sotto la burqa, il velo imposto dai taleban, non possono studiare, non possono lavorare, muoiono di parto perchè i medici maschi non possono assisterle.

Per quanto tempo la popolazione potrà tollerare questo massacro fisico, morale e culturale?

Un aborto, il carcere, la politica

Mi sono avvicinata alla politica nel 1975, dopo un aborto clandestino. Avevo 27 anni. Quell'esperienza mi fece stare cosi male e mi fece cosi maladettamente arrabbiare che insieme ad Adele Faccio costituii il "Centro informazione, aborto, sterilizzazione", per fornire aiuto ed assistenza medica alle donne come forma di disobbedienza civile. Finii in carcere. Cosi divenni una militante del partito radicaler e partecipai alla battagliaz referendaria che porto' poi alla legalizzazione dell'aborto.

Pannella Giacinto, detto Marco

Ha rappresentato e continua a rappresentare non solo il mio più grande compagno di vita politica, ma una grande lezione di vita. Al di là di come uno lo puo' vedere, la più grande lezione di Marco è che paga tutto di persona: non chiede agli altri quello che non è disposto a fare lui per primo.

Città 1: Roma e Bruxelles

Sono nata a Bra, in provincia di Cuneo, il 9 marzo 1948. Ma al mio paese ci torno poco. Mi sento a casa mia laddove posso fare le cose in cui credo. Per esempio, Bruxelles è una città grigia, dove piove in continuazione. Maz io ci vivo benissimo perchè mi consente di realizzare quello in cui credo; Mi alzo molto presto al mattino. Sono in ufficio più o meno alle 8.45, ne esco più o meno alle 10 di sera. Ma amo il mio lavoro e questi ritmi non mi pesano. Peruna curiosa coincidenza, la mia casa di Bruxelles è molto simile a questa di Roma: è costruita su tre piani, uno più piccolo dell'altro ed ha una piccola terrazza in cima.

Città 2: Parigi e New York

Non sono il tipo di persona che si emoziona per una bella chiesa o per un monumento, anche se sono in grado di riconoscerne il valore. Le città in cui mi sento bene sono quelle in cui ho gli amici più cari, come parigi. Ma quella che amo di più è New York: è li che ho completato i miei studi per laurearmi in lingue. E' una metropoli piena di contraddizioni, stimolante, viva frenetica. Sono nata in campagna, da genitori contadini, ma sono una citatdina per vocazione.

Il Mahatma Ghandi, l'imperatore Adriano e il Manifesto di ventotene

Il libro più bello che ho letto nella mia vita é "Le memorie di Adriano", di Marguerite Yourcenar: mi ha coinvolta profondamente. Lo consiglio a tutti, giovani e no, perchè è un'opera ricca di riflessioni umane e anche politiche. Tra i testi politici voglio ricordare il "Manifesto di Ventotene", con il quale Ernesto Rossi e Altiero Spinelli nel 1941 gettarono le basi per la costruzione degli Stati Unitid'Europa, un sogno ancora da realizzare. Il mio film preferito é "Ghandi", e dal momento che abbiamo scelto il profeta della non violenza come fiigura simbolo del Partito radicale non credo che si sia bisogno di spiegare altro.

Pinne, maschera, bombole e vele

Nel mio poco tempo libero amo andare in barca a vela e fare immersioni subacquee. Ricordo sempre un bellissimo viaggio nel 1985, dalla Martinica a Grenada, durato tre mesi. Ero ancora inesperta e mi capitarono molti incidenti che allora mi sembravano gravi. Se ci ripenso oggi mi viene da ridere.

In cucina

Non sono una persona molto attenta al cibo e in genere non do grandi soddisfazioni a tavola. Mi piaccionole cose semplici. Se posso scegliere, ordino senz'altro un'insalata con uova sode e cipolla fresca.

 
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